L’ammontare supera i 6mila miliardi $
I titoli tossici in Italia si attestano a 6656,9 miliardi di dollari: una cifra mostruosa, il triplo su per giù di debito pubblico e Pil del nostro Paese. A rivelare i dati di fine 2018 è Bankitalia, basatasi su un’indagine effettuata dal Committee on the Global Financial System (CGFS). In particolare, nelle nostre banche sono presenti sottostanti (azioni, obbligazioni, e titoli) su cui si basano derivati finanziari “over the counter” (ossia al di fuori dei mercati regolamentati). L’analisi dei dati emerge da un report di Truenumbers.
Importante sottolineare che la cifra di 6mila miliardi si riferisce al totale dei titoli sottostanti, il cui valore può variare in base al loro andamento. Ma se si vuole capire il valore nominale dei derivati venduti in Italia bisogna sommare sia i derivati in senso stretto che i Cds (di cui si parla più avanti) e il risultato è di 1667 miliardi . In pratica questa è la somma di denaro che è stata investita in strumenti cosiddetti “tossici”.
Gran parte dei derivati in Italia, l’85,9%, è sui tassi d’interesse. In sostanza, una sorta di assicurazione contro le eccessive oscillazioni dei tassi, sia per la banca che per le imprese. Il derivato in cui è incluso questo contratto poi può essere venduto dalla banca a un investitore terzo che, in un certo senso, “scommette” su quanto il contratto sottostante potrà rendere. Altri derivati in Italia hanno come sottostante dei contratti che riguardano l’andamento di azioni, cambi o prezzi delle merci.
Anche qui sono spesso assicurazioni che permettono di tutelarsi contro l’eccessiva oscillazione del mercato. In caso di aumenti o cali sotto una certa soglia, si riceve in cambio del denaro. Chiaramente diventa anche uno strumento speculativo per cui l’investitore acquista i derivati non perché abbia alcun interesse nel contratto sottostante, ma magari solo perché pensa che il valore salga o diminuisca nel tempo. Di conseguenza c’è il pericolo che un sottostante vada a zero, e con esso il derivato. È accaduto con le azioni di Lehman Brothers, che hanno trascinato i derivati posseduti da tanti investitori, magari inconsapevoli che nel loro prodotto ci fossero azioni dell’azienda fallita.