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Intelligenza artificiale, +13mila miliardi sul Pil globale nel 2030

Una ricerca fotografa l’evoluzione del mondo del lavoro con le tecnologie AI in un intervallo temporale di 12 anni

Una crescita poderosa, modificando ma non riducendo il lavoro. Questo è l’effetto che genererà l’adozione diffusa delle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. Portando il Pil globale a un aumento di 13mila miliardi di dollari entro il 2030, con un ritmo del +1,2% medio all’anno. Lo comunica il nuovo report “Notes from the frontier: modeling the impact of Ai on the world economy” realizzato da McKinsey Global Institute. La ricerca ha preso in considerazione nello specifico computer vision, linguaggio naturale, assistenti virtuali, processi robotizzati e machine learning avanzato.

Secondo lo studio l’adozione dell’intelligenza artificiale da parte delle imprese potrebbe inizialmente essere lenta, a causa dei costi di transizione e implementazione, per poi accelerare dopo il 2025. Nel 2030, infatti, il contributo dell’AI alla crescita potrebbe essere più di tre volte superiore rispetto a quello degli anni precedenti al 2025. Quanto alla predisposizione delle aziende, il 70% di quelle analizzate adotterebbe almeno una tecnologia AI entro il 2030. Mentre meno del 50% delle grandi aziende assorbirà l’intera gamma di tecnologie AI entro il 2030.

L’intelligenza artificiale è destinata a diffondersi con più rapidità nei Paesi a economia avanzata, che potrebbero ottenere una crescita economica aggiuntiva pari al 20-25% rispetto a oggi. Mentre le economie emergenti potrebbero catturarne solo la metà. L’importante, per assicurarsi questi volumi di crescita, è che i Paesi più tecnologicamente avanzati mantengano un approccio aperto. Quelli in via di sviluppo, invece, possono comunque coglierne il potenziale economico se si impegnano fin da subito nell’adozione dei fattori abilitanti.

Secondo i dati di McKinsey chi adotterà “completamente” le tecnologie AI nei prossimi cinque anni potrebbe potenzialmente raddoppiare il proprio flusso di cassa entro il 2030. Si tratterebbe di imprese che partono già da una solida base digitale, una maggiore propensione a investire in intelligenza artificiale e opinioni positive sui casi d’uso dell’AI. Chi invece rimarrà nelle retrovie potrebbe subire un calo vicino al 20% del flusso di cassa rispetto ai livelli attuali.

“Entro il 2030, alcuni lavori saranno meno richiesti e altri nasceranno, e il conto tra ciò che andrà perso e ciò che si guadagnerà risulterà pressoché neutro – spiega McKinsey – La sfida principale sarà gestire ‘lo skill shift’. la quota dei lavori non ripetitivi e che richiedono competenze digitali elevate potrebbe passare dal 40 a oltre il 50 percento del totale degli impieghi del mercato. I lavori caratterizzati da ripetitività e attività che richiedono competenze digitali ridotte, invece, potrebbero diminuire dal 40 al 30 percento”.

Circa il 13% della massa salariale totale potrebbe passare a coloro che svolgono compiti che richiedono abilità digitali non ripetitive e di alto livello. Mentre i lavoratori che svolgono attività ripetitive e a bassa digitalizzazione potrebbero sperimentare una stagnazione delle retribuzioni. La classe dirigente avrà un ruolo determinante poiché dovrà impegnarsi per garantire lavoro e produttività, favorendo l’avvento dell’AI mentre si affrontano le incognite della transizione.