In una settimana povera di dati macroeconomici almeno per quel che riguarda la Zona Euro l’azionario del Vecchio Continente ha continuato ad essere “cappato” verso l’alto dalle preoccupazioni circa la crisi dei debiti sovrani (ultimi tagli degni di nota sono stati il declassamento del rating della Grecia da parte di Fitch a B+ e la rivisitazione dell’outlook del nostro Belpaese da parte di S&P da stabile a negativo) e i timori di un rallentamento dell’economia mondiale per forza di cose visti gli ambiziosi programmi di rientro della spesa pubblica varati da diversi governi, gli interventi in materia di politica monetaria restrittiva nell’area Asia – Pacifico e il raggiungimento del tetto legale del debito a stelle e strisce a causa del quale gli Stati Uniti rischiano il primo default della loro storia.
MERCATI. L’ottava appena trascorsa sui mercati è iniziata e finita con toni prudenti, ma ha mostrato una caparbia resistenza delle Borse a chiari segnali macro di debolezza del sistema. Lunedì i listini mondiali si sono fermati a riflettere sulla ristrutturazione del debito greco e hanno tenuto il fiato sospeso per l’improvvisa delegittimazione del Presidente dell’Fmi, Dominique Straus-Kahn. Però la decisione dei ministri delle finanze Ue all’Ecofin sul prestito al Portogallo e il rinvio della questione "Atene" sono bastati ad accantonare le preoccupazioni maggiori.
Alla maggior parte degli investitori non è sembrato ancora il momento per appuntamenti troppo impegnativi in agenda; a dir la verità, neppure per quelli che non si possono rimandare, dato che mercoledì e giovedì gli indici europei e americani sono saliti, sebbene dagli Usa siano arrivati solo dati deludenti: l’indice sull’attività dell’area Mid-Atlantic misurata dalla Fed di Philadelphia è crollato a meno di un quarto del valore (da 18,5 a 3,9 punti), nonostante l’aumento dei prezzi che incide sulla statistica; il mercato immobiliare ha mostrato ancora il fianco debole della ripresa, con le variazioni delle nuove costruzioni e dei permessi edilizi ripiombate sotto lo zero; il superindice economico, che sintetizza le previsioni per molti settori, è tornato negativo dopo quasi un anno.
Anche in Europa, il sondaggio dell’istituto tedesco Zew ha mostrato un miglioramento della situazione economica corrente, ma un peggioramento della parte relativa alle aspettative, sia per la Germania, sia per l’intera area euro. Quello che davvero non è mancato ai compratori di rischio (azioni e materie prime) è la ragionevole certezza che la Fed non alzerà i tassi di interesse fino al 2012, come è emerso dalle minute dell’ultimo comitato esecutivo. Un altro tema di politica monetaria riapparso nei giorni scorsi tra gli addetti ai lavori sui blog di finanza è la scommessa sul Quantitative Easing 3 (QE3), cioè su una terza iniezione di liquidità sui mercati da parte della banca centrale americana in cambio di acquisti di obbligazioni, mentre si avvicina la scadenza del QE2 a giugno.
AZIONI EURO. Passando ai numeri, i listini europei hanno chiuso in territorio contrastato la settimana; infatti troviamo Londra che con il suo Ftse100 ha guadagnato lo 0,38% mentre Francoforte con il Dax30(-1,84%) ed infine Parigi con il suo Cac40 (-0,70%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore oil&gas (+0,34%), seguito da quello real estate (+0,26%) ed infine da quello alimentare (+0,14%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore delle risorse di base (-2,91%) quello automotive (-2,61%) ed infine quello healthcare (-2,60%). Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Danone (+1,48%), Bosch (+1,36%) ed Deutsche Boerse(+1,31%), mentre in rosso dobbiamo segnalare Kon.Philips (-4,95%), Arcelormittal (-4,06%) ed infine Sanofi Aventis (-3,95%).
ITALIA. Piazza Affari chiude la settimana con un deciso ribasso del nostro indice, zavorrato dalla notizia circa il declassamento del rating dello stato greco che ha spinto al ribasso il comparto bancario e non ultimo la notizia riguardante lo stato italiano. La settimana si è chiusa con un ribasso dello Ftse/Mib (-2,42%), terminando le contrattazioni a 21237 punti. Da un punto di vista tecnico il quadro di breve periodo è diventato negativo e soltanto il recupero di area 21500 punti permetterà al ns indice un riscatto parziale.
Lo stacco cedola di lunedì per 25 blue chips delle 40 del Ftse Mib avrà un impatto di circa 400 punti sulle quotazioni dell’indice; per evitare correzioni più significative sarà importante che i prezzi consolidino sopra area 21.000. Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Stm (+1,06%), Campari (+0,96%) e Atlantia (+0,61%) mentre in lettera, invece, dobbiamo segnalare Bpm (-8,55%), Fiat (-7,45%) ed infine Buzzi (-6,03%).
AZIONI USA. Per quanto riguarda il mercato azionario americano, quest’ultimo ha trascorso un’altra ottava che ha finito per caratterizzarsi per la sua lateralità. L’S&P500, che aveva intrapreso la settimana all’insegna della debolezza è riuscito ad esprimersi in tenuta, coadiuvato dal rimbalzo delle commodities, con suddetto asset alla ricerca di una stabilizzazione dopo la recente caduta dettata dall’incremento degli initial-margins sui futures delle commodities da parte di alcune tra le più importanti Clearing-Houses che operano nel mercato delle materie prime.
