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Applicazione della Mifid: quali conseguenze per i Promotori?

In questo periodo gli intermediari sono in pieno fermento nel recepimento della Mifid e nel fornire l’appropriata informativa ai loro clienti. Anch’io, come tanti, ho recentemente ricevuto, proprio in qualità di cliente, una mail dove mi si informava delle novità apportate dalla Mifid e, in particolar modo, ha colto la mia attenzione l’indicazione di come tale intermediario, seppur nel pieno rispetto delle regole, abbia adottato una policy aziendale per la quale tutte le attività svolte dal promotore presuppongano un servizio di consulenza.

La cosa mi ha incuriosito e, interessandomi della cosa, mi sono informato meglio ottenendo come risposta l’indicazione della volontà dell’intermediario di voler valorizzare i propri Promotori Finanziari ed elevarne la professionalità; a questo punto, però, mi è sorto un dubbio: “Possibile che il Promotore Finanziario, che anch’io considero un vero e proprio consulente, non possa permettersi il lusso di svolgere un’attività che non rientri nella consulenza vera e propria? E se con un cliente volesse fare, per una volta, da semplice “passacarte” o svolgere altri servizi esterni alla consulenza, cosa succederebbe?

Se vogliamo tutto parte dal fatto che la Mifid ha suddiviso i vari servizi che si possono fare nei confronti della clientela in tre grandi aree:
• La consulenza (con tanto di gestioni individuali), ovvero quel servizio attuato in presenza di una raccomandazione, un consiglio, una proposta rivolta al cliente in modo personalizzato ed individualizzato;
• Il collocamento, la ricezione e trasmissione ordini, la negoziazione ovvero quelli che in alcune realtà vengono definiti “i servizi standard”;
• L’ execution only, ovvero il comportarsi da semplice tramite nel portare un ordine al mercato.

Nell’ email che mi è arrivata emerge come l’intermediario in questione lasci piena scelta al cliente in merito alla decisione di quale dei 3 servizi avvalersi, meramente informandolo dei tre differenti livelli di tutela, senza fornire un’indicazione sull’approccio migliore identificato per il cliente stesso.

Se il cliente vuole effettuare un’operazione in modalità “execution only” vede nell’intermediario un semplice mezzo e quindi è sufficiente una mera informazione sulle caratteristiche dell’operazione; nei servizi quali il collocamento il cliente riconosce il ruolo all’intermediario ed allora questo ha l’obbligo di tutelarlo verificandone l’appropriatezza, ovvero è un onere dell’intermediario capire se il cliente possieda conoscenze ed esperienze sufficienti a comprendere i rischi a cui possa andare incontro, per far questo dovrà inevitabilmente fare determinate domande (non servono, per il test di appropriatezza, quelle su propensione al rischio o sugli obiettivi di investimento) al cliente ma il cliente stesso può rifiutarsi di rispondere anche a solo una delle richieste fatte manlevando così la banca dalle sue responsabilità e potendo dare comunque esecuzione al contratto (un po’ quello che avviene anche per l’ adeguatezza Isvap).

Per svolgere, infine, il servizio di consulenza, visto che è il Promotore Finanziario che propone, raccomanda o consiglia un qualcosa al cliente, ha l’obbligo di verificarne l’ adeguatezza, questo presuppone che si conosca completamente il proprio cliente (ovvero che lui abbia risposto a tutte, ma proprio tutte, le domande sul questionario) e che quello che si va a proporre sia già, a priori, adeguato, quindi, ad esempio, al cliente con un profilo di rischio basso non si può parlare di investimenti azionari perché il promotore dovrebbe già sapere a priori che non sono adeguati alla persona stessa…Ora, questo intermediario di cui mi sono interessato, ha deciso, come policy aziendale, di creare (comunque nel rispetto delle regole Mifid, ci mancherebbe) una quarta tipologia di servizio, definibile come una sorta di “consulenza passiva” che individuano nell’atteggiamento del cliente che si rivolge al Promotore Finanziario con un approccio del tipo: “io ho 100.000€ e pensavo di investirli così e così” (correttamente l’intermediario considera vera e propria consulenza il fatto se il cliente si rivolga al Promotore Finanziario nel chiedere consiglio su come sia meglio investirli).

Se riflettete un attimo e ci pensate bene questa “consulenza passiva” nient’altro è che il servizio del collocamento e, come dicevo sopra per lo svolgimento di questo servizio è sufficiente il solo test dell’appropriatezza al quale il cliente, come dicevamo, e dietro sua responsabilità, può anche rifiutarsi di rispondere, mentre per la consulenza il presupposto chiave è il fatto che si conosca per intero il cliente e sussista già l’adeguatezza. Questo intermediario, se vogliamo, ha voluto creare una sorta di ibrido dicendo che, in caso di consulenza attiva, occorra (come è corretto che sia) la verifica dell’adeguatezza, mentre per la “consulenza passiva” ha indicato come sia sufficiente la “manleva” dalla verifica dell’adeguatezza, ovvero, nel rispetto delle regole, nient’altro di differente dalla verifica dell’ appropriatezza(!), proprio perché, a livello formale, questa sorta di “consulenza passiva” è esattamente il servizio del collocamento(!), difatti, non è possibile in nessun caso per le norme previste dalla Mifid poter derogare, neppure dietro volontà espressa del cliente, alla verifica della sussistenza dell’adeguatezza.

