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Report settimanale sui mercati finanziari

Che mal di….PIGS! Nonostante nel corso della settimana ci sia stata l’accordo preliminare del piano di aiuti varato dal tandem Ue – Fmi per l’ Irlanda sono cresciuti i timori per la tenuta del debito dei paesi dell’Eurozona, con i riflettori puntati in questo momento su Portogallo e Spagna (dopo l’ok di aiuti dell’Irlanda).

MERCATI E FINANZA. Nuove tensioni fra le due Coree che seguono il fuoco dei giorni scorsi fra Nord e Sud ed i timori per una nuova stretta monetaria dalla Cina non ha fatto certo sorridere i mercati finanziari mondiali nel corso dell’ultima ottava. L’avversione al rischio degli investitori si è manifestata con evidenza particolare, con la fuga dalle Borse, dall’euro e dai titoli di Stato dei Paesi periferici di Eurolandia, e il ritorno sul dollaro, sui Treasuries americani e sul Bund tedesco. Questa volatilità, che spesso non si sposa con un sereno apprezzamento del rischio, potrebbe trovare un più corretto ordine nelle prossime settimane: la Bce discuterà la riduzione delle misure di stimolo monetario; la Fed presenterà il Beige Book, l’Irlanda la manovra finanziaria cui sono subordinati gli aiuti.  Passando ai numeri, i listini europei hanno chiuso in territorio negativa la settimana dove si è salvato soltanto la piazza di Francoforte che con il suo Dax ha chiuso la settimana borsistica in frazionale rialzo (+0,08%); poi, invece, troviamo in territorio negativo Londra con il suo ftse100 (-1,12%) ed infine Parigi che con il suo Cac40 (-3,41%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore automotive (+1,88%), seguito dal settore tempo libero (+1,83%) ed infine da quello chimico (+0,61%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore bancario (-8,05% spinto al ribasso per le crescenti preoccupazioni legati ai debiti sovrani che a breve potrebbero contagiare anche Portogallo e Spagna), seguito dal settore assicurativo (-6,00%) ed infine da quello utility (-4,15%). Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Bayer (+4,55%), Basf (+1,67%) e Daimler (+1,57%), mentre in rosso dobbiamo segnalare Banco Santander (-11,70%), Ing (-8,96%) ed infine Bbva (-8,54%).

ITALIA : Piazza Affari chiude la settimana con un marcato ribasso del nostro indice, che sembra risentire del timore legato al rischio contagio dei paesi periferici, nell’ordine Portogallo e Spagna, e che ha fatto ripiombare nel limbo i titoli legati al comparto bancario che como logica conseguenza ha spinto al ribasso tutto il listino nazionale. La settimana si è chiusa con un ribasso dello Ftse/Mib (-4,47%), terminando le contrattazioni a 19884 punti. Il quadro di breve periodo resta precario anche se nelle ultime sedute il nostro indice ha quanto meno dimostrato una pronta capacità di reazione anche se non è riuscito a bucare al rialzo la soglia psicologica dei 20000 punti. La situazione resta ribassista e soltanto la rottura della resistenza posta a 20500 punti potrebbe far ritornare il sereno sui mercati. Fra i titoli maggiori  dobbiamo segnalare in denaro Ansaldo Sts (+8,17% spinta al rialzo dalla promozione di Natixis che crede fortemente nel titolo ed ha alzato il target price), Bulgari (+6,44% spinta al rialzo dall’accordo di una partnership con Hengdeli H. per distribuzione in Cina Hengdeli per la distribuzione esclusiva degli orologi Bulgari nel canale negozi di orologeria multimarca della Cina Continentale) e Stm (+3,70% rialzo dovuto alla crescita dell’intero settore che sembra avere margini di crescita e alla promozione di Cheuvrex che ha alzato il tp sulla scia di un incremento delle stime sull’utile per azione. Per il prossimo anno sono state aumentate del 15% a 0,94 dollari, mentre per il 2012 del 40% a 1,01 dollari, ben al di sopra del consensus) mentre in lettera, invece, dobbiamo segnalare Fondiaria Sai (-11,90% ribasso dovuto per la notizia ufficiale dell’aumento di capitale), Mediobanca (-9,91% ribasso dovuto alla revisione degli utili) ed infine Mediolanum (-9,62% per il timore che la banca sia esposta notevolmente in Spagna).

