La tassa sulle transazioni finanziarie, continua ad essere al centro di contestazioni, Se in molti infatti si sono interrogati sull’effettiva utilità, è importante valutare anche il suo impatto sui costi di gestione dei fondi comuni e soprattutto sull’operatività. I gestori sono abbastanza concordi nel ritenere che in generale i costi non dovrebbero risentirne. Una delle conseguenze tuttavia potrebbe svelarsi sull’operatività che potrebbe risultarne limitata.
Quindi i professionisti del risparmio assicurano che gli investitori in fondi comuni e Sicav, che non solo saranno sollevati dalla nuova tassa ma non vedranno neanche lievitare i costi dei prodotti. Chi vedrà direttamente le conseguenze saranno invece i fund manager, che dovranno fare i conti con un maggior onere sulle transazioni finanziarie. E questo potrebbe in qualche modo limitarne l’operatività. Anche se non tutti sono così disfattisti.
Per chi non lo ricordasse, la Tobin Tax è la nuova tassa sulle transazioni finanziarie che è entrata ufficialmente in vigore in Italia il 1 marzo. In particolare, saranno soggette a tassazione tutte le transazioni su azioni di società italiane aventi una capitalizzazione superiore a 500 milioni di euro (al 30 novembre 2012), a prescindere dal Paese dal quale proviene l’ordine o dal mercato in cui tali società sono quotate.
La tassa sarà applicata sul controvalore dell’operazione di acquisto, al netto delle vendite effettuate nello stesso giorno sui mercati regolamentati o sui sistemi multilaterali di negoziazione (Mtf), e sarà pari allo 0,12% (dall’1 gennaio 2014 scenderà allo 0,10%) per le operazioni concluse sui mercati regolamentati e allo 0,22% (0,20% dal 2014) per le operazioni concluse fuori dai mercati regolamentati. Dal prossimo primo luglio, inoltre, entrerà in vigore anche la tassa sui derivati (andrà a colpire sia l’acquirente sia il venditore), il cui importo varierà secondo il tipo di strumento.
. “Il maggior costo finirà per gravare sulla negoziazione dei fondi e delle Sicav – spiega Leonardo Cervelli, vice ceo di Sella Gestioni – Considerando le sole transazioni su mercati regolamentati (la nuova tassa è pari allo 0,12%, ndr) e che l’attuale costo applicato dai broker sui titoli azionari italiani si attesta intorno a uno 0,05-0,10%, l’incidenza non è da considerarsi irrisoria. Certo, come Sgr, il nostro approccio al mercato italiano non cambierà, ma ovviamente terremo conto nell’operatività di questa nuova imposta”. E non cambierà neanche l’approccio di Zenit Sgr, il cui amministratore delegato, Marco Rosati, non è affatto preoccupato per l’introduzione di questa nuova tassa. Anzi, diversamente da Cervelli, la considera poco rilevante: “Certo, dal punto di vista del risparmio gestito, l’introduzione della Tobin Tax rappresenta un ulteriore costo, che va a incrementare gli oneri di acquisto di un titolo. Ma l’attività di un fondo comune tradizionale non è spasmodica. Il tasso di turnover non è elevato. Dunque, ci sarà solo un piccolo costo in più, come poteva essere una volta l’imposta di bollo. Questo maggior onere comporterà indubbiamente una diminuzione della performance, ma sarà leggera e residuale”.
Se da un lato gli operatori guardano con favore all’esenzione dalla Tobin Tax degli investimenti effettuati dai fondi di previdenza complementare, dall’altro lato rimane qualche perplessità per l’esclusione dall’applicazione della Tobin Tax delle operazioni aperte e chiuse in giornata, il cosiddetto intraday. “In questo modo si è scelto di andare a colpire le compravendite di allocazione tattica e strategica, quindi il risparmio tradizionale – fa notare Cervelli – mentre sono state esentate praticamente le compravendite da trading”, ovvero quelle operazioni considerate prettamente finanziarie. “E sinceramente non credo che questo sia lo spirito di una tassa anti-speculazione”, conclude Rosati.