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Consulenza Patrimoniale

La via della consapevolezza imprenditoriale

Il tema della consapevolezza imprenditoriale è importantissimo, tanto per i consulenti quanto per chi fa impresa.

L’esigenza di un nuovo approccio più consapevole e trasversale, permette di poter lavorare con serenità anche in un’ottica di lungo periodo. Prendere in considerazione nuovi schemi imprenditoriali, più adatti all’evoluzione del mercato di riferimento. E valutare seriamente di riporre i vecchi modelli, anche se si sono rivelati vincenti in passato.

Perché bisogna sempre guardare avanti e il futuro è per sua stessa definizione sinonimo di cambiamento. Un punto d’inizio importante da cui l’imprenditore può ripartire per garantire un domani più sicuro alla sua azienda.

Oggi appare sempre più evidente quanto l’evoluzione prossima ventura della consulenza finanziaria sia una consulenza patrimoniale a trecentosessanta gradi.

Conseguentemente il cliente target previsto da questa evoluzione è l’imprenditore e le sue problematiche nel fare impresa.

Proprio a favore dell’imprenditore e del suo consulente patrimoniale ho quindi scritto il libro “Spunti(ni) di consapevolezza imprenditoriale”.
Oggi infatti nella pratica professionale quotidiana, incontro sempre più imprenditori frustrati e schiavi della propria azienda.

Le cause di questa frustrazione sono molteplici:
1. Il problema del passaggio generazionale
2. La redditività che è sempre troppo poca.
3. La marginalità caratteristica che si contrae sempre di più.
4. La riduzione o la stagnazione del fatturato a causa della concorrenza.
5. La mancanza di controllo.
6. L’incapacità e l’illogicità dei propri dipendenti, fornitori, clienti, finanziatori.
7. Il fallimento di ogni precedente tentata soluzione.

Purtroppo però la consulenza ha il difetto, per desiderio di velocità e di specificità, di tentare di risolvere un singolo problema in modo a sé stante quando invece tali problematiche sono strettamente interconnesse l’una con l’altra.

Ecco quindi che serve un nuovo approccio consulenziale in modo da consentire all’imprenditore un nuovo approccio al fare impresa: un approccio consapevole, trasversale, di lungo periodo.

La divulgazione di questo nuovo approccio è lo scopo del libro: offrire una visione di più ampio respiro rimanendo nella semplicità per non ammorbare inutilmente con le tecnicità. Infatti primariamente è fondamentale avere una consapevolezza d’insieme prima ancora di entrare nel “verticalismo” delle singole tematiche.

Ecco quindi che il libro parte proprio dallo scardinare alcuni errati stereotipi:
• del contesto attuale di riferimento;
• dell’imprenditore;
• dell’impresa.

Ciò ha il pregio di iniziare a poter mettere in discussione il leitmotiv “abbiamo sempre fatto così”. Infatti più i passati schemi imprenditoriali si sono rivelati vincenti e più è difficile romperli anche se oggi non consentono di reagire alle mutazioni del mercato di riferimento. Infatti, proprio per il fatto che questi schemi si erano rivelati vincenti, questa sorta di omeostasi imprenditoriale rischia oggi di divenire disfunzionale prima e patologica poi portando addirittura al fallimento dell’impresa stessa.

Una volta introdotta questa necessità di entropia, di cambiamento, ecco che si può accompagnare l’imprenditore a riscoprire i corretti principi identificati dall’approccio effettuale d’impresa.

Io li ho identificati nei seguenti cinque:
• Il bridge;
• La rete di salvataggio;
• Il mosaico;
• Il Judo;
• Tori.

Il primo principio introduce il concetto per cui per modificare lo schema imprenditoriale è bene introdurre il più piccolo cambiamento accettabile dal sistema. Una serie di piccolissimi cambiamenti, nel corso di un tempo breve, genererà in modo efficace e pressoché impercettibile un cambiamento radicale.