AMERICA : Il mercato azionario americano ha provato a consolidare lateralmente con la stagione delle vendite natalizie  che è iniziata venerdi con la ricorrenza del Black Friday, dove tutti i negozi applicano un sconto pari al 20%. L’S&P500 ha fluttuato attestandosi attorno ai 1.200 punti, consolidando grossomodo sulla parte alta del suo grafico del 2010 , ma rimanendo per ora bloccato sia per via dei sovereign-risks europei in ascesa anche per la Spagna, una nazione dal GDP pari a 1,46 trillioni di dollari, che per via del dollaro-yuan in peg. Le resistenze appaiono ben delineate nella zona di 1.225-1.230 punti, mentre la zona dei supporti passa a 1.169-1.173 punti, con la media-mobile a 200-giorni che ha ripreso a salire ed ora a 1.134 punti. La stagione delle vendite natalizie si innesta nell’ambito di un quadro che già evidenzia un recupero dei fatturati, negli ultimi quarti assorti a miglior sorte. La National Retail Federation stima un rialzo delle Christmas-Sales di +2,3% y/y, il dato migliore eventualmente degli ultimi 4 anni.

Le retail-sales americane di ottobre sono state particolarmente brillanti, superando la soglia di guardia dei 370 Bln $ mensili (livello medio pre-crisi grossomodo) anche se soltanto per un mese, constatazione a cui si affianca la dinamica rialzista della spesa personale e del reddito personale. Il personal-spending durante l’ottava ha aggiornato i suoi livelli di record storico a 10,46 trillioni di dollari nominali, sospinto da un personal-income anch’esso al di sopra dei livelli pre-crisi nominalmente a 12,67 trillioni di dollari sui top di sempre, ed in accelerazione a +4,1% y/y. Nella minute della FED relative al FOMC del 2-3 novembre, dal quale si evince la discussione legata alla possibilità di adottare un target d’inflazione in materia di politica monetaria. “I partecipanti differiscono nelle valutazioni circa i benefici ed i costi associati ad un programma addizionale di acquisto di securities a lungo-termine nello sforzo di produrre addizionale stimolo monetario, sebbene la maggior parte creda che i benefici possano superare i costi alla luce della situazione corrente”, hanno recitato le Minute. I modelli keynesiani d’altronde tenderebbero a funzionare quanto più si sottostimassero i rischi d’inflazione, stimolando uno sviluppo della domanda aggregata per il tramite di un “moltiplicatore” che presuppone uno sviluppo (crowding-in) del ciclo privato in presenza di uno sviluppo del ciclo-pubblico e non viceversa (crowding-out). D’altro canto l’applicazione delle teorie di Friedman da un lato avrebbe il grande pregio di ostruire il trend di eventuale deflazione e dall’altro potrebbe essere utile ad ostruire un possibile rally selvaggio delle aspettative inflazionistiche.

GIAPPONE : Questa settimana è stata ancora all’ insegna del denaro anche per il Nikkei225 (+1,03%) trainato al rialzo (10126,04) dal continuo deprezzamento della moneta nipponica. Nell’ultimo mese la borsa di Tokyo ha guadagnato circa il 10% grazie all’interesse mostrato dagli investitori stranieri per l’azionario nipponico.

MATERIE PRIME : Dopo il passo falso della scorsa settimana il mercato delle materie prime ha ripreso a salire.  I principali protagonisti della settimana sono stati lo zucchero (+8,03%), il gas naturale (+5,64%), il mais (+3,36%), il nichel (+3,24%) e la soia (+3,08%). Penalizzati l’argento, il rame, il cacao, il caffè e il cotone.  Il contratto future sul petrolio WTI con scadenza gennaio ‘11 si è mosso nell’intervallo di prezzo 80,28 $ – 84,53 $ per poi attestarsi nel finale a quota 83,76 dollari al barile, in rialzo di oltre due dollari.

Per quanto invece, riguarda l’ oro, il primo contratto-future in scadenza al Comex, beneficiando delle nuove tensioni geopolitiche e delle preoccupazioni per il debito dei Paesi della zona euro, ha chiuso gli scambi a quota 1.362,40 $/oz, in rialzo di oltre dieci dollari, poco sotto la trendline ascendente di breve periodo e sopra la media mobile a 50-giorni (1.345,10 $/oz). Da inizio 2010 l’oro segna un rialzo del 24,61%. Se la ripresa economica nell’Occidente continua ad avere il fiato grosso dall’altra parte del mondo, in Asia e nel Pacifico, l’economie vanno avanti così speditamente al punto da costringere i rispettivi governi e banche centrali a tirare il “freno”.

