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Economia e Dintorni

Le strategie passate e future della Federal Reserve.

Bernanke, presidente della Federal Reserve guarda avanti. Il sistema inondato di liquidità, preoccupa gli economisti. Sarà la strategia giusta ?  

Q.E2 E VECCHIE E  STRATEGIE. Ogni volta che Ben Bernanke testimonia davanti al Congresso, il suo lavoro diventa sempre e paradossalmente più difficile. Purtroppo, il presidente della Fed oramai si trova inserito tra l’incudine e il martello, e deve difendere le drastiche misure che sta prendendo per sostenere la ripresa economica, negando qualsiasi preoccupazione che avrebbe potuto avere, affinché le sue parole aiutino i mercati e non aggravino i problemi che sono da affrontare nell’economia americana. E non sono pochi. Ma la natura estrema delle attuali azioni della Fed – la strategia di quantitative easing, che sancisce essenzialmente sia di stampare moneta per comprare titoli a lungo termine, sia di ridurre i tassi a lungo termine e inondare l’economia di liquidità – sta per tradire la dilagante preoccupazione di Bernanke.

Guardando indietro a un suo discorso in un seminario tenuto nel lontano 2002 – si può leggere l’intera serie di strategie che Bernanke ha utilizzato. Tuttavia nonostante circoscritto e positivo cerca di essere nel suo commento pubblico alla platea, le sue sono le azioni di chi crede che ci sia un rischio di cadere in recessione. E non è solo questo.  Il verbale recentemente rilasciato nella riunione di fine gennaio indica il consenso unanime di proseguire la strategia di QE2.

LE PREOCCUPAZIONI. Bernanke, sembra non risentire della spirale deflazionistica dei prezzi delle abitazioni, che potrebbe invertire il trend di fiducia dei consumatori americani, ne tantomeno  della ripresa lenta del mercato del lavoro, ne per ultimo della turbolenza geopolitica nel Nord Africa che ha riportato sui massimi degli ultimi 28 mesi il prezzo dell’oro nero. Bernanke crede o meglio resta convinto che i tassi debbano restare bassi ancora per un periodo prolungato di tempo e non si rende conto che oramai è deriso dai nuovi dirigenti della Casa Bianca  e dai loro sostenitori che si trovano in balia della scuola austriaca di economia, che rifiuta sia i teorici dell’economia keynesiana della sinistra sia i monetaristi della destra. Ancora più duri sono stati gli attacchi da parte della comunità internazionale.

IL PREMIO. Nei primi mesi della crisi finanziaria del 2008, la Fed è emersa come la migliore banca centrale del mondo, iniettando liquidità sia per le banche statunitensi sia per quelle  straniere per arginare il fallimento sistemico.
Ma poi Bernanke, essendo elogiato e decantato a destra e a manca è rimasto impiantato al 2008 mentre il resto del mondo ha affiliato le armi e ha cercato di attaccare l’economia americana ferma come l’immobile uomo della Fed. Squillante nella sua critica è stata la Cina, i cui leader e media hanno denigrato Bernanke e hanno chiesto alla Fed di rinunciare alle sue politiche per  rafforzare il dollaro.

LE CRITICHE. Pochi, però, negli Stati Uniti sembrano ricordare le turbolenze a fine 2008, quando Paulson chiese al Congresso di agire per salvare il sistema finanziario. Pochi sembrano ricordare le voci che tutti gli schieramenti politici e commentatori hanno emesso in silenzio di fronte alla paura reale e palpabile di un gigantesco collasso economico. Le proteste che Bernanke affronta in questi giorni sono la prova di quanto velocemente il successo nel prevenire una crisi maggiore ha generato amnesia collettiva in merito a tale esperienza nazionale di fallimento sistemico.