Il principio della rete di salvataggio invece è importante per riscoprire come poter innovare il proprio modello di business rischiando il meno possibile in modo da poter dedicare le giuste risorse (tempo, energia e finanza) al progetto di cambiamento.

Il principio del mosaico invece aiuta l’imprenditore a comprendere quanto le risorse ed i risultati del fare impresa dipendono dall’insieme dei cosiddetti soggetti interessabili: familiari, dipendenti, clienti, finanziatori, fornitori, società di riferimento. Ognuno di loro rappresenta una tessera dell’intero progetto ed in quanto tale necessita di adeguata attenzione.

Avendo praticato judo per tredici anni a livello agonistico ho imparato che la Via della Cedevolezza ben può essere applicata al fare impresa, anzi: è fondamentale. Infatti avere la corretta percezione dei mutamenti del mercato di riferimento e correggere i propri processi/prodotti/servizi in funzione di essi consente di difendersi meglio e di cogliere per primi le nuove opportunità che possono originarsi dalle variabili esterne.

Infine, nel judo la figura di Tori è colui che proietta. In sostanza colui che non subisce l’avversario (che per l’impresa è il mercato) bensì lo plasma a sua immagine e somiglianza. Tori consente all’imprenditore di comprendere quanto la proattività della sua impresa può fare la differenza fra il successo e la mera sopravvivenza.

In sostanza, l’insieme di questi principi fa riscoprire l’importanza del fare impresa.

Infatti l’imprenditore ha un effetto benefico nei confronti di una molteplicità di soggetti incredibile: se stesso ed i suoi familiari, i suoi dipendenti e le loro famiglie, i suoi clienti, i suoi fornitori ed il suo contesto sociale di riferimento.

Riuscire a rivedere la propria impresa come realizzazione di sé stesso, del proprio pieno potenziale e del suo sogno individuale.

Ma c’è bisogno di tutti e proprio l’attenzione verso tutti gli altri soggetti consente di poter soddisfare anche i bisogni propri di questi ultimi. Conseguentemente, se pur è vero che fare impresa con la complessità di oggi è degno di una delle imprese eroiche greche e latine, è altrettanto vero che fare impresa consapevolmente ha un impatto sociale incredibile.
Questa nuova iniziale consapevolezza consente di riacquisire il necessario entusiasmo grazie alla riscoperta del proprio sogno e della propria funzione ed importanza. E questa consapevolezza va ad impattare utilmente tutti i soggetti coinvolti e contribuisce appunto a co-creare il proprio contesto di riferimento.

A questo punto quindi si può ben comprendere come i tanto desiderati numeri di bilancio sono la rappresentazione contabile della qualità delle relazioni interpersonali e la qualità di queste ultime è funzione diretta del livello di consapevolezza individuale. In questo modo quindi tutte le tessere del mosaico concorrono positivamente a formare il bellissimo quadro completo.

Dopodiché, una volta compreso come la consapevolezza individuale e le relazioni interpersonali impattino sui numeri di bilancio, ecco che diventa ancora più facile leggere il bilancio in modo consapevole. Comprendere le logiche principali della partita doppia, le connessioni fra le fonti di capitale necessarie agli investimenti imprenditoriali, nonché quanto la leva caratteristica sia primaria rispetto alla leva finanziaria ed alla leva fiscale.

Mantenendo il livello di analisi del bilancio sui principi prima identificati, ecco che diventa finalmente chiaro quanto sia necessaria una riorganizzazione imprenditoriale volta ad ottimizzare i costi caratteristici e quelli finanziari e fiscali più che non a ridurli pedissequamente. Ottimizzarli vuol dire semplicemente che devono essere affrontati solo nel caso in cui l’utilità da questi prodotti sia superiore al loro costo.

Questa logica così semplice determina due considerazioni importantissime: i) evitare “commistioni” patrimoniali fra impresa e famiglia imprenditoriale; ii) migliorare il modello di business nel suo complesso: leva caratteristica, finanziaria e fiscale.

