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Finanza personale

Report settimanale sui mercati.

La settimana che ci siamo lasciato alle spalle si è caratterizzata per i pessimi segnali che sono giunti dal fronte macroeconomico che stanno delineando un quadro di un’economia in deciso rallentamento rispetto alla fine del 2010. Dopo la conferma della crescita del pil nel primo trimestre all’1,8% contro il 3,1% del quarto trimestre scorso, un nuovo importante tassello e’ stato fornito dal dato di maggio sull’andamento del mercato del lavoro.

A sorprendere il mercato, questa settimana è stato il tasso di disoccupazione Usa che invece scendere sotto il 9%, cosi come si attendevano gli addetti ai lavori, e’ salito al 9,1% mentre il numero di posti di lavoro creati e’ stato pari solo a 54.000 unita’, oltre 100mila in meno delle 160mila attese. 

 
Per un’economia che per diversi mesi era apparsa sulla corsia di sorpasso ed in grado di sostenere la forte crescita economica che tutti decantavano e si accompagnavano a festeggiare con l’ascesa dei mercati azionari e la fiducia dei consumi, si e’ trattata della peggiore performance dallo scorso settembre e tutto lascia prevedere che le debolezze del mercato occupazionale facciano sentire il loro peso sul mercato dei consumi ancora per molto tempo a venire
 
Proprio in considerazione di questo scenario, i future sui Fed Funds non vedono alcuna possibilita’ di un aumento dei tassi di interesse negli Usa nel 2011 ed addirittura si prevede un aumento del costo del denaro non prima del secondo semestre del 2012. Sul fronte europeo invece la situazione appare piu’ incerta ed e’ proprio la riunione della Bce in calendario Giovedi’ che terra’ banco la prossima settimana  ma si concluderà con un nulla di fatto in scia ai recenti segnali di debolezza della congiuntura che potrebbero indurre i governatori a procrastinare una nuova misura. 
 
Poi, cè di nuovo che incombe la possibilita’ di una nuova accelerazione dell’euro che potrebbe facilmente arrivare a quota 1,50 dollari, un livello critico per le esportazioni dell’eurozona. La corsa delle commodities inoltre e’ giunta al termine, almeno per il momento, e il prezzo del barile, per quanto riguarda il Wti, e’ ormai fermo attorno a quota 100 dollari da diverso tempo. 
 
Nonostante l’enfasi data da Trichet sulla lotta all’inflazione, la minaccia dei prezzi non appare dunque tanto incombente in questo momento come sembrava alcune settimane fa ed e’ per questo che giovedi’ potrebbe prevalere nuovamente la linea della prudenza. Molti operatori, però sostengono che il dato di maggio sia una «aberrazione temporanea» e non sarà il preludio di un «prolungato rallentamento economico». Difficile dire se abbiano ragione. I pessimisti già si figurano una nuova recessione, quanto meno una stagnazione. 
 
Gli ottimisti danno la colpa alla momentanea interruzione nella catena di approvvigionamenti causata dal disastro in Giappone. Staremo a vedere ma fatto sta che il momento è negativo su ogni orizzonte temporale. Per quella che è la mia esperienza la probabilità di un rimbalzo dai minimi è maggiore di quella di un ritracciamento dai massimi ma fino a quando non si risolve la divergenza avremo movimenti veloci e ingannevoli da accostare al cosiddetto rimbalzo del gatto morto.
 
AZIONI EURO. Passando ai numeri, i listini europei hanno chiuso tutti in territorio negativo la settimana; infatti troviamo Parigi che con il suo Cac40 ha perso l’ 1,53% mentre Londra con il Ftse100 (-1,41%) ed infine Francoforte con il suo Dax30 (-0,76%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore chimico (+0,78%), seguito  da quello industriale (+0,32%) ed infine da quello alimentare (+0,28%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore tecnologico (-2,41%), seguito da quello energia (-2,23%) ed infine quello tlc (-2,17%). 
 
Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Bbva (+1,94%), Basf (+1,83%) e Commerzbank (+1,41%), mentre in rosso dobbiamo segnalare Nokia (-22,05% è crollata a picco  dopo aver lanciato un profit warning sul 2Q11 e più precisamente dopo aver abbassato l’outlook per il secondo trimestre 2011 delle attività devices & services (ovvero la divisione cellulari) e aver aggiornato le prospettive sull’intero anno), Rwe (-6,90%) ed infine E.On (-5,87%). 
 
