Pechino sta spingendo sempre più il progetto Belt and Road, per far lievitare il suo raggio di influenza anche fuori dall’Asia
La Cina sta plasmando un mondo in cui la ricchezza e i debiti saranno le sole armi utili per imporsi. Il fronte, gli eserciti e la violenza sono ormai state ampiamente superate. Il gigante asiatico, per aumentare l’influenza sul pianeta, si affida alla Belt and Road, la nuova via della seta. Tanto per rispolverare vecchie ambizioni millenarie che i cinesi forse non hanno mai riposto. Così, a suon di miliardi prestati a Paesi in difficoltà per la realizzazione di infrastrutture, Xi Jinping vuole colonizzare mezzo mondo. E molti Stati accettano, anche in Europa, pur di non concedersi agli aiuti dell’Fmi, che di fatto costano il commissariamento dell’esecutivo in carica. Pechino, al contrario, dice di non intromettersi. Almeno a parole.
Alla prova dei fatti, però, accade tutt’altro. Il progetto sta già cambiando i connotati della terra. Come ogni creditore, la famelica Cina non accetta investimenti a perdere. E allora, con gli insolventi cosa fa: tratta. Partendo da una posizione di forza, detta le sue condizioni ed è difficile poi per lo Stato debitore potersi rifiutare. Un esempio pratico: il governo cinese ha eliminato un’ingente porzione del debito che aveva il Tajikistan, in cambio di una parte di territorio conteso pari a 1158 km quadrati. Ha usato quindi la propria influenza strappando all’avversario concessioni strategiche. Una guerra vinta restando ben lontani dalle vecchie trincee e dai campi di battaglia.
Si sta entrando in una nuova realtà. E neanche i dazi di Trump sembrano poter fermare questo processo. Sono tanti i Paesi già entrati nella Belt and Road. Il Laos, con la ferrovia ad alta velocità. Lo Sri Lanka, con il porto di Hambatota (diventata già una base logistica cinese a poche miglia dalla rivale India). Ma anche Pakistan, Turkmenistan e molti altri Paesi. Fino ad arrivare in Europa: qui Pechino ha messo le mani sul porto del Pireo in Grecia e sulla nuova autostrada in costruzione in Serbia. La prossima potrebbe essere la Turchia, che ha già rifiutato l’aiuto dell’Fmi, e che con la crisi della lira potrebbe guardare proprio alla Cina. Sempre lei. Un gigante che sta costruendo un nuovo mondo dagli occhi a mandorla.