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Euro in down, spread e inflazione: la reazione dei mercati alla crisi economica

Prima la crisi economica dovuta alla pandemia di coronavirus, poi i rincari dell’energia e le difficoltà nel reperire alcune materie prime per il conflitto Russia-Ucraina: sono diversi i fattori che hanno portato da un lato al crollo dell’euro col conseguente aumento dello spread e dall’altro all’allarmante fenomeno dell’inflazione che è la causa primaria dell’aumento dei prezzi di molti prodotti, anche di quelli alimentari. Per far fronte a questa crisi economica globale diverse sono state le soluzioni adottate dai governi a livello nazionale, oltre che europeo e mondiale. Ma vediamo più nel dettaglio l’attuale contesto.

Inflazione e spread 200 punti: cosa succede al mercato finanziario?

La scure dell’inflazione colpisce ancora. In un contesto in cui i mercati sono in netto ribasso (con una settimana chiusa con valori in calo sia sul fronte Borse europee che su Wall Street), il fenomeno dell’inflazione non accenna ad abbandonare i terreni dell’Europa e degli USA. Negli Stati Uniti, infatti, l’inflazione è arrivata a 8,5% a marzo 2022 (valori che non erano così bassi dal 1981), ma gli analisti si aspettano uno speranzoso calo all’8,1%.

Situazione non confortante nemmeno per l’Europa in generale dove questa situazione di incertezza dei mercati si sta traducendo in un rialzo dei tassi di rendimento dei titoli di Stato; l’Italia, ad esempio, ha registrato un aumento di +3% del titolo Btp mentre in Germania il Bund è salito a +1% facendo arrivare lo spread a 200 punti.

Gli occhi sono sempre puntati sull’andamento della crescita mondiale e dell’inflazione (in attesa dei dati americani che potranno dettare la linea alla FED sui prossimi rialzi dei tassi), sulla guerra in Ucraina, ma anche sulla diffusione del Covid in Cina, con il Governo che ha introdotto misure restrittive anche a Pechino e valuta le ricadute sull’economia.

Inflazione e rincari energetici: cosa succede in area euro?

Il fenomeno dell’inflazione è una conseguenza anche del conflitto che ormai da mesi sta coinvolgendo la Russia e l’Ucraina: le due potenze lottano non soltanto sul campo di battaglia, ma anche su quello economico e gli effetti più evidenti si registrano sul fronte energetico. Le politiche sanzionatorie imposte dall’Europa alla Russia e il conseguente escamotage di Putin per aggirarle, ovvero imporre il pagamento ai paesi considerati “ostili” di pagare il gas russo utilizzando il rublo, non hanno fatto altro che svalutare da un lato la moneta nazionale russa e dall’altro aumentare i pezzi del gas e far scendere i valori dell’euro (-1,6%).

Uno scenario che, purtroppo, non anticipa niente di buono. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, infatti, questa situazione contribuirà a tagliare sempre di più i redditi delle famiglie e i profitti delle imprese. Non a caso, l’Organizzazione Finanziaria Internazionale ha ridotto la sua proiezione di crescita per l’area dell’euro per il 2022 (dal 3,9% di gennaio 2022 al 2,8%), affermando che il conflitto avrà “gravi conseguenze economiche per l’Europa”, soprattutto perché scoppiato quando la ripresa dalla pandemia era ancora in fase di avviamento. Il FMI ha anche ridotto le sue previsioni di crescita globale per il 2022 al 3,6% (prima fissate al 4,4%).

Inflazione e materie prime: i rincari colpiscono anche i prodotti alimentari

L’Europa sta facendo i conti con il continuo aumento dei prezzi dell’energia da settimane ormai. Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, a fine febbraio, i costi delle materie prime si sono alzati e il valore di mercato delle stesse è stato sempre più oscillante per via delle interruzioni aggravate lato offerta e che hanno alimentato e continueranno ad alimentare ulteriormente l’inflazione.

L’aumento dei costi del gas ha avuto conseguenze dirette anche sui prezzi di molti prodotti alimentari, non soltanto a livello di produzione e importazione di materie prime e alimenti, ma anche per ciò che riguarda trasporto degli stessi. L’associazione Altroconsumo ha recentemente condotto un’indagine su alcuni prodotti alimentari presenti sugli scaffali dei supermercati che hanno subito un rialzo dei prezzi; tra quelli che sono aumentati di più negli ultimi mesi ci sono:

  • Farina 00 (+6,2%).
  • Caffè (+4%).
  • Pasta di semola +17%), a causa dell’aumento dei costi del grano duro.
  • Zucchine (+16%).
  • Olio EVO (+11%).
  • Zucchero (+7,4%).
  • Olio di semi di girasole (+43%), prodotto legato al conflitto in Ucraina perché sia Kiev che Mosca ne sono grossi esportatori.

Shrinkflation: soluzione contro l’inflazione o “trucchetto” a danno dei consumatori?

Per combattere l’inflazione galoppante e non dare al consumatore una sensazione di impoverimento tale da scoraggiare la spesa e quindi i consumi, le aziende stanno reagendo con una nuova strategia: la cosiddetta “shrinkflation”. Ma in cosa consiste?

“Shrinkflation” è un termine anglosassone, composto dal verbo “shrink” (restringere) e “inflation” (inflazione) che indica la pratica di ridurre le quantità o le dimensioni del packaging dei prodotti di largo consumo per mascherarne l’aumento del prezzo: la cifra che si paga rimane la stessa, ma il prodotto che si compra è di quantità inferiore. Questa pratica è diffusa in UK e in USA, dove le confezioni di pasta – prodotta con il grano tenero, materia prima di cui l’Ucraina è tra i principali produttori al mondo e che oggi scarseggia sui mercati internazionali – sono rimaste le stesse (così come i prezzi), ma il peso netto all’interno è diminuito.

Inflazione in Italia: la Shrinkflation e le denunce di Codacons e Altroconsumo

Con la “shrinkinflation” si vuole mascherare l’inflazione, apparentemente inesistente, ma che in realtà c’è e si fa sentire. Anche in Italia molte aziende hanno messo in atto questo stesso stratagemma su cui le associazioni dei consumatori non vogliono che si sorvoli; Codacons, ad esempio, si è rivolta a 104 Procure della Repubblica e all’Antistrust, presentando un esposto dove chiedeva di aprire indagini volte a verificare se tale prassi fosse legale o se invece si configurasse come un reato di truffa o di pratica commerciale scorretta che “consentiva enormi guadagni alle aziende produttrici, ma di fatto svuotava i carrelli e le tasche dei consumatori” (ndr).

Altroconsumo, sulla scia di Codacons, ha deciso di inviare un’ulteriore segnalazione all’Antitrust per “chiedere di fare luce su eventuali speculazioni sui prezzi dei prodotti alimentari”. Inoltre, invita il Governo a vigilare sull’aumento dei prezzi e soprattutto di estendere e rendere accessibili a più persone i cosiddetti “buoni spesa”, misura esistente ma al momento limitata solo ai nuclei familiari con ISEE fino a 12.000 euro.