In questo articolo vogliamo effettuare alcune considerazioni sul comportamento del Promotore Finanziario nella trattativa con il cliente in merito alle tematiche previdenziali:
a) nell’ 80% dei casi, è il Cliente ad esporre al Promotore Finanziario – nel corso della trattativa – la esistenza di una propria problematica previdenziale complessa (pluri-contribuzione, proiezione del livello della copertura pensionistica attesa, regolarizzazione diverse posizioni assicurative), e lo fa in modo preoccupato specie se ha superato il 50° anno di età e se ha maturato più di 30 anni di contribuzione effettiva, e se – di rinvio in rinvio – tale problematica non è stata ancora risolta, per le motivazioni più varie.
Le indicazioni approssimative e farfugliate della misura del gap futuro pensione/retribuzione, rilasciate dal software di calcolo pensionistico (talvolta) in dotazione del Promotore Finanziario, sempre che sia aggiornato e affidabile, non sempre sono sufficienti a fronte della sentita esigenza di non differire ulteriormente la soluzione di questa problematica. Il Cliente si attende che questa sua esigenza venga affrontata in modo contestuale alla pianificazione finanziaria (di cui non può che farne indiscutibilmente parte), in una modalità coordinata che tenga in considerazione sia il presente che il futuro del Cliente e della sua famiglia.
In vero, senza nascondersi dietro un dito, nella stragrande maggioranza dei casi, il Promotore Finanziario “tradizionale” non vanta un retroterra culturale di specifica ed approfondita preparazione sulla materia previdenza, non dispone (o non usa) strumenti di lavoro affidabili e seri, facendo così scattare il cosiddetto “principio di autodifesa” basato su tre convinzioni ferree:
a) la materia previdenziale è roba di specialisti e pertanto è avulsa dalla propria competenza specifica
b) non è assolutamente il caso di assumersi personalmente l’onere di cui sopra per “regalare” al Cliente una risposta definitiva ai suoi interrogativi pensionistici, in quanto l’onere sarebbe piuttosto da imputare alla Casa Mandante
Il risultato finale porta a non affrontare la questione né, tantomeno, a risolverla lasciando la questione previdenziale ancora in piedi.
b) nel restante 20% dei Clienti, si tratta di soggetti lontani, anagraficamente ed assicurativamente, dai problemi della pensione per cui viene erroneamente esclusa ogni utilità pratica delle eventuali proiezioni del livello delle coperture pensionistiche attese e, quindi, non sempre si è propensi a valutare la situazione.
La realtà dei casi porta alla considerazione che tra Promotore Finanziario e tematiche previdenziali non ci sia molta affinità e questo comportamento non può che essere indubbiamente dannoso agli interessi del Cliente perchè non fa rientrare nelle operazioni di pianificazione finanziaria la soluzione della problematica previdenziale evidenziata, con il risultato di prospettare un grado di copertura pensionistica lacunoso e parziale considerando che una serie di realtà contributive, lavorative, assicurative non sono state esaminate e inserite nel processo in corso.
Tale comportamento non può che risultare dannoso anche agli interessi del Promotore Finanziario stesso perchè non viene trasformata in occasione di lavoro una problematica che interessa il Cliente che spera in una consulenza risolutiva.
È indubbiamente necessaria una svolta nei rapporti Promotore/Cliente in cui siano i reali problemi di quest’ultimo a essere al centro della consulenza del nostro Professionista, al di là ed al di sopra di qualsiasi conflitto di interesse.
dr. Domenico Attardi
Per maggiori informazioni si rimanda al blog http://previdenzaindipendente.wordpress.com