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Crisi, crescita e futuro: il punto di vista degli economisti Galli e Pelanda all’Advisory Forum

Muovendo dalla notizia diffusa ad agosto dal Financial Times, che riportava del maxi attacco speculativo da parte degli hedge funds nei confronti del debito italiano urlando dalle proprie autorevoli pagine “La più grande scommessa speculativa contro il debito italiano dal 2008” è possibile oggi ritenere che il mercato abbia scontato la possibile incertezza o dobbiamo attenderci una volatilità dei BTP? Qual è, anche alla luce dei recenti accadimenti geopolitici, la situazione dell’Italia e la tendenza nel medio e lungo termine?

A queste ed altre domande hanno dato risposta e fornito nuovi spunti di riflessione gli economisti Giampaolo Galli e Carlo Pelanda, intervistati all’Advisory Forum di Professione Finanza.

Secondo il Prof. Galli, economista, accademico e coautore del libro su “Crescita economica e meritocrazia”, il Financial Times, riportando quella notizia, confrontava la situazione attuale dell’Italia con il 2008. In quell’anno, non vi fu alcun attacco speculativo e il debito pubblico del paese era pari a a 1.7 trilion, contro i 2.7 trilion di oggi. La quantità di posizione short va rapportata alla dimensione del debito, che oggi è quasi raddoppiata.

Non si sa in quale misura si stesse effettivamente preparando un crollo di fiducia con le dimissioni di Draghi e quanto la decisione della BCE abbia giocato un ruolo chiave nell’arginare il problema. Sia i riacquisti asimmetrici della line pandemica sia il TPI – “Transimission Protection Instrument” – sono azioni positive che tendono a facilitare il nostro percorso di rientro della finanza pubblica.

La fiducia dei mercati è legata proprio ad una certa credibilità rispetto all’ipotesi di un rientro, seppur molto graduale, per cui in dieci anni dovremmo tornare a livello del 2019 in cui il PIL si attestava oltre il 135%. Il Prof. Galli sottolinea come la finanza pubblica vada gestita in maniera prudente per mantenere la fiducia dei mercati, che comunque non è alta, e che occorre prestare particolare attenzione quando si è chiamati prendere decisioni in tema di politica economica.

L’inflazione non è solo peculiare del contesto italiano. L’aumento dei prezzi del gas e del petrolio, è funzionale al processo di accelerazione e realizzazione della transizione green. Gli esperti di queste materie hanno sempre pensato che ci volesse una carbon tax ed ora stiamo andando ben oltre quello che è utile e necessario. Per sostituire il gas russo dobbiamo investire moltissimo sulle energie tradizionali, continua il Prof. Galli.

L’Italia è un caso molto diverso da quasi tutti gli altri paesi occidentali. Noi siamo il paese che da un quarto di secolo ha smesso di crescere ed il cui PIL pro-capite è uguale a quello di vent’anni fa. Le cure da adottare per l’Italia sono molto più standard e sono quelle che chiedono le imprese tutti i giorni: far funzionare la burocrazia.

Il sistema legislativo italiano è impazzito ed i tempi della giustizia civile e penale sono tra i più lunghi. A questo enorme problema, si accompagna la difficoltà di impiego, la questione delle carriere lente, e la poca meritocrazia. Tante piccole aziende sono rimaste piccole ed i membri della stessa famiglia proprietaria si collocano, oltre che nel board, anche in posizioni esecutive, per difendersi da un ambiente ostile che sta nella società, non solo nella politica.

Si perpetua di fatto la vecchia pratica delle raccomandazioni e delle sponsorizzazioni politiche per aver un posto di lavoro e per far carriera, e il merito è stato messo da parte. E il problema riguarda quasi tutti gli ambiti della società: le università, le pubbliche amministrazioni, la politica, la magistratura, il mercato del lavoro e persino la finanza.

Da oltre un quarto di secolo l’economia italiana ha smesso di crescere. Svalutazioni e accumulo di debito pubblico, che hanno rappresentato la droga con cui si era forzata la crescita dagli anni Settanta, oggi non sono più disponibili.

