La ricerca diffusa dal Museo del Risparmio sulle conoscenze finanziarie dei migranti
I nuovi italiani si sono già adeguati alle cattive abitudini dei nativi: il tasso di educazione finanziaria è basso anche tra loro. Solo il 31% presenta un grado di conoscenza alto. A riportarne cifre e dati è un’indagine diffusa dal Museo del Risparmio e condotta dal centro ricerche Ipsos.
In particolare, tra i migranti solo il 19.5% possiede tre prodotti finanziari, la maggior parte guarda con diffidenza alle banche come punto di formazione e il 45,5% non sente la necessità di avere informazioni in più. Un’autoesclusione parecchio dannosa, che non aiuta di certo l’integrazione nel tessuto sociale del Bel Paese. Il campione analizzato è di 200 persone residenti in Italia da tre a dieci anni, provenienti dalle seguenti aree geografiche: Cina, Paesi asiatici, Sud America, Est Europa, Nord-Africa, Africa Sub Sahariana.
La ricerca ha evidenziato che i neoitaliani provenienti dal Sudamerica e dall’Est Europa hanno competenze finanziarie più alte. Il 49% dei migranti intervistati riesce a risparmiare, il 21% risparmia più del 20% del proprio reddito. Tra i cinesi i risparmiatori sono il 65%, seguono Est Europa 48.6% e Sud America 42.9%. Il risparmio alimenta le rimesse. Il 61% del campione invia soldi nel Paese d’origine almeno una volta ogni sei mesi. Tali somme servono nella maggior parte dei casi ad aiutare i familiari stretti o le comunità di provenienza.
Male, insomma, tra tutti, gli africani, che forse avrebbero bisogno di percorsi formativi ad hoc, utili anche a tenerli distanti dai traffici illeciti in cui rischiano di scivolare. L’educazione finanziaria, quindi, può essere strumento di integrazione. Anche per questo non andrebbe sottovalutata. Mai.