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REPORT SETTIMANALE SUI MERCATI FINANZIARI

Non ci resta che piangere. Nell’ ultima ottava abbiamo assistito all’ennesimo bagno di sangue complice i pessimi dati sul mercato occupazionale statunitense (definito spaventoso dal presidente Obama) e la rivisitazione del Pil in Eurolandia e di conseguenza sugli Stati membri.
A livello europeo la piazza peggiore è stata Londra con il FTSE100 che ha fatto segnare una performance negativa del 7,82%, seguita dall’ indice francese, il Cac40 (- 6,22%) ed infine dall’ indice tedesco il DAX30 (- 4,61%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il solo settore automotive (+2,51%) nonostante le notizie negative  che in questa settimana hanno interessato il settore per la vicenda legata ad Opel mentre in lettera dobbiamo segnalare per l’ennesima volta il crollo del settore bancario (-17,99%) seguito da quello assicurativo (-17,64%) ed infine dai servizi finanziari (-10,09%).

Piazza Affari chiude la settimana in lettera con lo S&P/Mib (- 15,62%) a dimostrazione di essere sempre il fanalino di coda di Eurolandia complice anche un report di Jp Morgan che addita il nostro Paese come inidiziato numero 1 per un probabile fallimento (per questo motivo il Cds, credit default swap, del nostro paese è schizzato a 155 max di sempre. Fra i titoli maggiori si mettono in evidenza Fiat (+10,60% dopo i dati sulle immatricolazioni di Febbraio e le previsioni ottimistiche per i prossimi mesi circa la strategia dell’ AD Marchionne di costruire auto ecologiche), Lottomatica (+6,46% dopo i dati positivi sul bilancio e le buone notizie sulla controllata GTech) e Geox (+1,81% fiducioso per il 2009 per l’apertura di ulteriori 150 negozi e per l’ottima stagione dei saldi appena conclusa). In rosso, invece: Banco Popolare (-31,41% in settimana ci sarà l’annuncio del delisting Banca Italease e l’azienda oggi vale 2€ ossia valutata il 30% in meno dei suoi mezzi propri), Seat PG (-29,21% ), Unicredit (- 28,37% oramai ogni settimana il titolo aggiorna il minimo storico ed ora ci sono analisti che addirittura vedono il titolo a 0,30 € anche se io non sono di questo avviso e questa settimana saranno pubblicati i dati definitivi del 2008).
Ottava da dimenticare per il mercato americano con l’indice S&P500  che ha chiuso con un ribasso del 7,03%, mentre il Nasdaq e il DJIA (ai minimi dal 1997) hanno fatto segnare rispettivamente un – 6,10% e – 6,17%. In quest’ultima settimana abbiamo assistito alla debacle dei bancari (Citigroup, BofA, Jp Morgan perdite superiori ai 30 punti percentuali) e degli assicurativi.
Settimana all’ insegna della lettera per il Nikkei225 (-5,22%) ritornato sotto la soglia dei 7200 punti trainato verso il basso dalla crisi mondiale e dai titoli finanziari e assicurativi.

