Credit Suisse non prevede grossi cambiamenti nella crescita e nella politica di dividendi secondo le nuove regole di Basilea 3.
LE NUOVE REGOLE – Le regole più stringenti sul capitale di Basilea 3 e le richieste ancor più severe del Consiglio federale per le due grandi banche svizzere rappresentano una sfida, ma con problemi gestibili per Credit Suisse. Certo, saranno richiesti grandi sforzi, ma la banca non prevede cambiamenti sostanziali nella strategia di crescita o nella politica dei dividendi. Federico Imbert, 59 anni, dopo 35 anni a JP Morgan Chase è da aprile il nuovo Chief Executive Officer per l’Italia del Gruppo Credit Suisse, dove ha sostituito Luigi de Vecchi (che a Londra ha assunto la carica di co-head dell’investment banking globale).
Sono due anni che la banca si prepara a nuove regole sul capitale, non siamo impreparati – osserva Imbert – abbiamo già ridotto i risk weighted assets di circa il 30% e aumentato il Tier 1 dal 10,4 al 16,3%, mantenendo i ratio tra i più elevati del settore anche nel periodo più intenso della crisi». In generale, secondo Imbert, Basilea 3 è stata ben accolta dal mercato per due motivi: «La gradualità stabilita per l’adeguamento, fino all’inizio del 2019, e la chiarezza sulla direzione di marcia: ora tutti sanno dove devono andare.
CRISI ALLE SPALLE – Ma le esigenze di capitale delle banche dovranno abbinarsi ai minori rendimenti offerti. Non c’è il rischio che il capitale scarseggi? O quantomeno che il suo costo, in alcuni casi, risulti troppo elevato? C’è abbondante disponibilità di capitale – è la risposta di Imbert – anche se è vero, che a un così basso livello di tassi esiste un problema di redditività. Ma i segnali che arrivano, anche dall’Italia, sembrano confortanti: il livello di sofferenze tende a stabilizzarsi e c’è grande focus sull’efficienza.
Pur senza abbandonarsi all’ottimismo, Imbert sembra orientato a credere che il peggio della crisi finanziaria possa dirsi davvero alle spalle. E i primi segnali positivi, secondo Imbert, si notano anche sui mercati azionari. «Negli ultimi mesi il Vix (indice di volatilità) si è attestato intorno al 20%, ovvero ai livelli pre-Lehman. In generale, pur in un contesto ancora di incertezza, stanno emergendo elementi di maggiore stabilità: i timori di “double dip” dell’economia sono diminuiti e Basilea 3 ha creato una base di chiarezza sulle banche».
LE OPPORTUNITA’ – Un contesto più favorevole che, assicura Imbert, anche Credit Suisse Italia ha già saputo cogliere nei vari rami di attività in cui è presente: investment banking, private banking, asset management. «Io sono abituato a lavorare in team e al Credit Suisse ho trovato una squadra eccellente. Nell’equity capital market siamo i numeri uno tra le banche internazionali». Anche nel merger & acquisition, dopo mesi di stanca, si notano segnali di ripresa. «In generale, notiamo una maggiore fiducia da parte dei Ceo riguardo all’espansione delle società – osserva Imbert – soprattutto verso i mercati emergenti». Tra le operazioni realizzate da Credit Suisse nel 2010, Imbert ricorda l’assistenza a Telecom Italia in Argentina, a Swisscom per l’Opa su Fastweb e di Weather per la cessione di Wind ai russi di VimpelCom.
Il private banking è l’altra area di storica presenza in Italia del Credit Suisse. «Siamo presenti da inizio anni „90, ben prima degli scudi fiscali, e a giugno avevamo circa 14 miliardi di euro di asset under management». Credit Suisse opera in Italia con 650 persone, l’idea è di crescere e investire ancora per linee interne, a partire, ad esempio, dall’apertura della nuova sede di Roma, che raggruppa tutte le divisioni. Focus anche sull’asset management, terzo pilastro italiano del Credit Suisse. «Siamo il primo gestore estero in Italia, con 20 miliardi di euro under management, siamo leader anche nei fondi pensione, dove siamo stati i primi ad entrare, un segmento chiave con una crescita stimata del 20-25% all’anno e anche qui vogliamo continuare a crescere».