Meglio l’Eurobond del bund tedesco, strumento che, "osservato in un ottica globale, appare una entità relativamente piccola". Non solo.
CADUTA DELL’EURO: L’idea è che "la recente caduta dell’euro durante la crisi dei Pigs riflette una fuoriuscita di capitali dall’Europa verso gli Stati Uniti che persino la qualità del bund non è stata in grado di contenere". E’ chiaro che l’Ue "soffre per la mancanza di un suo strumento globale". Ed è chiaro che ci sarebbe bisogno di un mercato continentale dei titoli pubblici, in cui la superstar fossero gli E-bond e non i pur ottimi cugini emessi dal Tesoro sulle rive della Sprea. E’ una carta storica e bipartisan. Le emissioni a dodici stelle piacevano già al socialista Jacques Delors negli anni Ottanta quando convincono il ministro berlusconiano dell’Economia, Giulio Tremonti.
L’EUROBOND: Lo stesso economista Mario Monti nei mesi scorsi aveva sposato l’idea che l’eurobond potrebbe rappresentare uno dei pilastri per consolidare l’integrazione finanziaria a ventisette, per costruire un sistema moderno e sviluppato «costruito intorno a un gruppo di asset liquidi e privi di rischio». Con lo scopo di distribuire in modo efficace le risorse, collegare i risparmi agli investimenti, e assicurare «una più uniforme trasmissione della politica monetaria nella zona euro». Infatti il professore bocconiano, continua dicendo che tutto ciò è un compendio ricco di idee per migliorare la libera circolazione nell’Ue, per le persone come per servizi e merci. Si va dal lavoro alle prospettive dell’industria digitale, si parla di imprese e merci. In buona sintesi, si invita a fare insieme e in modo omogeneo il più possibile, nella convinzione che questa sia la chiave di un progresso sostenibile. La questione degli eurobond è calda per questioni sostanziali e politiche. Si affermerebbe che una fluida circolazione delle emissioni pubbliche è l’ingrediente centrale di un ampio numero di ricette.
BOND GOVERNATIVI E FRAMMENTAZIONE: E’ vero, «che il mercato dei bond governativi si è comportato da catalizzatore nel favorire l’integrazione delle piazze finanziarie europei dalla nascita dell’euro». Tuttavia, esso «rimane frammentato», con le scelte delle emissioni rimaste a livello nazionale e nessuna ipotesi di ottenere «le economie di scala concesse dall’euro». Il giudizio è netto: «La frammentazione significa che il mercato europeo dei bond è meno liquido di quello giapponese o americano». Ne consegue che i costi di gestione di titoli solo nazionali sono più alti e questo ha conseguenza anche per i cittadini, che pagano i mutui più cari. E le operazioni finanziari delle istituzioni Ue «sono più costose di quanto potrebbero essere».
MERCATO EUROPEO: Un mercato europeo, con gli eurobond, sarebbe dunque un risparmio e un’opportunità, sapendo di raccogliere consensi, ma non quello dei tedeschi, che ancora nel corso di questi mesi capitanati dalla cancelliera Merkel hanno bocciato l’ipotesi. Non vogliono più debito e non lo vogliono europeo. L’esperienza delle tempeste greche ed irlandesi, indicano che ora potrebbe anche cambiare il vento.
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