L’ultimo board della Commissione Europea in termini di politica monetaria ha ritenuto “prematuro un taglio dei tassi d’interesse” in questo momento, continuando a perseguire la politica di contrasto dell’inflazione, che si conferma in calo.
La mossa della BCE lascia quindi spazio ad una nuova stagione favorevole all’investimento in titoli di Stato?
Lo abbiamo chiesto a Maurizio Mazziero, Founder di Mazziero Reasearch, società di ricerca finanziaria indipendente.
L’analisi di Mazziero prende in considerazione la possibilità di ritornare alla tradizionale allocazione del portafoglio 60-40, con il 60% dedicato alle obbligazioni e il 40% alle azioni, dato l’attuale rendimento dei titoli decennali intorno al 3.8%. Nei prossimi mesi i tassi potrebbero rimanere fermi, scendere o, con una minore probabilità, salire: è importante valutare attentamente queste opzioni, assegnando probabilità e strategie di investimento. L’esperto suggerisce inoltre di monitorare le obbligazioni, valutando le opportunità di rendimento attraverso l’adeguamento della duration proprio in base alle prospettive sui tassi, prima che questi tornino a crescere. Si evidenziano inoltre opportunità significative anche nel mercato azionario e, in questo caso, i cambiamenti dei tassi possono influire sulla valutazione delle azioni.
Obbligazioni: da governative a corporate, quali strategie nel portafoglio?
Nel contesto di una strategia di investimento con un focus del 60% del portafoglio sulle obbligazioni, è essenziale bilanciare il peso tra titoli di Stato italiani, corporate bond e, eventualmente, altri titoli di Stato stranieri. La scelta dipende dalla propensione dell’investitore, dalla necessità di adattarsi alle sue preferenze e al suo profilo di rischio, pur sempre rispettando il criterio di diversificazione.
Considerando l’approccio pragmatico consulenziale, si suggerisce un’allocazione flessibile, dove il 20% del 60 totale assegnato alle obbligazioni possa essere dedicato a titoli di Stato italiani, suddivisi in diverse scadenze. Un’altra fetta, del 20-25% circa, potrebbe essere destinata ai corporate bond, ma la decisione sull’allocazione finale dipende dalla strategia di gestione degli investimenti adottata: se ci si orienta sulle singole emissioni, si consiglia di privilegiare aziende solide, preferibilmente appartenenti all’indice principale del mercato (come FTSE Mib).
D’altra parte, l’utilizzo di fondi o ETF può permettere una gestione più agevole e diversificata, anche assicurando l’inclusione di una quota di high yeld, con l’avvertenza che, pur comportando un rischio di default, all’interno di un portafoglio diversificato possono offrire rendimenti superiori, agendo come un elemento dinamico e stimolante per il portafoglio complessivo. In questo modo, l’investitore può ottenere rendimenti più sostenibili e diversificati rispetto ai tradizionali titoli di Stato.
Per la parte rimanente della quota di bond, è possibile considerare titoli di debito esteri ed eventualmente, altri bond governativi stranieri, magari con una piccola percentuale in valuta americana, che non presenta eccessivi rischi di cambio.
Azionario, occhi puntati sulle tensioni internazionali
Nel contesto attuale del mercato azionario, la politica estera e le relazioni internazionali svolgono un ruolo significativo: l’esperto evidenzia come, in questo momento il rischio geopolitico non incida significativamente, ma attribuisce alle instabilità mondiali rischi concreti che potrebbero mettere a dura prova le aziende. Il blocco temporaneo nel Mar Rosso, ad esempio, impatta direttamente sulla catena di approvvigionamento, sui tempi di consegna delle merci, sui relativi costi di trasporto e di conseguenza direttamente sulle aziende.
Le tensioni geopolitiche, come quelle legate alle incursioni nel Mar Rosso da parte degli Houthi, gruppo yemenita finanziato dall’Iran, potrebbero portare nel lungo periodo ad un nuovo aumento dei prezzi e creare conseguenze sulle prossime decisioni delle banche centrali; anche un’ eventuale protrarsi del blocco della navigazione nel canale di Suez potrebbe creare conseguenze non indifferenti, sia per l’economia egiziana, che per i Paesi limitrofi, aumentando inoltre il rischio di instabilità economica. Confartigianato, ad esempio, ha recentemente stimato che l’Italia perde ogni giorno 95 milioni di euro per l’attuale blocco del traffico navale.
Materie prime, nel mercato delle commodities spicca il rame
Parlando delle tendenze nelle commodities, il rame emerge come una possibile sorpresa nel 2024, nonostante attuali sfide legate ai timori di recessione e alle prestazioni meno brillanti della Cina. Altro elemento rilevante è l’oro, il cui prezzo rimane stabile sopra i $2000 grazie agli acquisti massicci delle banche centrali, nonostante la concorrenza negativa rappresentata dai rendimenti obbligazionari. L’argento, ormai considerato più come metallo industriale, che prezioso, potrebbe beneficiare se l’oro continuasse a mostrare forza.
La situazione geopolitica, evidenziata dalle recenti problematiche nel Mar Rosso, ha influito sull’andamento del petrolio, il quale, oltre alle incertezze in quella regione, presenta un’altra ragione per salire: il deficit di produzione rispetto alla domanda, causato dai tagli dell’OPEC. Anche se questa dinamica non è ancora pienamente riflessa nel mercato, le scorte di petrolio negli Stati Uniti sono ai minimi degli ultimi 5 anni.
Mazziero consiglia inoltre cautela sugli agricoli, tranne che per il frumento, e di evitare i tropicali già prezzati significativamente, come caffè e cacao. In questo scenario dinamico delle commodities, diventa quindi essenziale adottare una strategia ponderata per sfruttare le opportunità dei mercati.
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