Ecco quindi che l’imprenditore può finalmente comprendere quanto sia importante la sua visione strategica relativa al modello di business nonché i cinque paradigmi imprenditoriali e le criticità/utilità conseguenti.

Infatti ho identificato i seguenti paradigmi:
1. Fare;
2. Monitorare;
3. Pianificare;
4. Strategia;
5. Consapevolezza.

Purtroppo la maggior parte degli imprenditori è schiava del primo paradigma: fare fatturato a prescindere da ogni considerazione convinti che più ore si lavorano e più fatturato si origina senza considerarne la marginalità. Questo paradigma può andare sufficientemente bene e non generare frustrazioni solo nel momento storico in cui è il mercato a trainare, quando la domanda del prodotto/servizio è superiore all’offerta della propria impresa e dei suoi concorrenti. È un paradigma fatto di urgenze, molte delle quali sono urgenze altrui e non proprie.

Il primo passo da fare in questo percorso di cambiamento è riuscire a comprendere l’importanza del monitoraggio. In questo paradigma l’utilità riscontrabile è quella di non rischiare di subire il classico “fulmine a ciel sereno” come capita quando, in sede di chiusura di esercizio, viene fatta una stampa del cosiddetto bilancino e si scopre di essere in perdita di centoventimila euro. A questo punto però siamo quattro/sei mesi in ritardo rispetto alla data di fine anno e probabilmente la situazione ormai è già problematica. Monitorare consente di avere consapevolezza della propria storicità e di come le storiche scelte imprenditoriali hanno impattato sui numeri di bilancio.

Il terzo paradigma è quello della pianificazione. Avendo compreso la storicità della propria impresa, le variabili chiave e le scelte strategiche, ecco che si può iniziare a testare l’utilità della pianificazione. Già elaborare un budget contabile ad un anno e tenerlo monitorato mensilmente in tempo reale consente di poter accorgersi di mutamenti nelle variabili chiave, negative o positive, per difendersi prima e meglio oppure per cogliere in tempo reale opportunità altrimenti nascoste.

Il penultimo paradigma è quello della strategia. Approcciare alla strategia di impresa è fondamentale per poter passare da un orizzonte temporale di breve termine ad un orizzonte di lungo periodo. Scopo dell’impresa infatti è la creazione di valore aggiunto sistemico proprio di lungo termine. Solo avendo in mente questo focus si possono evitare comportamenti distorti o errati del fare impresa.

Gli strumenti per la strategia d’impresa sono moltissimi, nel libro ne ho evidenziati alcuni sottolineando in piccolissimi flash il valore aggiunto:

1. Swot analisys
2. Porter analisys
3. Business Model Canvas
4. Strategic Business Plan
5. Blue Ocean Strategy
6. Costituzione d’Impresa e Dichiarazione d’Intenti

Inutile, a mio parere, fare i fanatici di uno strumento piuttosto che un altro. Ognuno di loro ha i suoi pro ed i suoi contro. Conoscerli consente proprio di poter accogliere tutti i pro senza farsi disorientare dai contro. Nel libro offro qualche piccolo flash per ognuno di loro, senza nessunissima pretesa di esaustività ma per il fine di “stimolare” la curiosità: virtù fondamentale per il fare impresa consapevolmente.

Infine, il paradigma da me teorizzato è quello della “Impresa Consapevole”. In questa fase l’impresa ha una sufficiente consapevolezza di sé, della sua strategia, della sua struttura (beni, processi e persone), della sua implementazione quotidiana. Ciò consente di affrontare con serenità anche le situazioni più complesse senza rischiare di doversi rinnegare, generando frustrazione, bensì rimanendo integra rispetto ai suoi specifici principi imprenditoriali.

Nell’approccio consapevole, di fondamentale importanza è proprio l’implementazione pratica e quotidiana della teoria strategica predeterminata preventivamente a tavolino. Pensiero ed azione, teoria e pratica, strategia ed implementazione devono essere sempre perseguite nell’ottica di un equilibrio dinamico ottimale. La troppa rigidità, come evidenziato anche all’inizio di questo articolo, determinerebbe una omeostasi disfunzionale.

