Gli investitori sono spesso alla ricerca di eccezionali occasioni sul mercato, trascurando invece un attento processo di pianificazione finanziaria globale ed integrata. Pianificare il proprio patrimonio significa che l’investitore non reagisce emotivamente alle oscillazioni dei mercati finanziari ma considera in che misura le proprie scelte di investimento siano compatibili con i propri obiettivi finanziari complessivi.
Credo che ogni investimento non sia un atto banale ma estremamente complesso, e richieda una strategia integrata ovvero un processo di asset allocation strategica.
L’asset allocation è il processo tramite il quale si definisce una strategia per ripartire le proprie attività finanziarie tra differenti “asset classes”, cioè insiemi molto ampi di strumenti finanziari caratterizzati da una componente di rischio di mercato o sistemico (ogni classe di investimento reagisce diversamente alle variazioni che intervengono sul mercato o nello scenario macroeconomico) e una componente di rischio specifico “diversificabile” (direttamente correlata alle dinamiche interne dell’azienda, settore o paese).
Con il termine “asset class” si possono intendere quattro macro-categorie:
· Money Market
· Bond Market
· Equity Market
· Alternative Market
Il se, come, quando, e con che frequenza muoversi nei mercati finanziari rappresentano in ogni modo domande a cui diventa difficile dare una risposta univoca, si rammenta che il processo strategico di asset allocation non è standardizzabile; non è un caso che sovente si rilevino in autoanalisi errori nelle scelte d’investimento, intendendo per tale la selezione del titolo giusto (stock picking) o il momento di ingresso o di uscita (market timing) per non parlare dello strumento più appropriato e della frequenza con cui si apportano i dovuti ribilanciamenti tattici di portafoglio.
Diversi studi dimostrano che i principali motivi di errori sono stati individuati nella eccessiva fiducia in sé stessi (overconfidence), nella tendenza a non ammettere i propri errori e nella tendenza ad attribuire un significato eccessivo all’informazione più recente.
Volendo sintetizzare con una battuta si riporta la volutamente paradossale risposta che l’arguto Oscar Wilde dette alla dogana di New York alla richiesta di documenti: “I have nothing to decleare but my genius” (“non ho niente da dichiarare se non il mio genio”). Trasponendo in termini di risparmio e spostandoci geograficamente nei confini del BelPaese il discorso non è differente: si è mossi troppo spesso dall’emotività e da una sorta di “delirio di onnipotenza” con risultati deludenti.
Le idee sono “poche e confuse”: basti pensare che secondo un rapporto Bnl/Einaudi l’obiettivo degli investimenti anziché essere stabile cambia nel tempo in funzione dell’andamento dei mercati; solo una piccola percentuale (il 12,7%) di investitori individua in maniera corretta l’obiettivo dei propri investimenti nella ricerca del rendimento più elevato per il grado di rischio associato all’investimento.
Ma allora quale è la soluzione? Il suggerimento può essere quello di affrontare il “problema dell’investimento” in maniera oserei dire, mi si perdoni l’ardire, “scientifica”, con un bagaglio conoscitivo di base e soprattutto, un metodo. La pianificazione finanziaria globale e integrata, intesa come la ricerca di soluzioni a problemi e l’erogazione di servizi a protezione del patrimonio di famiglia potremmo paragonarla all’organizzazione di un viaggio.
Come impostare il percorso? Cinque sembrano essere i momenti fondamentali:
· raccolta ed elaborazione delle informazioni della Famiglia Cliente.
· lo start-up, identificabile con un processo di asset allocation strategica;
· condivisione dell’asset allocation strategica con il Cliente coerentemente con il consensus del mercato sulle aspettative future;
· analisi del rischio globale del portafoglio proposto coerentemente al budget di rischio del cliente;
· analisi del rendimento prospettico del portafoglio;
Massimo Lumiera