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XXI Rapporto INPS su previdenza e lavoro: quale futuro per le pensioni?

L’Italia del post-Covid si risveglia con un tasso di occupazione record al 60% e senza l’ondata di licenziamenti temuta, ma più povera. La crisi ha, infatti, lasciato strappi vistosi nella distribuzione dei redditi lavorativi, ecco perché “occorre ripensare il contratto sociale” – con queste parole il Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, ha presentato alla Camera lo scorso 11 luglio il XXI Rapporto annuale INPS, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Rapporto INPS sul mercato del lavoro: qualche dato relativo all’anno 2021-22

Sebbene la crisi Covid sia stata riassorbita, grazie al sostegno pubblico per 60 miliardi a 15,7 milioni di italiani ed evitando una riduzione dei redditi del 55% maggiore, in Italia il fenomeno della povertà lavorativa continua ad essere marcato. I dati del Rapporto annuale INPS riportano che il 28% dei lavoratori (ovvero oltre 4,3 milioni) ha una retribuzione al di sotto di 9 euro lordi l’ora e quasi un lavoratore su tre guadagna tutt’ora meno di mille euro al mese, considerando anche i part-time. Il 23% dei lavoratori ha uno stipendio inferiore a 780 euro mensili (la soglia del Reddito di cittadinanza).

Nonostante nel 2021 si siano registrate più persone sul mercato del lavoro rispetto al 2020 (25,7 milioni), molti dei nuovi lavoratori immessi sono stati impiegati per un numero ridotto di ore e con una retribuzione che non permette ai singoli di vivere dignitosamente. Negli ultimi 15 anni, infatti, la metà più povera degli occupati ha perso quote di reddito tra il 2005 e 2020, mentre l’85% ha sperimentato una crescita reddituale. Questa forte polarizzazione, secondo il Presidente dell’INPS, è dovuta al moltiplicarsi delle forme contrattuali: “Oggi abbiamo 1.011 forme contrattuali: troppe e spesso non rappresentative”, osserva Tridico. 

Rapporto INPS sul mercato del lavoro: i dati sul lavoro femminile e il divario di genere

Un altro aspetto che è emerso dalla Relazione annuale INPS è quello relativo alla disuguaglianza dei redditi che attraversa tutte le dimensioni di età, cittadinanza e territorio, ma soprattutto di genere. Basti pensare che nel 2021 la retribuzione media delle donne risultava pari a 20.415 euro, sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti e inferiore del 25% rispetto alla corrispondente media maschile; inoltre, la percentuale di part-time è al 46% tra le donne contro il 18% tra gli uomini ed una parte prevalente di questo part-time è considerato involontario.

Le differenze di genere si percepiscono anche sul fronte pensioni. Sebbene le donne rappresentino il 52% sul totale dei pensionati, percepiscono solo il 44% dei redditi pensionistici; inoltre, l’importo medio mensile dei redditi percepiti dagli uomini è di 1.884 euro lordi, mentre quello delle donne è pari a 1.374 euro (il 37% inferiore a quello degli uomini).

Rapporto INPS sul mercato del lavoro: il futuro previdenziale per la Gen X

Un’ulteriore ragione che induce a preoccuparsi del fenomeno della povertà lavorativa di oggi è il fatto che chi è povero lavorativamente oggi sarà un povero “pensionisticamente” domani. Nel 2021 i pensionati con redditi da pensione inferiori a 1.000 euro al mese erano il 32% del totale, pari a circa 5 milioni di persone. Nel suo Rapporto annuale, l’INPS arriva ad ipotizzare anche il futuro previdenziale della Generazione X (i nati tra il 1965 e il 1980), sottolineando che i più giovani dovranno lavorare in media tre anni in più rispetto ai più anziani.

L’aumento dell’inflazione nel 2022, con una crescita dei prezzi che a fine anno potrebbe assestarsi sull’8%, potrebbe pesare sulla spesa per pensioni dell’INPS nel 2023 per circa 24 miliardi. L’INPS ha aggiunto inoltre che, sulla base dei dati al primo gennaio 2020 (quindi senza calcolare lo shock della pandemia e della guerra in Ucraina), il disavanzo patrimoniale dell’Istituto potrebbe arrivare a 92 miliardi nel 2029.

Rapporto INPS sul mercato del lavoro: le misure del Governo per il sostegno dei redditi e la lotta all’inflazione

“Per l’equilibrio del sistema previdenziale, occorre garantire la sostenibilità della spesa ma anche l’allargamento della base contributiva sia in termini di recupero del sommerso che di incremento della massa retributiva per i lavoratori regolari. Occorre, quindi, cercare di introdurre correttivi che portino ad una ricomposizione della prestazione lavorativa, definendo delle griglie di regimi d’orario che aiutino le persone a conseguire un reddito dignitoso”, afferma il Presidente dell’INPS, Tridico.

A tal proposito le misure intraprese dal Governo per il sostegno dei redditi, a fronte dell’aumento dell’inflazione, sembrano andare nella giusta direzione per non innescare una spirale inflazionistica, intervenendo a sostegno dei redditi (soprattutto quelli medio-bassi). In questa direzione sono stati stanziati, ad esempio, i bonus sociali e l’indennità INPS di 200 euro prevista nel Decreto Aiuti rivolta a circa 31 milioni di utenti tra lavoratori, pensionati e disoccupati. L’obiettivo finale è, quindi, quello dimettere in moto una crescita economica per creare un sistema di Welfare statale maggiormente produttivo e, soprattutto, meglio retribuito.