Intervista esclusiva a Pelanda, che ha commentato il veto posto da Mattarella e spiegato le idee sull’Ue condivise con Savona
“Io e Savona non siamo demolitori, siamo costruttori: le nostre ricerche propongono come riparare l’architettura economica dell’Ue“, queste le parole di Carlo Pelanda nell’intervista esclusiva concessa a ProfessioneFinanza. L’economista ha manifestato tutto il suo rammarico per il veto posto dal Quirinale all’amico e collega Paolo Savona sulla nomina al Ministero dell’Economia. Anche perché le teorie oggetto di discussione negli ultimi giorni sono quelle sviluppate dopo anni di studi e riassunte nei libri a firma congiunta “Sovranità & ricchezza” del 2001 e “Sovranità & fiducia” del 2005″. E i testi, piuttosto che parlare di abbandono della moneta unica, presentano soluzioni utili a migliorare le condizioni economiche degli Stati europei. Regole utilizzabili anche a livello globale.
Cosa ne pensa di quello che è avvenuto a Savona, conoscendolo e avendo lavorato a lungo con lui?
“Sono rimasto sconvolto perché è stato dipinto come un distruttore, anche lui è rimasto a occhi aperti. Probabilmente la sua figura è stata strumentalizzata, perché questa è una scelta politica esterna all’Italia imposta al Quirinale. Mattarella ha un po’ preso paura per questo intervento estero, non tedesco peraltro, e si è dimostrato inesperto nella circostanza. Si è trattato di un vero e proprio sabotaggio. Io e Savona siamo costruttori e non demolitori, proponiamo delle soluzioni per riparare una struttura che non si regge in piedi né a livello globale e né tanto meno a livello europeo. Peccato si sia parlato molto del piano b, praticamente solo teorico, che serviva più che altro a spingere Bruxelles verso un cambiamento delle regole e non all’uscita dall’euro”.
Lei e Savona, dunque, siete dei costruttori: quali interventi fareste per riparare la struttura dell’Ue?
“Nelle nostre ricerche, durate diversi anni e approfondite nei libri scritti insieme, abbiamo fatto due proposte: o si fa una confederazione europea quindi si crea un sistema di bilanciamento interno degli interessi solo nell’area monetaria; oppure con la struttura attuale bisogna rivedere il meccanismo delle regole europee affinché ogni nazione trovi un suo posto comodo dentro il sistema. Lo scopo è creare un’Europa più forte, perché adesso stanno scomodi tutti. E, ribadisco, proponiamo due strade: Europa confederale o politica economica che bilanci le differenze interne. L’ultima si ottiene permettendo a ogni nazione di trovare un suo modo per adattarsi alle regole dell’Ue e dell’euro, purché non sia un meccanismo di impoverimento come quello attuale”.
Le idee dei due professori, tuttavia, pare abbiano fatto breccia più all’estero che in Italia: “Fuori dal nostro Paese le proposte sono piaciute, nell’ambiente politico e burocratico italiano un po’ meno. Per certi aspetti non le hanno capite, per altri le hanno considerate troppo anticonformiste. Ma d’altronde noi due siamo dei ricercatori, dobbiamo cercare strade nuove da percorrere per innovare quello che c’è già”, ha concluso Pelanda. Una chiacchierata che ha offerto spunti molto interessanti e costruttivi: i principi di base delle loro ricerche sono parsi molto lontani da quello che facevano credere i toni del dibattito negli ultimi giorni. In fondo, sono teorie che cercano la soluzione a un problema tanto europeo quanto globale: trovare un punto di equilibrio e ridurre le disparità economiche.