I dati macro pubblicati nella parte finale della precedente ottava nella Zona Euro hanno indicato senza appello una recessione peggiore del previsto e un’inflazione (+1,1% y/y) che è andata allontanandosi sempre più dal target del 2% fissato per statuto dalla BCE, e destinata a raggiungere tassi probabilmente negativi a metà anno. Un trend di discesa inequivocabile che va di pari passo con la frenata dei consumi dei Sedici, alle prese con una disoccupazione salita il mese scorso all’ 8,2%. Il quadro è reso ancor più fosco dal calo del PIL nel quarto trimestre, il peggiore degli ultimi tredici anni. A tutto questo si sono aggiunti i rischi dell’ Europa dell’ Est. Con questo mosaico di dati macroeconomici la BCE si è riunita giovedì 5 marzo per discutere sui tassi d’interesse. Il Consiglio direttivo, in linea con le attese del mercato, ha dato una sforbiciata di mezzo punto al costo del denaro, portandolo dal 2% all’ 1,5%, il minimo storico da quando la BCE ha iniziato a gestire la politica monetaria nel 1999. Una decisione avallata anche dalle nuove e aggiornate “staff projections”. Gli economisti della BCE hanno tagliato drasticamente le stime sia del PIL (per il 2009 si aspettano un calo compreso fra il 3,2% e il 2,2%, per il 2010 fra -0,7% e +0,7%; le proiezioni precedenti e cioè quelle fornite tre mesi fa indicavano per il PIL 2009 una forchetta compresa fra -1% e 0%, e per il 2010 fra +0,5% e +1,5%) che dell’ inflazione (per il 2009 +0,1% / +0,7% ex +1,1% / +1,7% e per il 2010 +0,6% / +1,4% ex +1,5% /+2,1%). E anche se qualcuno ipotizza che poi i banchieri centrali staranno fermi per un po’, non passerà molto tempo prima che debbano tornare a mettere mano al costo del denaro con una nuova riduzione, per impedire che i tassi reali, cioè al netto dell’inflazione, prendano il volo agendo sull’economia come una palla al piede. La probabile discesa dei tassi verso l’ 1% avverrà fra aprile e giugno, secondo la maggioranza degli economisti. La Germania vorrebbe evitare tassi vicino allo zero, ma non mancano gli economisti secondo cui la BCE potrebbe avvicinarsi ai livelli della FED, se la crisi dovesse andare peggio del previsto.
Una volta raggiunto questo livello di tasso, ci s’interroga se la BCE adotterà misure “non convenzionali”, come appunto l’acquisto di debito sul mercato e la conseguente creazione di moneta, come stanno già facendo la BOE e la FED. La normativa europea vieta alla BCE di comprare titoli di Stato direttamente dai governi. Il contratto-future sul decennale, dopo aver avviato le contrattazioni a quota 125,03 punti, ha scambiato nell’intervallo di prezzo 124,23–126,52 per poi attestarsi nel finale a 126,42 punti, in rialzo di oltre una figura e mezzo. Il maggiore grado di avversione al rischio da parte degli investitori continua a essere il principale elemento a supporto del bond-market. La curva dei rendimenti in Europa ha finito per indietreggiare. Il titolo a 2-anni si è attestato in area 1,18%, in calo di 14 centesimi, il 5-anni è diminuito di 17 centesimi (2,07%), il decennale ha archiviato la settimana al 2,93% (-19 centesimi) mentre il segmento di curva 15-30 anni si è attestato tra il 3,69% e il 3,94%, in calo di 9-15 centesimi. Limitandosi solo ad analizzare il quadro macroeconomico, contrassegnato da recessione e pressioni deflattive, i titoli di stato europei dovrebbero rappresentare una “profittevole” asset-class. Risulta concettualmente più agevole investire nella parte a breve della curva sapendo comunque di dover sopportare un minimo di rischio piuttosto calcolato e limitato in questa fase. Sui titoli di stato a lungo-termine bisognerebbe perseguire una maggiore cautela, in quanto il price-action potrebbe non seguire fedelmente la politica espansiva della BCE ma subire l’impatto dei flussi dei maggiori detentori di carta governativa. I differenziali di rendimento tra i titoli di stato tedeschi e quelli italiani nel corso della settimana si sono allargati seppur di poco a conferma di come persistono delle non sottovalutabili tensioni sul mercato dei titoli governativi a reddito fisso che se sotto il profilo dei fondamentali andrebbe comprato, sotto il profilo del credit-risk andrebbe invece venduto.

