L’ennesima crisi di governo si è riversata sull’ Italia nell’ultima settimana provocando dapprima le dimissioni del Presidente del Consiglio Draghi, rifiutate dal Presidente della Repubblica Mattarella, e in seconda battuta, il voto per un nuovo patto di fiducia conclusosi con soli 95 consensi. Mario Draghi ha rassegnato nuovamente le dimissioni e l’Italia registra una nuova caduta di governo.
Il sistema politico italiano si confronta ormai da decenni con una situazione di forte instabilità e incapacità di mantenere una linea politica duratura, tale da poter consentire il completamento di programmi e riforme di medio e lungo termine.
Dapprima la pandemia, ora la crisi energetica e l’inflazione stanno mettendo a dura prova il tessuto produttivo del Paese che, dopo l’arresto forzato dei mesi più difficili del 2020 a causa del Covid, si è trovato a far fronte alle difficoltà logistiche, ai rincari delle materie prime e all’aumento dei prezzi dell’energia conseguenti allo scoppio della crisi ucraina, proprio nel momento in cui si attendeva finalmente una ripresa, la possibilità di dare nuova linfa all’economia italiana, da molti decenni stagnante e con una crescita del Pil vicina allo zero.
Infatti, rispetto alle valutazioni di inizio anno che vedevano il rifiorire dell’economia del nostro Paese, le nuove stime riflettono il rallentamento dello slancio della crescita, ma potrebbe non essere tutto.
Il voto di fiducia che mercoledì ha spazzato via ogni possibilità di una soluzione continuativa dell’operato di governo, apre di fatto una serie di quesiti importanti sulle sorti dell’economia italiana.
Caduta del Governo, le preoccupazioni del mondo istituzionale
Le dimissioni del Presidente del Consiglio Draghi hanno destato la preoccupazione degli addetti ai lavori e delle parti sociali: le principali organizzazioni sindacali, i rettori delle università, e attraverso Anci, anche moltissimi sindaci, hanno manifestato il sostegno all’operato di Mario Draghi, appoggiando la necessità di continuità per il bene del Paese.
Non di meno si fa sentire la preoccupazione dell’ UE e degli investitori stranieri: Mario Draghi, l’uomo del “whatever it takes” è conosciuto e stimato anche all’estero per la sua grande esperienza in politica economica e per essere una figura tecnica di grande spessore, ancor prima che un politico di visione pratico e pragmatico, nonché un leader decisivo.
Draghi è di fatto considerato anche all’interno delle principali istituzioni UE il garante degli obiettivi del PNRR e a preoccupare non è di certo solo la sua assenza, bensì la mancanza di un’alternativa di simile spessore e un governo solido per fronteggiare le prossime sfide a cui il Paese è chiamato per completare obiettivi, dossier e piani di riforme.
Caduta del Governo, le raccomandazioni della Commissione Europea
Nella giornata di ieri la Commissione Europea ha inviato tre raccomandazioni all’Italia per il prossimo anno: perseguire una politica di bilancio prudente limitando l’aumento della spesa corrente, andare avanti con le riforme e gli investimenti del PNRR e ridurre la dipendenza dall’energia fossile. Il tentativo di bloccare la gara delle concessioni balneari metterebbe infatti a rischio la ricezione dei fondi del Recovery Fund. Ulteriori scostamenti di bilancio senza copertura farebbero deragliare i conti pubblici, mentre, l’opposizione all’aggiornamento dei valori catastali aumenterebbe le ingiustizie fiscali.
Caduta del Governo, i possibili impatti sul PNRR
Il PNRR è nel pieno della sua fase operativa: il piano nazionale di ripresa e resilienza per l’Italia vale complessivamente 191 miliardi di fondi. Il governo deve accedere ad altre tranche di anticipi raggiungendo 100 obiettivi nell’anno in cordo: i 45 completati entro giugno hanno sbloccato 24 miliardi, (dei quali 11,5 a fondo perduto e 12,6 miliardi sotto forma di prestiti). Ora, nella seconda parte dell’anno, ve ne sono ulteriori 55.
Le ipotesi a cui l’Italia potrebbe andare incontro rispetto il raggiungimento degli obiettivi del PNRR nei prossimi mesi sono un possibile ritardo nei versamenti delle sovvenzioni e dei prestiti oppure, qualora venissero perseguite politiche contrarie alle riforme indicate nel PNRR, il rischio potrebbe essere uno stop agli aiuti da parte dell’UE e, nel caso più estremo, la Commissione Europea potrebbe richiedere la restituzione degli fondi già versati.
Gli impatti sull’economia, manovra e Legge di Bilancio
Entro il 31 dicembre 2022 il nuovo governo dovrà approvare la legge di bilancio: nel caso la scadenza non venisse rispettata si andrebbe incontro all’esercizio provvisorio, con capacità di spesa ridotta. La data indicata per le elezioni, il 25 settembre potrebbe favorire al nuovo governo in carica il tempo necessario per chiudere il bilancio di previsione. A settembre, con il varo della Nadef, la nota di aggiornamento del Def, si aprirerebbe appunto la sessione, mentre a metà ottobre e al 20 ottobre la legge di bilancio per l’anno 2023 dovrebbe essere presentata prima all’UE e successivamente al Parlamento.
La manovra dovrà prevedere un calo del debito pubblico e sciogliere il nodo del cuneo fiscale in modo strutturale e individuare un nuovo regime pensionistico vista la scadenza di Quota 102, Ape Sociale e Opzione Donna. Draghi aveva ipotizzato una riforma delle pensioni che garantisse meccanismi di flessibilità in uscita in un impianto sostenibile ancorato al sistema contributivo.
