Oltre al bisogno di aggrapparsi ad un valore qualunque per poter fornire un’opinione su qualcosa (comportamento già di per sé non razionale) i meccanismi decisionali delle persone in condizioni aleatorie spesso sembrano non tenere affatto conto della sfera delle probabilità, quanto piuttosto della presenza o meno di un racconto o una narrazione riguardanti l’oggetto della decisione. Per racconto si intende qualunque aneddoto possa far sembrare sensata o verosimile una scelta.
Se ad esempio capita di sentir parlare di un titolo, questo può costituire un motivo per preferirlo ad un altro di cui non abbiamo sentito parlare, come se l’esistenza di storie legate a quella scelta costituisca una sorta di giustificazione che ci esoneri dal dover dare ulteriori spiegazioni, almeno ad altri.
Questo comportamento è talmente radicato nel modo di decidere che sebbene non sia menzionato dai libri, ha raccolto un consistente corpo di evidenze.
Ad esempio è stato notato che i dipendenti di grandi aziende, tendono ad investire nelle azioni della società per cui lavorano , anche se questo non è conforme al principio della diversificazione del rischio, ma almeno la scelta sembra ampiamente giustificata dall’insieme dei racconti ascoltati a riguardo. Il comprovato paragone tra le mode (o fads, in inglese) e le bolle speculative, poggia proprio sull’assunto che spesso l’acquisto di titoli sul mercato segue lo stesso meccanismo dell’affermazione di una marca, o di un prodotto, laddove a prescindere dalla qualità intrinseca dello stesso, molte persone vogliono essere proprietarie di qualcosa di cui si faccia un gran parlare, o in grado di costituire uno status-symbol.