Dieci giorni fa sul mercato interbancario serpeggiava un forte timore verso le banche spagnole che avevano fatto richieste di finanziamento alla Bce per oltre 80 miliardi. L’emergenza sembra rientrata, ma il problema è tutt’altro che risolto. Il fatto è che gli istituti iberici, soprattutto quelli con business prevalentemente concentrato sul mercato domestico, hanno attivi sostanzialmente bloccati e illiquidi in quantità, in primo luogo nell’immobiliare. Ma il rischio che ora sta emergendo riguarda anche i depositi ordinari della clientela.
I soldi scarseggiano per tutti e i depositi si assottigliano anche perché non è che in Spagna, già prima della crisi, i risparmi delle famiglie si accumulassero in quantità sui conti correnti. Gli attivi che non girano sono quindi un problema e, se la raccolta che dovrebbe finanziarli scarseggia, è ancora peggio. Al contrario delle banche italiane, per le quali l’essere concentrate sul retail domestico e sull’attività con le famiglie è stata l’ancora di salvezza, per le spagnole il discorso è quasi opposto; tant’è che, per ora, soffre meno il Banco Santander, che è forte in Brasile, rispetto alle altre.
Parte della liquidità, inoltre, le banche spagnole la devono dirottare verso le emissioni di Bonos per sostenere le aste di titoli pubblici, che sono sì andate bene, ma con tassi in crescita. Quali le previsioni per il breve-medio periodo? In assenza di sostegni particolari dal fronte Europa, inutile farsi troppe illusioni: con la disoccupazione in aumento e il calo dei redditi delle famiglie, è probabile che la liquidità del mercato interno sia sempre più scarsa e la tensione sia destinata a durare.