Nonostante la crisi che sta travolgendo i mercati finanziari mondiali non si arresta in Italia la crescita degli Exchange Traded Fund. Nel corso del 2008 il numero di strumenti quotati sul segmento ETF Plus di Borsa Italiana è aumentato di oltre il 60% passando da 171 a 279 prodotti e già da inizio anno sono stati lanciati 17 strumenti. A guidare questa crescita formidabile sono stati gli ETF difensivi, quelli tematici e quelli short.
In termini di patrimonio netto il bilancio di fine anno ha visto l’ammontare complessivo degli ETF detenuti a Piazza Affari crescere a 10,2 miliardi di euro. Considerando che nel corso del 2008 gli indici di riferimento hanno registrato una perdita nell’ordine del 40% è possibile stimare che il mercato italiano degli ETF ha realizzato una raccolta netta positiva di circa 4 miliardi a fronte del continuo deflusso riportato dai fondi comuni di investimento che nel corso del 2008 si è attestato a 140 miliardi di euro.
A contribuire al risultato positivo degli Exchange Traded Fund sono intervenuti una serie di fattori. In primo luogo le caratteristiche di efficienza e trasparenza che caratterizza questi strumenti e in secondo luogo un forte sostegno è giunto dalla direttiva Mifid che ha limitato le retrocessioni delle commissioni di vendita a favore delle società che gestiscono fondi di fondi e gestioni patrimoniali. Anche la nascita della figura del consulente finanziario indipendente, introdotta con la direttiva Mifid, ha contribuito significativamente alla proliferazione degli ETF in quanto questi nuovi operatori, svincolati da qualsiasi legame con società di gestione del risparmio e intermediari finanziari, consigliano alla propria clientela di investire su questi strumenti innovativi e caratterizzati da costi particolarmente contenuti.
Per quel che concerne il futuro ci si aspetta che la diffusione degli Exchange Traded Fund, sia in termini di strumenti quotati sia in termini di patrimonio complessivo, proseguirà anche nel corso del 2009. Una battuta d’arresto potrebbe arrivare solo in seguito a una ristrutturazione generale dell’industria dei fondi comuni di investimento italiani che nel breve periodo però sembra poco probabile.