Con questo stratagemma tale intermediario permette di fatto ai Promotori Finanziari di effettuare il servizio di investimento per cui sono realmente nati, ovvero proprio quello del collocamento esercitato fuori dalla sede o dalle dipendenza dell’intermediario, che rappresenta, quindi, il cuore della loro attività, ma va, però, a recepire la Mifid in modo tale da imporre ai propri Promotori Finanziari, dichiarando le loro attività svolte esclusivamente in regime di consulenza, il fatto di poter interfacciarsi con il proprio cliente solo quando sia verificata a priori l’adeguatezza e quindi il PF è impossibilitato a relazionarsi con clienti che non abbiano, da un lato, risposto a tutte le domande del questionario (che, ovviamente, il recepimento della Mifid ha reso più approfondito) e, dall’atro, non possa parlare ai clienti, che conosce, di investimenti che non siano in perfetta linea con le caratteristiche personali.

Ciò, in pratica, vuol dire che il Promotore Finanziario, se il proprio intermediario afferma che “tutte le attività svolte per suo tramite, presuppongano l’applicazione di un servizio di consulenza”, per tutte quelle attività che non rientrano in tale servizio, non possa far altro che insegnare al cliente come utilizzare la piattaforma informatica che questo ha a disposizione in modo che possa lui stesso investire in completa autonomia…

Se poi vogliamo considerare anche le indicazioni operative fornite da questo intermediario ai propri promotori di consigliare il cliente, anche in presenza del Promotore Finanziario, di richiedere per ogni operazione l’applicazione del “servizio standard”, ovvero quello del collocamento, (ovviamente operato tramite la piattaforma informatica perché tramite PF, per l’intermediario, non è possibile effettuare tale servizio ma solo quello della consulenza), in modo da evitare l’incombenza di dover verificare l’adeguatezza (… ma basta un “non rispondo” intanto per il collocamento è sufficiente la verifica dell’appropriatezza); l’indicazione di come, operativamente, in caso di cointestazione del conto, se un’operazione viene effettuata tramite il Promotore Finanziario, questo debba valutare il profilo più prudente di tutti i vari cointestatari mentre se il cliente la fa da solo tramite la piattaforma informatica il sistema valuterà solamente i suoi parametri nella valutazione sia dell’appropriatezza che, eventualmente, dell’adeguatezza; ed anche, dulcis in fundo, che per tutto il risparmio cosiddetto “amministrato” non sarà possibile per il cliente richiedere il servizio di consulenza e, quindi, avvalersi del Promotore Finanziario, si capisce benissimo, a mio avviso, come il nuovo ruolo richiesto ai Promotori Finanziari in questione sia solamente quello di insegnare ai propri clienti come “fare da soli” .È vero che a pensare male si fa peccato (e il detto popolare continua con un “ma a volte ci si azzecca”) ma se vogliamo farci prendere dal pathos potremmo ipotizzare come nulla vieti un giorno a questo intermediario di rivolgersi ai vari clienti e dire: “Caro cliente sono mesi che fai le operazioni di investimento tramite il servizio dell’execution only o tramite il collocamento senza avvalerti del servizio di consulenza svolto per il tramite di un Promotore Finanziario, sappi che la presenza del PF comporta comunque dei costi che stai sostenendo, se credi possiamo scontarti le commissioni da te sostenute senza modificare minimamente la tua operatività….”

Ora, queste considerazioni vogliono rappresentare solamente uno spunto di riflessione e non vogliono essere assolutamente una sorta di “messa alla berlina” per nessuno perché comunque la Mifid, riprendendo la filosofia anglosassone, lascia, seppur all’interno di regole ferree, molta responsabilità e possibilità al singolo intermediario di autoregolamentarsi per il tramite della cosiddetta Policy aziendale.

Personalmente mi auguro solo che dei veri Professionisti della Finanza, come i Promotori Finanziari, non si lascino mettere il “prosciutto sugli occhi” dall’indicazione che comunque il cliente è loro assegnato e quindi tutte le commissioni saranno loro riconosciute; il vero valore, anche economico, proprio del consulente è il rapporto che questo è riuscito a costruirsi con correttezza e professionalità, e spesso anche una buona dose di fatica, nel tempo con i singoli clienti visti, innanzitutto, come persone alle quali offrire un servizio di supporto e vicinanza che nessun recepimento normativo potrà mai andare a modificare.

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