Nell’implementazione sono fondamentali le seguenti tematiche:
1. Persone;
2. Relazioni;
3. Processi;
4. Numeri di impresa;
5. Problem solving proattivo;
6. Perseveranza;
7. Riunioni effettive.

La consapevolezza operativa di queste sette tematiche consente di superare le frustrazioni identificate in premessa.
Infatti sostengo da sempre che se un piano ha il potere di trasformare un mero sogno in un effettivo obiettivo, solo la sua implementazione può trasformare questo obiettivo in un risultato tangibile.

Fra l’altro, quando si parla di processi in dottrina vi è un’accesa discussione circa l’individuazione di quello che effettivamente determina il successo dell’impresa: commerciale o produttivo. Ebbene, a mio personale modo di vedere, questa diatriba poco conta. Ogni processo è fondamentale in quanto avere un processo commerciale strepitoso ma non supportato degnamente dal processo produttivo od amministrativo, non genererebbe alcun valore aggiunto. Ognuno di questi tre processi è fondamentale ma ancora di più sono fondamentali le persone che mettono in pratica questi processi: persona al centro dunque!

Ovviamente non sono l’unico a pensarla in questo modo: gli autori di Blue Ocean (Kim-Maubourgne) hanno dovuto scrivere un nuovo libro proprio dedicato al processo di implementazione di una strategia oceano blu che hanno denominato “Blue Ocean Shift” in cui pongono l’accento sul concetto di Humanness e sull’importanza delle persone per la realizzazione di un processo di cambiamento.

In America invece un approccio similare all’attenzione alla persona nel fare impresa è perseguito dal cosiddetto “Conscious Business”, ideato da Fred Kofman.

Questo solo per evidenziare quanto il rimettere al centro la persona sia ritenuto di fondamentale importanza ad ogni latitudine.
Compreso quanto questo aspetto sia importante, ecco che la domanda nasce spontanea: ma come faccio a rimettere la persona al centro del progetto imprenditoriale in modo sostanziale e non semplicemente a parole?

Nel libro cerco quindi di dare una panoramica completa di queste modalità. Più si riesce a far crescere la consapevolezza individuale in tutte le persone che appartengono all’impresa, più esse comprendono a pieno il loro ruolo, si sentono coinvolte, si sentono responsabili e quindi realizzate nel fare ciò che fanno.
Generalmente si dice che non sia (solo) il livello di stipendio a mantenere all’interno dell’impresa le persone brillanti quanto piuttosto il livello di senso di appartenenza e di coinvolgimento al progetto imprenditoriale e ciò ad ogni ruolo.

Per generare consapevolezza individuale nei dipendenti d’impresa, ho ideato un percorso ad hoc che si compone di 10 step susseguenti. Ciò al fine di originare consapevolezza di sé, del proprio status attuale per poi identificare la propria destinazione e, di conseguenza, il proprio percorso di miglioramento ed il tempo necessario.

Più si è consapevoli e maggiormente le relazioni interpersonali di questa persona sono ottimali. Più le relazioni sono efficaci e più si rema tutti nella stessa direzione e l’impresa cresce sia in efficienza che in efficacia. Ma le relazioni sono importanti anche con l’esterno: clienti, fornitori, finanziatori, contesto sociale di riferimento.

Ecco quindi che conoscere le migliori modalità comunicative e relazionali consente di creare valore aggiunto proprio attraverso delle genuine interazioni che perseguono il soddisfacimento reciproco di lungo periodo.

