Una tendenza negativa motivata dal basso livello di educazione finanziaria in Italia
Gli italiani vogliono certezze quando investono, ma non cercano consulenze di esperti in materia. Solo il 37% invocherebbe un aiuto professionale nella pianificazione dellʼaccumulo, nella composizione e nella pianificazione del decumulo della ricchezza. Anche questa è una delle conseguenze negative della scarsa educazione finanziaria, di cui avevamo parlato qualche giorno fa. Con potenziali investitori sul mercato che non conoscono, ad esempio, concetti base come quello della diversificazione (1 su 2 ha ammesso di non comprenderne l’utilità). A rivelarlo l’indagine sul risparmio condotta dal Centro Einaudi e lntesa Sanpaolo.
Tutto questo si traduce in una sottostima del valore della consulenza finanziaria. “Oltre un terzo degli intervistati, infine, non sarebbe disposto a spendere nulla per il servizio di
consulenza – evidenzia l’indagine – la maggioranza (52,9 per cento) pagherebbe al più 100 euro”.
“Tra coloro che ritengono anche solo genericamente utile fare ricorso a un aiuto professionale, più della metà (55,6%) reputano che tale aiuto possa venire dalla propria banca o dalla propria assicurazione – afferma la ricerca -circa due quinti da un operatore privato indipendente (20,9%) o misto, come un patronato o un CAF (22,1%). Lʼ83,8% gradirebbe un incontro privato con un professionista per discutere la propria situazione patrimoniale, mentre il 16,2% preferirebbe partecipare a seminari collettivi“.
“A partire dai primi anni della crisi – prosegue lo studio – la lettura costante della psicologia dellʼinvestitore medio ha fornito un dato chiarissimo: la sicurezza è, di gran lunga, il suo principale obiettivo e lʼincertezza dei risultati di nuovi investimenti è la sua maggiore preoccupazione”.