Meritocrazie e crescita, si diceva. Se avessimo imprese che assumono in base al merito probabilmente il gender gap sarebbe meno pesante rispetto a quello di paesi come Germania e Francia. Inoltre le imprese hanno difficoltà a ricevere crediti dalle banche e questo è legato ai costi di produzione. Per affrontare la competizione internazionale bisogna puntare sulla ricerca e sulla valorizzazione dei talenti. Il tema della insufficiente considerazione del merito e degli incentivi distorti è il fil rouge che accompagna tutte le spiegazioni al cosiddetto “declino” economico italiano.

Qual è il contesto macroeconomico e quali possono essere gli scenari geopolitici per una corretta tutela dei clienti?

Il livello macro ha un impatto sempre maggiore sul livello micro. Per avere una traiettoria di portafoglio sugli ETF è fondamentale considerare il contesto geopolitico. C’è un problema di cambio a livello di architettura politica globale e un problema all’interno delle singole democrazie, dove fondamentalmente si sta esaurendo il sogno – anche se non ancora la possibilità tecnica – del capitalismo di massa.

Tutte le democrazie sono in fase di impoverimento o di polarizzazione. E’ fondamentale riuscire a trovare una soluzione per mantenere il modello democratico in piedi. La democrazia più preoccupante per la polarizzazione è quella degli Stati Uniti. Esistono strumenti, più specificamente politici, con cui far fronte a questo ed il mercato deve capire se dare fiducia a certe misure politiche o meno.

Oggi il vero successo dei paesi occidentali è legato alla tecnologia e va da sé che non si può non parlare di Taiwan? Quanto l’ “isola felice” del mondo tecnologico, maggior produttore di microchip al mondo, potrebbe essere un nuovo elemento di valutazione rispetto ad un conflitto bellico che non riguarda più solo Russia-Ucraina, ma che sembra spostarsi su un fronte digitale? Quale scenario potrebbe derivare dal rincaro del prezzo del gas e qual è il potenziale di tale crisi nella direzione di un rinnovamento e di una svolta green?

Nella primavera del 2013, dopo l’annuncio da parte di Barack Obama di voler creare due aree di mercato ad integrazione crescente e standard comuni con 11 nazioni del Pacifico (Tpp), per lo più democrazie, e l’Ue (Ttip), il politologo ed economista Carlo Pelanda, avviò un programma di ricerca con il titolo “Deglobalizzazione conflittuale e riglobalizzazione selettiva”. L’Impero americano aveva bisogno di rafforzare il proprio perimetro sul piano della geoeconomia a cui risposero la Cina, con una mossa simmetrica, e la Russia, che comincià a mostrare i cannoni.

La parte più interessante di tale strategia era proprio la riglobalizzazione selettiva, ovvero la creazione di un “mercato delle democrazie” basato su relazioni simmetriche di fair trade e standard comuni perché la globalizzazione illimitata produceva un effetto impoverente sulle democrazie stesse.

Il progresso tecnologico ha bisogno di una relazione amplificante tra libertà tecnologia e capitale. I sistemi autoritari sono in grado di fare molte cose ma non hanno la libertà. La guerra contro l’autoritarismo deve essere assoluta, furba e prudente. Ma assoluta. Il progetto è quello di democratizzare il pianeta in due secoli.

Per quanto riguarda gli aspetti bellici e cinetici , se ne riparlerà tra quindici o vent’anni. Servirà, in prospettiva, il nucleare e in questa direzione devo muoversi gli investimenti di chi se li può permettere. Pelanda parla di ecoadattamento, piuttosto che di sostenibilità, sottolineando la mancanza di modelli sistemici e di una visione che integri le scienze settoriali e orienti le politiche.

Come costruire portafogli a prova di recessione e crisi geopolitica?

Inserire più fondi meno liquidi, che siano sia offensivi che difensivi, rendere meno vulnerabile i portafogli all’indice di volatilità, inserire molta capacità di analisi politica e geopoltiica e privilegiare asset che possano proteggere dall’inflazione – fondi immobiliari (anglosassoni o globali), franco svizzero e materie prime.

Immaginiamo e sogniamo un mondo democratizzato. Chi, in passato, apprezzava la globalizzazione è perché si immaginava un mondo fatto di democrazie e di economie di mercato, per quanto imperfette. Ma non possiamo separare la costruzione della ricchezza dalla costruzione della libertà. E dobbiamo avere una bussola anche nella gestione pratica del portafoglio. La globalizzazione è messa a rischio e oggi un bravo investitore deve buttare un occhio alle mappe geografiche ed avere un buona dimestichezza con le informazioni geopolitiche.