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Il Decreto Fiscale chiarisce la
tassazione dei trust esteri

Il governo giallorosso ha dichiarato apertamente di voler inasprire la lotta all’evasione fiscale. Ne è la prova evidente la nuova norma inserita nella manovra che dovrebbe tassare anche i redditi corrisposti dai trust

Le novità introdotte con la Manovra 2020 avranno conseguenze importanti per chi detiene patrimoni fuori dall’Italia, da conoscere in modo approfondito per evitare controversie con l’Erario

Il cosiddetto “Decreto fiscale 2020” è intervenuto sul delicato tema della fiscalità dei frutti percepiti dai beneficiari di un trust. La norma, nata probabilmente per gestire la tassazione dei frutti percepiti da trust esteri opachi, finisce, di fatto, per gestire anche la tassazione dei beneficiari di tutti i tipi di trust. Si segnala, infatti, come la rubrica “trust” sia quella definitiva, mentre l’ultima versione in bozza dell’art. 13 era rubricata “trust esteri”. Al fine di delineare la portata innovativa della novella, è opportuno fare il punto sul regime impositivo dei beneficiari di trust opachi o trasparenti residenti in Italia o all’estero.

Con l’articolo 13, il Decreto Fiscale collegato alla Manovra 2020 introduce un importante elemento di chiarezza nella problematica della tassazione dei redditi dei trust esteri. La questione era stata affrontata dall’Agenzia delle Entrate in un passaggio specifico nella ben nota circolare 61/E del 2010, che non aveva fatto altro che alimentare l’incertezza a livello interpretativo (e dello stesso operato degli Uffici).

Partendo dal disposto della lettera g-sexies, comma 1, dell’articolo 44 del Tuir, oggi oggetto di modifica, che stabilisce che sono considerati redditi di capitale “i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti”, il documento di prassi aveva innanzitutto indicato come l’espressione “anche se non residenti” non potesse che intendersi riferita ai trust. Nella lettura proposta, la finalità della norma sarebbe stata quella di rendere il beneficiario residente individuato soggetto passivo con riferimento ai redditi ad esso imputati dal trust, a prescindere dalla residenza dello stesso.

Questo per assicurare “che il trust estero venga assoggettato a tassazione analogamente ai trust italiani e, in particolare, ai trust opachi con riferimento all’eventuale reddito prodotto in Italia ed imputabile al trust medesimo nonché ai trust trasparenti con riferimento alla quota di reddito imputabile al beneficiario italiano”, evitando così “il conseguimento di indebiti risparmi di imposta che potrebbero essere conseguiti, ad esempio, nell’ipotesi di trust opachi costituiti in giurisdizioni straniere a regime fiscale agevolato. In tal caso, infatti, alla tassazione ridotta in capo al trust corrisponderebbe, comunque, l’imposizione in capo al beneficiario residente secondo il regime del più volte citato articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del Tuir”.

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