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Analisi delle caratteristiche di rischio-rendimento

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Per poter valutare in maniera maggiormente oggettiva e per poter confrontare tra loro investimenti alternativi è necessario procedere ad un’analisi delle caratteristiche essenziali di ciascuno strumento finanziario in termini di rischio e di rendimento.

La corretta misurazione del rendimento di un’attività finanziaria richiede l’analisi di tutti i flussi di cassa generati dall’attività nel periodo di riferimento. Pertanto, nel caso dei titoli azionari occorre prendere in considerazione sia I dividendi ricevuti che la variazione intervenuta in conto capitale:

il rendimento complessivo è pari alla somma della variazione del prezzo dell’azione e dei dividendi divisa per il prezzo di inizio periodo.

Analogamente, il rendimento dei titoli obbligazionari è ottenuto come somma della variazione del prezzo più gli interessi

In generale, il rendimento dell’attività a nel periodo t sarà pari a:

Il rendimento a cui ci siamo riferiti finora è di tipo ex-post, in quanto calcolabile sulla base dei rendimenti storici dell’attività finanziaria.

Qualora si volesse procedere ad una quantificazione del rendimento di tipo ex-ante il calcolo richiederebbe la formulazione di aspettative circa l’evoluzione futura del titolo e la formulazione di previsioni circa i prezzi ed I dividendi futuri. Analiticamente, tali aspettative implicano il ricorso a distribuzioni di probabilità, cui legare il rendimento atteso per ciascuna probabilità di scenario. Il rendimento ex-ante diviene così pari al valore atteso, ovvero alla media ponderata dei rendimenti utilizzando come pesi la probabilità di realizzazione di ciascuno scenario.

Come si misura il rischio di un’attività finanziaria

Il concetto di rischio collegato ad un investimento può assumere diverse connotazioni. L’accezione che ormai da tempo è più comunemente usata associa il rischio di un’attività finanziaria alla variabilità dei suoi rendimenti per cui maggiore è la variabilità maggiore il rendimento e il rischio del titolo.

Una misura della variabilità (dispersione, in termini statistici) dei rendimenti di notevole importanza nel mondo finanziario è la varianza, che può essere considerata in sintesi come espressione dello "scarto" dal rendimento medio del titolo.
Anche in questo caso è possibile far riferimento a due diverse misure del rischio: 

  • una ex-post, riferita all’andamento passato e calcolata sul rendimento medio storico e sugli scarti da questo;
  •   una ex-ante, riferita ai trend futuri e calcolata come media ponderata degli scarti potenziali dal rendimento previsto.

Supponendo di dover scegliere tra due investimenti (A, B) caratterizzati da uno stesso rendimento atteso ma da una diversa distribuzione dei rendimenti, un investitore razionale opterà per l’investimento con una minore dispersione dei risultati e quindi – secondo quanto fin qui detto- un minor grado di rischio. La scelta dovrebbe cadere, perciò, sull’investimento B.

 

 

Come si misura il profilo rischio-rendimento di un portafoglio 

Se l’obiettivo degli investitori fosse esclusivamente la massimizzazione del rendimento, le risorse andrebbero impiegate esclusivamente nell’attività finanziaria con il più elevato rendimento atteso. Correttamente, invece, gli investitori attribuiscono pari importanza anche all’analisi del profilo di rischio dell’investimento per cui detengono un insieme (o portafoglio) di titoli.

Investendo in più diversi titoli è possibile ridurre il rischio del proprio investimento grazie ai benefici derivanti dalla diversificazione, senza necessariamente ridurre il rendimento.

Nel caso di più attività contemporaneamente detenute da uno stesso investitore, il rendimento totale è pari alla media dei rendimenti dei singoli titoli ponderata per il peso di ogni titolo nel portafoglio.
Il calcolo del rischio complessivo del portafoglio non è, invece, così semplice ed immediato. La varianza del portafoglio risulta, infatti, funzione non solo delle varianze dei singoli titoli, ma anche della covarianza tra i rendimenti di ogni coppia di attività in portafoglio.

Per meglio comprendere il concetto di covarianza, è utile fare riferimento al coefficiente di correlazione ( a,b ) il quale fornisce una misura della covarianza standardizzata tra due titoli (a, b). La proprietà più interessante di tale coefficiente è quella di essere sempre compreso tra -1 ed 1: 

  • uguale ad 1, se i rendimenti di due attività sono perfettamente correlati in maniera positiva; 
  • uguale a -1, se i rendimenti delle due attività sono perfettamente correlati, ma in maniera negativa; 
  • uguale a 0, se non esiste correlazione alcuna.

Solo nel caso di attività perfettamente correlate la varianza del portafoglio è pari alla media ponderata delle varianze dei singoli titoli; in tutti gli altri casi, la varianza del portafoglio risulta minore a testimonianza dell’effetto positivo – in termini di riduzione del rischio complessivo del portafoglio – indotto dalla diversificazione. Sovrapponendo i due grafici – quello relativo a due attività perfettamente correlate e quello relativo a due che non lo sono – si nota immediatamente il guadagno (evidenziato nel grafico dall’area in rosso) in termini di minor rischio associato ad ogni livello di rendimento apportato dalla politica di diversificazione.

26/03/2011 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Redazione