Più del 60% degli incubatori ha natura privata, mentre solo il 15,4% ha natura pubblica. I dettagli nella ricerca del Politecnico di Torino e Italia Startup
Quasi il 60% della popolazione di incubatori si trova in Italia settentrionale. La Lombardia è la regione che ospita il maggior numero di incubatori, il 25,3% del totale, seguita dalla Toscana (9,9%) e dall’Emilia Romagna (9,3%). Al Centro è presente il 20% degli incubatori mentre l’area meridionale e insulare, con il 17,9% degli incubatori totali, rappresenta invece la zona meno popolata da queste organizzazioni.
Inoltre, per quanto concerne la natura giuridica, più del 60% degli incubatori ha natura privata, mentre solo il 15,4% ha natura pubblica e circa un quinto possiede invece una compagine sociale che include soggetti sia pubblici che privati.
Sono questi i dati che emergono dal primo report sull’impatto sociale degli incubatori e acceleratori italiani, un’analisi sull’innovazione e sull’imprenditorialità sociale sviluppata dal team di ricerca Social Innovation Monitor (SIM) del Politecnico di Torino, in collaborazione con Italia Startup e con il supporto di Cariplo Factory, Compagnia di San Paolo, Impact Hub Milano, Make a Cube, SocialFare e Social Innovation Teams (Sit).
La ricerca si basa su un questionario inviato a 162 incubatori individuati sul territorio italiano e ha come obiettivo la realizzazione di una mappatura aggiornata a livello nazionale delle attività di incubazione. La ricerca, inoltre, mira ad esaminare i modelli di business, i servizi offerti e le differenze tra diverse tipologie di incubatori e ad evidenziare le peculiarità e le sfide affrontate dagli incubatori che supportano imprese a significativo impatto sociale.
“Gli incubatori italiani stanno crescendo e diversificandosi sia in termini di settori sia in termini di modelli di business. Particolarmente interessante è la scelta di un numero crescente di incubatori di focalizzarsi su imprese a significativo impatto sociale. Una specializzazione su questa tipologia di imprese e di incubatori potrebbe essere un elemento efficace di differenziazione per il nostro Paese”, ha detto il professor Paolo Landoni del Politecnico di Torino, coordinatore della ricerca.
“Negli ultimi anni è cresciuta sempre più un’attenzione all’imprenditorialità come motore di sviluppo economico e sociale e, di conseguenza, alle attività di supporto a essa connesse. Un ambito particolarmente importante in questo senso è quello delle attività di incubazione e accelerazione d’impresa, un settore in crescita e in evoluzione”, ha poi aggiunto Marco Bicocchi Pichi, presidente di Italia Startup.
Dalla ricerca è emerso poi un aspetto curioso: più della metà degli incubatori ha supportato organizzazioni a significativo impatto sociale. Quanto ai settori di appartenenza di queste organizzazioni, quello più rappresentato è legato alla cultura, alle arti e all’artigianato (20%), mentre al secondo posto si trova il settore che include le organizzazioni legate alla salute e al benessere (18%) e al terzo quello delle realtà dedicate alla protezione ambientale (14%).
Dal report, inoltre, emerge che meno di un quarto degli incubatori ha investito capitale di rischio nelle organizzazioni incubate nel 2016. In particolare, non c’è stato alcun investimento da parte degli incubatori pubblici, mentre il 42.2% di incubatori privati ha effettuato investimenti.
Per quanto riguarda il fatturato, in media gli incubatori nel 2016 hanno raggiunto ricavi pari a 1,13 milioni di euro. Questo dato è tuttavia influenzato da un numero limitato di organizzazioni di grandi dimensioni; infatti circa la metà degli incubatori ha avuto un fatturato inferiore a 250 mila euro. A partire dai dati raccolti è stato possibile effettuare una stima del fatturato totale nel settore dell’incubazione in Italia, che si aggira intorno ai 183 milioni di euro.
Usando come campione 382 startup incubate del 2016 in 32 diversi incubatori, si nota che quasi il 70% delle startup si trovano in Italia settentrionale, in particolare più del 50% nelle regioni del Nord-Ovest. Anche in questo caso la Lombardia è la regione in cui si è costituito il maggior numero di startup, il 31,9% del totale, seguita dal Piemonte (15,2%) e dal Lazio (8,1%). In termini di età i dati indicano come solo il 12% di esse aveva più di 3 anni nel 2016. Più del 90% si sono costituite sotto forma di S.r.l.
Per quanto riguarda il settore di attività, circa il 40% delle startup opera in servizi di informazione e comunicazione, mentre il secondo settore più rappresentato è legato ad attività professionali, scientifiche e tecniche (25,8%).
Per finire, in termini di fatturato medio, quello delle startup a significativo impatto sociale, rispetto a quelle che non lo sono, è di poco inferiore (123 mila euro contro i 127 mila della controparte), tuttavia il numero di dipendenti medio risulta essere più elevato (2,6 contro 1,7).
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