OBBLIGAZIONARIO : Il mercato obbligazionario europeo nel corso dell’ultima settimana è stato interessato da un price-action all’insegna dell’arretramento dei titoli di stato dei Paesi periferici, mentre quelli tedeschi hanno rialzato la testa recuperando parte del terreno perduto in precedenza. Il focus mediatico si è concentrato ancora una volta sull’Irlanda, il cui debito pubblico/PIL è destinato a salire. Il rating del debito sovrano dell’Irlanda non ha potuto fare altro che cadere sotto la lente d’ingrandimento. Dopo il preannunciato downgrade di più livelli dall’attuale “Aa2” da parte di Moody’s, nel corso della settimana è arrivato quello di Standard & Poor’s, da “AA-“ a “A” con outlook negativo. La dimensione del downgrade è stata secondo molti analisti più modesta di quanti alcuni avevano previsto. Sembra esserci sul mercato comunque una lenta realizzazione del fatto che questo non necessariamente marcherà la fine della crisi del debito sovrano nella zona euro. Primo indiziato nei timori di contagio è allora il Portogallo, seguito a ruota dalla Spagna. Il contratto-future sul decennale tedesco si è mosso nell’intervallo di prezzo 127,13–129,20 per poi segnare una chiusura i n area 127,35 punti, in calo di sei centesimi, con la media mobile a 200-giorni (128,11 punti) a fare da prima resistenza. La curva dei rendimenti in Germania è scesa di 6-18 bps nel segmento 2-5 anni ed è salita di 3 bps nel comparto a 10-anni con la part e più a lungo rimasta invariata.

Di contro la carta governativa dei Paesi “PIGS” è stata venduta spingendo i differenziali di rendimento rispetto alla pari scadenza tedesca in prossimità dei livelli record. I Paesi “periferici” hanno continuato a raccogli ere capitali sul mercato a costi di finanziamento sempre più in salita. Per quanto riguarda il  mercato obbligazionario americano, la settimana è risultata considerevolmente volatile, molto probabilmente anche per via delle schermaglie militari registratesi tra Corea del Nord e Corea del Sud. I tassi americani hanno oscillato in modo marcato, per poi comunque dare la sensazione di assestarsi ai livelli di inizio ottava. Ciò che invece appare poter produrre conseguenze più durature e che merita di essere oggetto di considerazione è la constatazione secondo la quale la Federal Reserve potrebbe trovarsi nell’ambito di un possibile cambio di passo filosofico in seno alla sua politica monetaria.

 La FED, infatti, in seno alle Minute ha discusso circa la possibilità di adottare un “target” d’inflazione nella sua politica monetaria, scelta che presupporrebbe la fissazione di un target sui tassi a lungo-termine. Ciò potrebbe implicare che la FED in base alla fluttuazione dei parametri inflazionistici, sarebbe in diritto di comprare grandi quantità di treasuries se in deflazione. Si tratta di ipotesi oggetto di discussione che presuppongono la necessità di controllare eventuali disordinati arretramenti dei bonds USA e che contemplano la possibilità di ulteriori “QEs” (ondate di espansioni di basi monetarie) se il percorso deflazionistico dovesse farsi più evidente. La FED nel prossimo immediato futuro potrebbe spingere la base monetaria verso la soglia dei 3 trillioni di dollari, mentre il PIL continua ad aggiornare i propri massimi storici puntando verso la soglia dei 15 trillioni. Dalle Minute traspare la volontà della FED di incastonare le operazioni di “QE” all’interno di un quadro teorico macro. La curva di Phillips evidenzierebbe che vi sia una relazione inversa tra tasso d’inflazione e tasso di disoccupazione. La FED dunque sembra intenzionata a fissare un target d’inflazione per evitare una caduta del treasury market in caso di mancata esatta comunicazione dei trend inflattivi, avendo già dichiarato di auspicarsi un CPI attorno al +2,0% y/y e non oltre.

VALUTE : Il mercato valutario ha vissuto una settimana dollarista, sospinto in alto da flussi di notizie che riflettono interessi complessi che abbracciano in un modo o nell’altro tutte le asset classes finanziarie. Le lobbies valutarie hanno esacerbato lo scontro che vede da una parte schierate le autorità americane e dall’altra quelle cinesi e tedesche. Le autorità dei PIGS e quelle dell’Europa periferica, a cui comunque si associano fette di PIL importanti, avrebbero un peso specifico minore dovendo alla fine reggere il peso delle fluttuazioni valutarie che il mercato esprime con il suo price-action. L’inasprimento del sovereign-risk dei paesi periferici europei procura effetti di svalutazione dell’euro ben accetti alle autorità tedesche che sembrerebbero legate per unità d’intenti alle autorità cinesi. La gestione della crisi fiscale degli stati europei sta acquisendo una rilevanza significativa nel determinare il valore del dollaro ed anche quello dell’euro. In un sistema di cambi flessibili, l’euro-marco dovrebbe attestarsi più basso, alla stessa stregua di quanto ci si auspicherebbe per il dollaro-yuan. La macroeconomia germanica è in “decoupling” ed una svalutazione dell’euro-dollaro potrebbe alimentarne le tendenze.
 

29/11/2010 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Vincenzo Polimeno