Durante l’ottava il mercato dei cambi alla fine si è rivelato simile a quello delle ottave scorse. L’euro –dollaro appare incapace per ora di produrre spunti grafici degni di nota verso il basso, con la divisa americana, che pur provando in modo sornione a rubare il tempo all’euro non riesce a rafforzarsi. Il risultato finale è quello di assistere ad una fluttuazione blanda, laterale ed erratica, in un frangente in cui comunque a livello grafico l’euro – dollaro nel medio-termine sembrerebbe impostato verso il basso, non foss’altro perché ci si colloca ancora al di sotto del punto di Fibonacci del 61,8% del range che va dai minimi storici ai massimi storici e perché il grafico si posiziona al di sotto di 1,3366, punto dove passa la media -mobile a 200-settimane. Sull’ upside le prime resistenze intra-week giacciono a 1,2820-1,2830 mentre sulla parte bassa i livelli di supporto sono a 1,2500-1,2520 e a 1,2331.
In generale sul mercato dei cambi concettualmente il quadro a questo giro si complica di molto, alla luce dell’interventismo qualitativamente innovativo della Bank of England, la quale è intervenuta verbalmente annunciando di essere pronta a spendere 150 Bln Gbp, attraverso l’espansione della sua base monetaria, per comprare non soltanto carta corporate ma anche gilts (titoli di stato inglesi) di medio-lungo termine. La Bank of England, la banca centrale più antica al mondo, vorrà esercitare il suo potere di pari passo col governo britannico riconosciutole nazionalmente di stampare carta-moneta. L’interventismo della Bank of England, apre una fase nuova le cui implicazioni saranno analizzate attentamente in materia valutaria. L’interventismo di una banca centrale attraverso l’espansione di base monetaria teoricamente implica la creazione di valuta che dovrebbe in un certo qual modo inflazionare il valore della valuta stessa in ottica internazionale sotto il profilo monetarista del termine. Il pound ha reagito in modo composto alla notizia di espansione della base-monetaria, grossomodo mantenendosi a galla contro euro a 0,8960 e contro dollaro a 1,4050, evitando di svalutarsi per ora più di tanto . Forse il mercato ha voluto immaginare che anche la Federal Reserve e la BCE potrebbero fare altrettanto, comprando i titoli di stato delle proprie aree e facendo espandere la base-monetaria. Associando la possibile espansione di base monetaria a tutte le valute di tutti i paesi maturi, bisognerebbe capire quanto in termini quantitativi sia la differenza di azione delle banche centrali, per calcolare l’impatto sulle divise. La divisa inglese di fronte a questo newsflow non ne esce vincitrice ed anzi al contrario si giustifica ex-post la massiccia perdita di valore subita dal pound nel lungo-termine. Tecnicamente sull’euro-sterlina i supporti giacciono a 0,8796 e le resistenze a 0,9067. Sul cable, lo sterlina-dollaro, la prima resistenza si posiziona a 1,4414, con a ruota il livello di 1,4871. Sul downside il punto da battere è a 1,3506. Sul fronte delle due divise anti-cicliche si resta molto guardinghi. In materia di yen, si continuano a monitorare i credit-default-swaps sul debito pubblico nipponico di oltre il 150% superiore al GDP. I CDS a 5-anni sui governativi giapponesi stanno producendo un movimento ascensionale di una certa importanza, con lo spread in allargamento dai 44 basis points di inizio anno ai 103 basis points di ora. L’ascesa degli spreads indica una maggior rischiosità percepita dal mercato in relazione alla carta governativa nipponica. Sull’euro-yen i supporti si collocano a 121,91 e le resistenze a 126,08.

Settimana negativa  per il comparto delle commodities complice la recessione globale. I maggiori rialzi della settimana hanno interessato il piombo  (+16,70%), il petrolio WTI (+15,72%) e zinco (+8,98%) mentre in lettera troviamo il cotone (-19,25%), il cacao (-17,80%) e il gas naturale (-17,60%). Settimana poco mossa per i metalli preziosi.

                             

                         MARKET MOVER DELLA SETTIMANA
 
Per quanto riguarda la settimana macroeconomica europea  sarà poco degna di nota. Spostandoci Oltreoceano sarà una settimana scarna di dati macroeconomici dove dobbiamo segnalare solo due appuntamenti:Giovedì 12 la pubblicazione dei sussidi di disoccupazioni e le vendite al dettaglio relative al mese di febbraio e poi Venerdi 13 il dato preliminare relativo alla fiduca dei consumatori statunitensi (indice Michigan).
Per quanto riguarda il quadro macroeconomico nipponico sarà una settimana dove non segnaliamo nessun appuntamento degno di nota.

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a [email protected]

 

09/03/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno