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Finanza personale

Paesi emergenti: è prematuro parlare di minimi

 Per Maarten-Jan Bakkun, senior emerging market strategist di Ing Investment Management, è arrivato il momento di domandarsi se, dopo la recente correzione, i mercati emergenti non abbiano toccato i minimi. Il differenziale di crescita rispetto ai mercati sviluppati, infatti è sceso a soli 3 punti percentuali, lo stesso livello ritenuto normale fino al 2002.  Tra il 2002 e il 2010 il differenziale arrivava almeno ai sette punti percentuali.

Fino al 2002 appunto, le banche centrali in Europa e negli Stati Uniti avevano messo in atto politiche alquanto tradizionali. In aggiunta, la Cina non faceva ancora parte della World Trade Association (WTO), come del resto non rappresentava ancora l’attuale straordinario motore di crescita del mondo emergente, specialmente riguardo ai paesi produttori di commodity. Oggi, come nota l’esperto, con gli Usa che dovrebbero normalizzare la propria politica monetaria e la Cina chiaramente destinata a una crescita più lenta, è sensato confrontare l’attuale mondo emergente con quello precedente al 2002.   
 
Tanto più che oggi, in molti paesi in via di sviluppo il clima finanziario è peggiorato al punto tale che gli investimenti privati sono praticamente fermi, con una conseguente maggiore rigidità nel mercato del lavoro e la nascita di nuovi monopoli. Ulteriore risvolto è l’incremento del coinvolgimento dei governi, con deficit di budget strutturali e inflazione dovuti ai sussidi nel settore energetico e alimentare.

"La somma di questi fattori è una crescita sostanzialmente più lenta e una costante pressione sui mercati emergenti" commenta lo strategist secondo cui: "L’unica soluzione per ridare spinta ai mercati in via di sviluppo è l’applicazione delle riforme, ma per questo è necessaria una forte pressione, soprattutto nei paesi dove per il prossimo anno sono previste elezioni. Anche la recente instabilità dei mercati potrebbe essere decisiva, ma per il momento le riforme sono lontane. Per risvegliare le autorità dal loro torpore sarebbe necessaria una forza ancora maggiore, con deflussi di capitale, tassi d’interesse più alti e valute più deboli, ma fino ad allora è prematuro parlare di mercato sui minimi".