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Urne, GUAI per le banche se vincono gli anti-euro

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Cresce il fronte no-euro nell’Europa che si avvicina alla stagione elettorale. E lo scossone che le spinte populiste potrebbero dare ai mercati, soprattutto a quelli delle periferie, avrebbe un impatto abnorme sulle banche, che in Italia già soffrono (quasi tutte, con qualche eccezione, nel 2016 hanno, infatti, totalizzato perdite importanti sul listino, vedere sotto il grafico del Sole24Ore). E che, più soffrono, meno erogano credito all’economia reale, cosa che invece il p2p lending può fare anche in condizioni di mercato avverse.

 
Vediamo allora quali sono le elezioni in Europa che potranno condizionare le diverse Borse nazionali.
Ad aprire le danze sarà l’Olanda, il prossimo 15 marzo. Un Paese ai confini dell’Ue, ma importante perché inserito nella stessa area del Nord in cui gravitano Francia e Germania che rispettivamente il 23 aprile e il 24 settembre eleggeranno a loro volta i nuovi esecutivi (l’Italia potrebbe seguire a ruota o rimandare al 2018). Si tratta di appuntamenti decisivi: perché dal loro esito dipenderà l’evoluzione di Ue ed euro. Non è un’esagerazione: se dovessero prevalere i partiti anti-euro il rischio di disgregazione stavolta è concreto. Non tutto è perduto, però.
 
Secondo un recente report di Deutsche Bank, Amsterdam farà da ago della bilancia: il Pvv, il Partito per la Liberà (Partij voor de Vrijheid) ha la maggioranza relativa dei seggi in Parlamento, ma molto difficilmente riuscirà a formare un governo da solo. Il Pvv ha in programma un referendum per la permanenza nell’Unione. Il Pvv, come i suoi omologhi francesi, tedeschi e anche italiani, si fa forte delle questioni calde del Paese (che poi accomunano un po’ tutti gli Stati europei), come l’immigrazione o la riforma pensionistica che fa aumentare l’età pensionabile a 67 anni nel 2021 dagli attuali 65, e un mercato del lavoro a due velocità.
 
Gli stessi temi che cavalcano il Front National di Marine Le Pen in Francia e l’Alternative für Deutschland (AfD) in Germania. Certo, con importanti differenze: in Francia Le Pen è testa a testa con il favorito Emmanuel Macron; in Germania l’AfD guadagna consensi ma non ha, secondo i sondaggi, reale possibilità di vincere. Tuttavia è significativo che anche a Berlino, dove si detta legge sull’Ue, ci siano crescenti spinte anti-europeiste.
 
Un’onda populista che, anche se non dovesse prevalere nel corso della prossima tornata elettorale, sarebbe comunque travolgente, sempre secondo gli economisti di Deustche Bank. Travolgente perché i mercati subirebbero scossoni anche in presenza di governi deboli e non in grado di implementare le riforme necessarie in ciascun Paese o di dare vita a un’idea forte di Europa che torni a essere improntata alla dimensione sociale su cui è nata e smetta di essere basata solo su schemi ragionieristici legati al controllo del debito pubblico e all’austerità.
 
Il test olandese, dicevamo, è particolarmente importante per le successive elezioni francesi e potrebbe dare una misura del sentiment che aleggia sull’Europa. Per capire cioè quanto le ideologie contrarie a quest’Europa hanno attecchito e come dunque potranno uscirne nelle successive tornate elettorali. Senza considerare gli effetti sui Paesi periferici se le paure di una crisi sistemica dell’euro dovessero aumentare. E già per l’Italia, per esempio, è panico. Lo ha rilevato Mediobanca Securities, secondo cui l’indice Sentix che stima la percezione degli investitori della probabilità dell’uscita dell’Italia dall’unione monetaria a inizio 2017 si sia portato al 15%, rispetto a una media del 2,5% tra il 2012 e il primo semestre 2016. Eppure secondo lo spread Quanto, un altro parametro usato da Mediobanca, all’uscita dell’Italia seguirebbe, al 90%, la rottura dell’euro entro cinque anni.
 
Cosa succederà in Francia? Lo scorso 4 febbraio Marine Le Pen ha rivelato il suo programma politico per le presidenziali: il suo obiettivo è quello che la stampa ha già battezzato Frexit, un obiettivo per il quale sarà indetto subito un referendum sulla permanenza nell’Ue e a cui seguiranno profonde riforme istituzionali. Nei sondaggi il suo consenso è stabile, nonostante ancora Deutsche Bank abbia calcolato che con l’attuazione del programma Le Pen, la Francia finirebbe tecnicamente in default. L’alternativa è l’indipendente Emmanuel Macron, che pare al momento favorito: ma l’incognita sono gli indecisi che nelle ultime partite (vedi Brexit e Trump) sono poi stati il vero ago della bilancia.
 
E come dimostrano i molti numeri citati, i popoli non sembrano aver poi tanta paura di un default – non più di quanta ne abbiano del permanere nell’euro. L’alternativa? Esiste ed è a portata di voto: Macron in Francia e il suo alter ego tedesco Martiz Schultz. Con loro, a dire degli osservatori, si aprirebbe una nuova era per l’Ue: un’era basata sul recupero della dimensione sociale e sul rispetto delle identità nazionali. Dopo il 15 marzo potremo avere un quadro forse meno incerto del futuro di quest’Europa.
 
a cura dell’ufficio studi di BorsadelCredito.it
 

  

07/03/2017 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Redazione