Gli impatti sull’economia, delega fiscale e sistema tributario
Il Parlamento ha all’esame alcuni provvedimenti di tipo economico, importanti anche ai fini degli obiettivi del PNRR.
Il primo è la delega fiscale per la riforma del sistema tributario che, superato il nodo del catasto, è in commissione al Senato. Uno dei nodi da sciogliere riguarda proprio i principi e criteri direttivi per la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e la revisione del catasto dei fabbricati: se ne parla da anni, ma sembra non riesca a concretizzarsi.
L’altro è il DDL concorrenza ora all’esame in commissione alla Camera, dove non è ancora stato sciolto il nodo dell’articolo 10 sui taxi.
Gli impatti sull’economia delle famiglie, caro-benzina e bollette
La questione energetica resta una delle principali priorità perché legata alla possibilità di contenimento dell’inflazione. Seppur dimissionario e in attesa del voto di fiducia, Draghi si era recato nei giorni scorsi in Algeria per concludere i 15 accordi che consentiranno di fatto all’Italia di ricevere 30 miliardi di metri cubi di gas: l’Algeria è oggi il primo fornitore di gas del Paese.
E’ stata approvata la mini proroga dello sconto di 30 centesimi delle accise sui carburanti, dalla benzina al gasolio, rinviandola al 21 agosto: qualora non ci fossero ulteriori interventi successivamente a questa data, si tornerà al prezzo pieno.
Sono invece in scadenza a settembre gli interventi sulle bollette di gas e luce che hanno bloccato gli oneri di sistema: vanno stabiliti eventuali azioni sull’ultimo trimestre dell’anno.
Le misure in aiuto alle famiglie
Il sostegno ai redditi per salvaguardarli dall’erosione dell’inflazione, che ha raggiunto l’8%, passa attraverso molti strumenti che il governo aveva ipotizzato di varare per la fine di luglio. Se è concreta l’ipotesi che la riduzione del cuneo fiscale, cioè la differenza tra il lordo e il netto in busta paga possa arrivare con la manovra di bilancio, sfuma invece la possibilità del decreto di luglio che prevedeva la replica per un secondo mese del bonus di 200 euro previsto per dipendenti, pensionati e autonomi. Fra le altre iniziative che dovevano essere prese in esame, l’ipotesi di una riduzione dell’Iva sugli aumenti dei beni di consumo più necessari.
Politica industriale, quali i principali impatti e dossier aperti?
Sul filo del rasoio anche alcune delicate questioni di politica industriale, come la cessione di Ita, l’ex Alitalia, a un passo dalla trattativa in esclusiva con un partner straniero (in corsa ci sono il gruppo MSC e Lufthansa).
Strategico inoltre, il dossier sulla rete unica contesa tra chi gestisce l’infrastruttura, Tim e Open Fiber, e i fondi che ci hanno investito, Kkr e Macquarie. Per questi due casi ancora non si vedono soluzioni concrete.
Crisi di Governo, gli impatti su borse e mercati finanziari
Già nei giorni scorsi, la preoccupazione destata dalle dimissioni del Premier, aveva portato a contraccolpi sui titoli delle aziende partecipate dal Mef e Cdp: Monte dei Paschi di Siena, Enel, Eni e Saipem su tutti. Reggono il colpo Leonardo e Finmeccanica.
Ieri il Ftse Mib ha chiuso a -0,71%: dapprima era arrivato a perdere il 2,7%, ma l’annuncio delle elezioni ravvicinate del 25 settembre, ha consentito il recupero.
Nella giornata di ieri lo spread tra Btp e Bund, ovvero il differenziale di rendimento tra il titolo decennale emesso dallo Stato italiano e il corrispondente tedesco, ha segnato un picco a 248 punti base chiudendo poi a 237 punti. Il rendimento del decennale italiano è salito al 3,56%, poco sotto i livelli della Grecia.
Nel frattempo la BCE ha annunciato, con effetto dal 27 luglio, l’aumento dei tassi di 50 punti base per contenere l’inflazione: si tratta della prima volta negli ultimi 11 anni. Inoltre, ha comunicato di avvalersi della linea dura per salvaguardare l’euro e la politica monetaria condivisa: il nuovo strumento contro la frammentazione e l’allargarsi degli spread tra titoli di Stato nell’area euro, battezzato TPI – transmission protection instrument, è conosciuto dai più come scudo anti-spread: uno strumento, reso ancora più urgente dalle turbolenze politiche, attivabile per contrastare ingiustificate, disordinate dinamiche di mercato che mettono seriamente a repentaglio la trasmissione della politica monetaria.
Come funziona di fatto lo scudo antispread? L’Eurosistema potrà effettuare acquisti sul mercato secondario di titoli emessi in giurisdizioni che subiscono un deterioramento delle condizioni di finanziamento non giustificato dai fondamentali specifici del Paese, per contrastare i rischi al meccanismo di trasmissione nella misura necessaria. L’entità degli acquisti “dipenderà dalla gravità dei rischi per la trasmissione della politica monetaria” e gli acquisti stessi “non sono limitati ex ante”.
Si tratta quindi una crisi di governo che consegna all’Italia ulteriori situazioni di incertezza e instabilità che si aggiungono alle complicate condizioni macroeconomiche internazionali pre-esistenti, nonchè ulteriori prove e sfide che, a parer comune, non erano di certo necessarie in questa fase già molto delicata.