Il dibattito sulle forme pensionistiche complementari si concentra sovente sulla fase di accumulo del capitale ignorando quella altrettanto cruciale dell’erogazione.
CAPITALE ACCUMULATO: Si tende infatti a dare per scontato che al momento del pensionamento il capitale accumulato si convertirà in rendita – fatto salvo un eventuale quota parte da incassare subito e magari spendere. Questa impostazione trascura le specificità delle pensioni complementari rispetto alla pensione di primo pilastro e impone la creazione di una rendita di fonte complementare da sommare a quella già costituita dalla pensione pubblica, con i medesimi limiti e vantaggi.
STRATEGIA "EFAMA": L’European Fund and Asset Management Association (EFAMA) ha presentato uno studio intitolato “Ripensare le strategie previdenziali: come assicurare prospettive migliori per i futuri pensionati”, condotto dal Professor Maurer e Barbara Somova della Goethe Universitaet di Francoforte. Lo studio, promosso da EFAMA e coordinato dal Pension Committee analizza le possibili modalità di impiego, al momento del pensionamento, del capitale accumulato durante la propria vita lavorativa. L’analisi mostra che, a differenza di quanto comunemente consentito dalla normativa che impone la conversione in rendita, la migliore strategia consista nell’investimento di almeno una porzione del patrimonio previdenziale in azioni all’inizio del periodo di pensionamento, a cui dovrebbe far seguito un graduale trasferimento verso l’investimento obbligazionario e la rendita. Tale strategia, infatti, consentirebbe ai pensionati di raggiungere un più elevato e stabile livello di spesa durante l’intero periodo di decumulo rispetto a quanto si ottenga con la trasformazione in rendita dell’intero capitale al momento del pensionamento. Inoltre la maggiore flessibilità e autonomia nell’utilizzo delle proprie risorse e la possibilità di lasciare una eredità contribuirebbero ad accrescere la soddisfazione del pensionato.
REGOLATORE PUBBLICO: Lo studio considera come il regolatore pubblico sia generalmente guidato sia da ragioni “paternalistiche” di protezione del pensionato da scelte di consumo eccessivo o eccessivamente rischiose sia da esigenze di stabilizzazione dei flussi fiscali. La normativa dei maggiori paesi europei, al contrario di quella statunitense, prevede infatti l’obbligo di conversione immediata in rendita – seppur con percentuali diverse del capitale da convertire obbligatoriamente in rendita e con diverse età in cui scatta tale l’obbligo. In questo contesto, lo studio contiene alcuni risultati chiave dei quali si dovrebbe tenere conto nella definizione del sistema previdenziale.
TRE CONSIGLI:
1) EQUILIBRIO: il quadro normativo in Europa dovrebbe trovare un migliore equilibrio tra le esigenze pubblicistiche del regolatore e i bisogni dei pensionati. L’obbligo di conversione immeditata e per l’intero capitale in rendita non consente all’individuo la flessibilità per determinare il profilo di rischio rendimento che più si addice alla sua specifica situazione patrimoniale e alle sue preferenze rispetto al rischio.
2) FLESSIBILITA’: un quadro normativo più flessibile per la fase di decumulo dei fondi pensione promuoverebbe l’innovazione nei mercati finanziari europei e stimolerebbe la creazione di prodotti che vadano incontro ai bisogni dei pensionati. La concorrenza tra i fornitori dei prodotti e servizi di decumulo aumenterebbe consentendo la riduzione dei costi, oggi molto elevati nel mercato delle rendite.
3) RENDITA POSTICIPATA: qualora si decidesse di favorire la conversione obbligatoria in rendita, il limite di età per tale conversione dovrebbe essere prossimo agli 85 anni, in modo da raggiungere un equilibrio tra l’obiettivo di assicurare un livello più elevato di pensione e proteggere i pensionati dal rischio di longevità (ovvero la sopravvivenza ai propri risparmi).
TRATTAMENTO FISCALE: Nel corso del dibattito seguito alla presentazione della ricerca è risultato chiaro che solo trattamenti fiscali non discriminatori verso forme alternative alla trasformazione in rendita consentirebbero ai gestori del risparmio di raggiungere sufficienti economie di scala atte a consentire l’offerta di prodotti innovativi. Tali prodotti, come dimostrato da alcuni operatori europei già attivi nel settore – ad esempio con i Riesterplan tedeschi – richiedono infatti significativi investimenti in Information Tecnology e in risorse umane.
CONCLUSIONI: Solo l’impegno del regolatore europeo e nazionale verso una normativa che consenta la coerenza tra esigenze di massimizzazione del benessere del pensionato e protezione dal rischio di longevità consentirà ai gestori del risparmio di rispondere alla domanda proveniente dal mercato per soluzioni alternative alla trasformazione in rendita dell’intero capitale, integrando al meglio quanto offerto dal sistema di pensione pubblico con il sistema previdenziale complementare.
ASSOGESTIONI