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I sistemi pensionistici europei: quali novità.

Un recente rapporto pubblicato da Allianz Global Investorsha analizzato i sistemi pensionistici europei soprattutto in chiave di sostenibilità a lungo termine e ne è emerso che i sistemi più solidi si riscontrano in Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Paesi Bassi e Svizzera mentre Grecia, Portogallo, Spagna, Lussemburgo, Belgio e Italia sono i Paesi nei quali le riforme sono più urgenti.

In particolar modo si riscontra come le riforme previdenziali varate nei Paesi dell’Europa occidentale abbiano tentato di potenziare il regime a capitalizzazione cercando di sviluppare sistemi pensionistici più equilibrati. Storicamente, in gran parte dell’Europa occidentale ha sempre predominato il pilastro pubblico e il passaggio dai regimi pensionistici a ripartizione a quelli a capitalizzazione ha assunto molteplici forme e portato ad un’inevitabile sviluppo dei piani pensionistici volontari.

Il patrimonio dei fondi pensione e delle compagnie assicurative nel 2007 in Europa occidentale ammontava a 8.600 miliardi di euro mentre, secondo le attese, questi attivi raggiungeranno quota 16.900 miliardi di euro nel 2020, con un tasso di crescita annuo previsto pari al 5,3%, nonostante la crisi finanziaria in corso.

Secondo le stime dell’indicatore Allianz Pension Reform Pressure Gauge, che esamina la sostenibilità dei sistemi pensionistici, Grecia, Portogallo, Spagna, Lussemburgo, Belgio e Italia sono i Paesi nei quali le riforme sono più urgenti, mentre i sistemi più solidi si riscontrano in Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Paesi Bassi e Svizzera.
“Questo risultato – afferma Brigitte Miksa, Responsabile International Pensions di Allianz Global Investors AG- è riconducibile a due fattori: primo, l’invecchiamento della popolazione è meno pronunciato rispetto ad altri Paesi dell’Europa occidentale; secondo, e più importante, nel sistema pensionistico di questi Paesi il pilastro basato sulla capitalizzazione è molto sviluppato, mentre la previdenza pubblica ha minore rilevanza”.

Un altro aspetto della tendenza verso le pensioni a capitalizzazione riguarda la rapida crescita dei fondi pensionistici pubblici, attivi in nove Paesi (oltre la metà di quelli analizzati): Belgio, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Spagna e Svezia. Questi fondi, il cui patrimonio complessivo nel 2007 era pari a 515 miliardi di euro, svolgono attualmente un ruolo cruciale sui mercati finanziari.

Secondo Alexander Boersch, Senior Pension Analyst di Allianz Global Investors AG, la strategia di investimento di tali fondi varia in maniera considerevole: “Mentre alcuni fondi investono esclusivamente in obbligazioni domestiche o esistono solo nei libri dei governi, altri perseguono strategie di investimento molto sofisticate con un focus sulla diversificazione. I fondi francesi, irlandesi e norvegesi ne sono un tipico esempio. L’adozione dei principi dell’investimento socialmente responsabile (Socially Responsible Investing – SRI) da parte di questi grandi fondi pensionistici merita attenzione in quanto aiuterà gli investimenti SRI ad affermarsi come una tendenza dominante, piuttosto che come strategia di nicchia. In questo ambito sono particolarmente attivi i fondi francesi e norvegesi.

Gli schemi pensionistici di recente introduzione assumono molteplici forme. Un trend degno di nota è l’introduzione degli schemi pensionistici obbligatori per fornire una copertura previdenziale completa e una diversificazione delle fonti di reddito pensionistico. L’Austria e la Norvegia hanno introdotto un secondo pilastro obbligatorio, opzione che l’Irlanda sta vagliando. La Gran Bretagna prevede di introdurre la quasi obbligatorietà nel 2012, con il lancio dei “Personal Accounts”.

I sistemi su base volontaria introdotti di recente hanno attirato ingenti patrimoni verso il secondo e il terzo pilastro. Il “PERCO” francese, un piano occupazionale introdotto nel 2003, ha visto crescere i suoi attivi da 77 milioni a 1,4 miliardi di euro entro tre anni. In Germania i partecipanti al terzo pilastro voluto dalla riforma Riester sono aumentati da 4,2 a 10,7 milioni di euro, mentre l’equivalente austriaco ha attirato quasi un milione di aderenti. La popolarità di questi nuovi piani previdenziali dimostra la crescente volontà dei lavoratori di risparmiare su base individuale.

Sebbene la tendenza ad adottare il sistema a contribuzione definita sia ormai consolidata, il quadro normativo vigente nei Paesi europei mira a tutelare gli asset previdenziali. Sono pertanto disponibili numerose opzioni per la definizione dei piani pensionistici su base volontaria: libera scelta degli investimenti nella fase di accumulo (Gran Bretagna, Italia, Francia), requisito di un tasso di interesse minimo (Svizzera) senza possibilità di scegliere gli investimenti, requisiti di garanzia del capitale, obbligo di conversione in rendita e divieto di adottare schemi a contribuzione definita (puri) in Germania. Per l’Europa, gli schemi a contribuzione definita offrono senza dubbio il vantaggio di fornire soluzioni di investimento flessibili e trasferibili che aprono le porte a un modello praticabile per le pensioni paneuropee.

Conclude Alexander Boersch: “In Europa il passaggio agli schemi a contribuzione definita proseguirà, ma non è ancora chiaro quale sarà il modello prevalente. Nondimeno, è fondamentale che il quadro normativo, nello specifico i limiti quantitativi di investimento, non interferisca con le potenzialità di un’asset allocation efficiente”.