A sostenere i listini è stato peraltro il flusso delle IPOs (Initial Public Offers) che ha continuato a caratterizzare in particolare il comparto tecnologico. Tuttavia a remare contro l’avanzamento delle quotazioni è stata la percezione di maggiore instabilità fiscale riaffiorata in Europa e le tensioni sul fronte della politica fiscale americana. L’S&P500 ha finito col chiudere la settimana attorno a 1.333 punti, avendo disegnato un minimo a 1.318,5 punti ed un massimo a 1.3 46 punti. Graficamente poco cambia per il momento, con in basso i supporti posti nell’area di 1.313-1.325 punti (le medie-mobili a 50 e 100 giorni), seguiti dal livello statico di 1.249 punti ed in alto la zona di 1.361-1.370 punti.
Si vive un momento di bassa volatilità, con il VIX che quota a ridosso del 17%, avendo nelle sue fasi di maggiore distensione prodotto discese anche nella zona del 10%. I tassi d’interesse bassi consentono ai premi al rischio dell’S&P500 di rimanere attrattivi, mentre il dollaro-debole ha finora favorito in modo vigoroso lo sviluppo di EPS e Sales della Corporate-America che conta, alimentando in contemporanea l’ampiezza dei risk-premiums. Il quadro azionario al momento, con le trimestrali del primo quarto quasi terminate, resta influenzabile a questo punto dalle dinamiche macro-fiscali.
Lungi dall’immaginare che il divenire degli eventi e dei numeri possa consentire di mettere in secondo piano la politica fiscale USA rispetto al trend macroeconomico, proprio ora in cui ci si colloca in una fase molto delicata per il debito pubblico americano, i mercati azionari appaiono, a parità di rendimenti, maggiormente rischiosi.
OBBLIGAZIONI EURO. Per quanto il mercato obbligazionario europeo, durante l’ultima ottava i ministri dell’Eurozona hanno dato all’unanimità il via libera al piano triennale di prestiti per complessivi 78 miliardi di euro al Portogallo al fine di garantire la salvaguardia della stabilità finanziaria della zona euro e dell’Ue nel suo complesso. L’ammontare sarà ripartito in parti uguali, da 26 miliardi di euro ciascuna, tra il meccanismo di stabilità finanziaria permanente dell’Ue (Efsm), il fondo salva-stati dell’Eurozona (Efsf) e il Fmi.
L’ Fmi ha sbloccato ulteriori 1,58 miliardi di euro per l’Irlanda. Durante la settimana il mercato dei titoli di stato americani si è mosso provando a consolidare sulla parte alta guadagnata nelle ultime ottave. Il profit-taking ha fatto arretrare i treasuries che però poi sono riusciti a riguadagnare terreno nel finale, approfittando del rally dei tassi d’interesse della Grecia, con lo spread governativo a 10-anni Grecia -Germania che ha aggiornato il suo livello di record storico a +1.352 basis points. L’Ecofin in termini pragmatici è risultato in settimana improduttivo con l’incertezza sul fronte europeo che ha consentito ai treasuries di rimanere in alto.
I ministri finanziari europei stanno valutando l’ipotesi di procedere ad un “restructuring”/”re -profiling” del debito pubblico greco, avendo come alternativa momentanea quella di continuare ad elargire fondi al governo greco in via straordinaria. La crisi fiscale dei paesi periferici europei, inspessitasi per via dell’instabilità politica in Spagna e per via dell’outlook “negativo” decretato da S&P sul sovereign-rating dell’Italia, sta impattando sui mercati, con uno strascico temporale che si presuppone lungo.
OBBLIGAZIONI USA. Sull’altra sponda dell’Atlantico le problematiche fiscali appaiono simili con gli Stati Uniti che stanno politicamente valutando quanto fare alla luce della delicatezza del momento. Infatti a partire dal 16 maggio 2011 gli Stati Uniti hanno raggiunto il famigerato “debt-ceiling” (tetto legale di debito pubblico) pari a 14,29 trillioni di dollari. Il parlamento americano appare restio ad alzare nuovamente il “debt-ceiling” a questo giro, dopo averlo spinto in alto più volte nel corso del credit-crunch. Il fiscal-department del Fondo Monetario Internazionale ha da tempo prospettato che sia meglio procedere al riequilibrio fiscale “prima” piuttosto che “dopo”.
L’IMF ritiene che il governo statunitense debba pro cedere nell’arco del prossimo biennio a far contrarre il ratio di budget-deficit/GDP dall’attuale valore stimato di -10,8% a -6,0%. Al di là però delle ipotesi di pragmatico resta quanto proferito dal ministero delle finanze USA. Timothy Geithner, il ministro del Tesoro USA, ha ufficialmente dichiarato che il suo ministero potrà finanziariamente procedere fino al 2 agosto , data trascorsa la quale i fondi a disposizione del governo si esaurirebbero del tutto.
Due potrebbero essere gli esiti su questo fronte: un innalzamento del tetto di debito pubblico da parte del parlamento americano, un taglio della spesa pubblica piuttosto drastico accompagnato da un rialzo delle aliquote fiscali. Nell’ambito di questo clima d’incertezza politica il mercato sta favorendo i titoli di stato americani in attesa di una svolta sul fronte fiscale o politico a Washington.
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