Per avere un collegamento fra strategia d’impresa e la sua implementazione quotidiana, è opportuno poi creare il cosiddetto Consiglio di Direzione: l’insieme dei responsabili chiave dei vari processi imprenditoriali che determina la strategia e riesce a comunicarla e perseguirla effettivamente nella pratica quotidiana facendo da traino per tutti gli altri dipendenti. Questo ultimo aspetto può essere conseguito solo applicando un corretto processo di delega responsabilizzante al fine di far crescere i subalterni e, di conseguenza, l’intera azienda. Solo con una corretta condivisione strategica di lungo ma anche di breve termine si può infatti remare tutti nella stessa direzione.

Partendo quindi dalle persone e dalle relazioni ecco che quindi si può analizzare più correttamente la tematica dei processi aziendali riuscendo ad identificare tutte le cosiddette “L.O.R.I.”: Lacune, Ostacoli, Riorganizzazioni ed Impossibilità. Identificare le criticità aziendali suddividendole correttamente nelle “lori” consente di evitare di sprecare tempo ma soprattutto di ideare un progetto riorganizzativo solo una volta che si sia riscontrata la sua utilità e la sua realizzabilità.

I processi devono essere mantenuti semplici, si deve sempre ricercare il loro miglioramento, solo in funzione di esso la loro eventuale automatizzazione e tecnologizzazione. Avere chiaro i processi aziendali consente di sapere sempre cosa e dove controllare in tempo reale per monitorare l’attività di impresa. Mai dare più valore all’aspetto tecnologico rispetto all’aspetto del miglioramento qualitativo del processo in quanto non sempre le due cose vanno di pari passo. Investimenti tecnologici fine a se stessi, oltre a costare tanto, rischiano di diventare addirittura controproducenti.

Inoltre solo con l’identificazione del corretto procedurale, ad ogni livello, si genera quella chiarezza di ruolo per ogni dipendente in grado di generare in lui senso di appartenenza e di coinvolgimento.
Per avere una visione chiara della propria impresa, dopo aver approfondito le tematiche personali, relazionali e processuali, si possono meglio comprendere le funzioni di causalità che determinano i numeri dell’azienda. Il vantaggio è che riuscire ad identificare dei numeri target per ogni livello gerarchico consente di: i) capire quanto il singolo sia importante per l’insieme; ii) comprendere le interconnessioni fra un ruolo e l’altro; iii) avere chiara la responsabilità di ogni dipendente; iv) generare coinvolgimento nel dipendente; v) fissare dei criteri quantitativi ma anche qualitativi per la auto-valutazione del dipendente.

Infine, per non lasciare tutto quanto sulla mera carta, occorre affrontare adeguatamente le ultime tre tematiche: i) la necessità di un problem solving proattivo; ii) la necessità di perseveranza; iii) la gestione effettiva delle riunioni aziendali.

L’insieme di queste tre tematiche consente di ottimizzare: le relazioni umane, le interazioni fra i vari reparti dell’impresa, l’attenzione al mercato ed ai clienti (bisogni, mutamenti, criticità) prima dei propri concorrenti, di anticipare eventuali criticità interne all’impresa prima che diventino disfunzionali, il mantenimento del focus dei singoli reparti per i singoli timing prestabiliti garantendo l’efficienza necessaria alla marginalità di breve termine, migliorare l’efficacia delle riunioni per ottenere al contempo la marginalità di lungo termine.

Conseguentemente, la consapevolezza imprenditoriale riesce effettivamente a trasformare le frustrazioni in serenità: non risolvendo i singoli problemi, bensì proponendo un cambiamento d’approccio in grado di implementare nell’impresa quelle corrette abitudini in grado di azzerarle completamente o, quantomeno, di minimizzarle.

Infatti anche il problema del passaggio generazionale viene inquadrato in modo differente: i) non è un evento estemporaneo; ii) non è risolvibile in modo burocratico; iii) non è accantonabile, bensì i) è un processo; ii) deve esserci condivisione; iii) pone delle scelte di principio che, una volta prese, consentono di gestire questo processo come un mero “di cui” della vita aziendale.

Ma per questo aspetto e per gli approfondimenti sulle precedenti tematiche, vi rimando alla lettura del libro “Spunti(ni) di consapevolezza imprenditoriale”.