Nel 2017, in Italia la raccolta di private debt è calata a 292 milioni, dai 574 milioni dell’anno prima, ma gli investimenti sono aumentati del 35% a 640,6 milioni
Prosegue l’espansione del mercato del private debt che, a livello globale, ha visto crescere i volumi, ma ha assistito a una polarizzazione del numero di operazioni, che sono calate. In termini di nuovi flussi, infatti, nei primi tre trimestri del 2017 la raccolta è stata pari a 30 miliardi, contro i 25 miliardi dello stesso periodo dell’anno precedente, ed è stata influenzata dall’andamento del mercato statunitense, che ha catalizzato la metà della raccolta complessiva, effettuata da un numero in calo di fondi.
In controtendenza l’Italia, dove la raccolta nell’intero 2017 è stata di 292 milioni di euro (il 95% da investitori istituzionali domestici e il 5% dall’estero), in calo dai 574 milioni dell’anno precedente, ma gli investimenti sono aumentati del 35% a 640,6 milioni. Lo si è appreso all’interno dell’Osservatorio Private Debt redatto da Aifi, in collaborazione con Deloitte, dal quale emerge poi che il capitale, nel 27% dei casi, è arrivato dalle banche, nel 24% dai fondi di fondi istituzionali (come quelli del Fondo italiano d’investimento che fa capo per la maggioranza alla Cassa depositi e prestiti) e nel 22% dalle assicurazioni.
“I fondi hanno terminato la raccolta e si dedicano agli investimenti”, ha spiegato Innocenzo Cipolletta, presidente Aifi, aggiungendo che lo strumento del private debt si è dimostrato estremamente utile per supportare lo sviluppo di tante aziende italiane che hanno necessità di capitali per la crescita e ricordando che l’anno scorso in Italia ci sono state 102 sottoscrizioni (+26%) distribuite su 82 target (+55%). “In questa fase è normale che ci sia una ciclicità molto forte, dove alla raccolta fanno seguito gli investimenti”, ha aggiunto Anna Gervasoni, direttore generale Aifi, spiegando che “il prossimo anno e mezzo sarà cruciale e bisognerà vedere cosa faranno gli investitori sul fronte della raccolta”.
Dal canto suo, Andrea Giovanelli, head of debt advisory services Deloitte, ha proseguito spiegando che anche il 2017 appare un anno di forte consolidamento del settore del private lending. “I volumi in Europa hanno continuato a crescere a ritmi sostenuti, e la complessità e la sofisticazione delle operazioni appare aumentare, allo scopo evidente di dare risposte sempre più vicine alle necessità delle aziende”, ha dichiarato Giovanelli, che poi ha concluso dicendo: La buona notizia è che i dati sul mercato italiano, non solo confermano la crescita generale sul mercato domestico, ma anche il progressivo recupero del gap rispetto agli altri principali mercati europei“.
Strumenti
Il 66% delle operazioni sono state sottoscrizioni di obbligazioni, mentre il 32% crediti e il 2% ha riguardato strumenti ibridi. Per quanto riguarda le obbligazioni, la durata media è poco superiore ai 6 anni mentre sulle dimensioni delle sottoscrizioni, il 90% dei casi ha riguardato operazioni con un taglio medio inferiore ai 10 milioni di euro. Si può notare, che circa la metà degli strumenti è quotato all’ExtraMot Pro.
Caratteristiche delle società target
A livello geografico, come anche accade nel settore del private equity e del venture capital, la maggior parte delle operazioni è concentrata nel nord d’Italia (73%) seguito dal centro Italia (16%); in coda troviamo il sud e le isole con l’11%.
A livello regionale, il maggior numero di target, 22, è presente in Lombardia (27%), seguita dal Trentino Alto Adige, 13 (16%), dove è attivo un veicolo focalizzato sul territorio; al terzo posto il Friuli Venezia-Giulia (8) per un peso pari al 10% del totale.
Con riferimento alle attività delle aziende target, il 28% opera nel settore dei beni e servizi industriali, il 16% nell’alimentare, e l’11 nell’Ict. Le imprese con meno di 50 milioni di euro di fatturato rappresentano il 55% del totale, rispetto al 45% di aziende con un fatturato maggiore