ITALIA. Piazza Affari chiude la settimana con un frazionale ribasso del nostro indice, trainato al ribasso dal comparto bancario ma dall’altra parte sostenuto dalle ottime performance di Egp e Fiat. La settimana si è chiusa con un ribasso dello Ftse/Mib (¬-0,10%), terminando le contrattazioni a 20809 punti. Da un punto di vista tecnico il quadro di breve periodo è sempre contrastato e fondamentale sarà il ritorno delle quotazione in area 21200 punti che offrirebbero lo spunto per attaccare area 21500 e successivamente la resistenza statica a 21700 punti; di contro la rottura al ribasso di area 20600 punti aprirebbe la strada ad una nuova e pericolosa gamba ribassista con target in area 19900 punti. La situazione resta sempre molto volatile ed incerta.
 
 Fra i titoli maggiori  dobbiamo segnalare in denaro Egp (+4,53% spinta al rialzo dalle parole del governo tedesco pronta a dismettere tutte le centrali nucleari e complice in settimana la finalizzazione dell’accordo con Gas Natural Fenosa per la suddivisione degli asset di Enel Union Fenosa Renovables (EUFER), joint venture paritetica, che consentirà a Enel GP Espana di consolidare ulteriormente la sua presenza nel mercato iberico delle energie rinnovabili), Diasorin (+3,00% spinta al rialzo dal giudizio degli analisti di Mediobanca, che hanno assegnato alle azioni un prezzo obiettivo di 40 euro. 
 
Gli esperti, hanno incrementato di due euro il target di Diasorin dai precedenti 38, confermando rating outperform, per le opportunita’ di crescita a disposizione dell’azienda, in particolare nel segmento della diagnostica molecolare, valutato intorno a 3 miliardi di euro. 
 
Per Mediobanca l’obiettivo di Diasorin potrebbe essere una quota di mercato del 5% nell’arco dei prossimi 10 anni. Riguardo ai conti, Mediobanca stima per Diasorin ricavi 2011 a 488 milioni (+20,6% rispetto al 2010), un ebitda a 210 milioni (+25,5%) e un utile netto di 118 milioni. Il dividendo e’ atteso in rialzo nel 2011 e 2012, rispettivamente a quota 0,45 euro e 0,5 euro per azione, dalla cedola di 0,4 euro relativa al 2010, che sara’ distribuita il 20 giugno) ed Intesa San Paolo (+2,93% rialzo dovuto al successo ottenuto per l’aumento di capitale dove venerdi, l’ultimo giorno di contrattazione per i diritti riguardanti l’aumento di capitale, come prevedibile, sono andati a ruba facendo segnare un +22,03% e terminando a 0,1324 euro, pensando che erano partiti due settimane fa da una valutazione di 0,1180 il risultato si commenta da solo… un successo oltre ogni aspettativa) mentre in lettera, invece, dobbiamo segnalare Mps (-7,74% ribasso dovuto al crollo dopo che il suo principale azionista, la Fondazione Monte Paschi, ha venduto 450 mln di azioni privilegiate per ridurre la sua partecipazione ad una soglia poco sopra il 50%. 
 
La Fondazione ha raccolto così fondi per finanziare il pagamento dell’aumento di capitale lanciato dalla banca, tra EUR2-2,4 mld), FonSai (-6,73% ribasso dovuto secondo indiscrezioni di stampa alla vendita a breve del 33% di Igli agli altri due soci, le famiglie Benetton e Gavio. Per evitare la contabilizzazione di minusvalenze sarebbero allo studio ipotesi di offerte miste, azioni Atlantia e Sias + contanti) ed infine Mediaset (-5,04% ribasso dovuto principalmente alla sconfitta elettorale per le amministrative di Milano e Napoli a cui si aggiungono i dubbi sulle prospettive della raccolta pubblicitaria, ventilate da un primario broker italiano che ha declassato il titolo, tagliando il prezzo obiettivo di oltre un euro. 
 
Per il broker, anche se nel breve periodo è possibile un rimbalzo del titolo data la recente debolezza, difficilmente i conti del secondo trimestre saranno un catalizzatore positivo e riteniamo che il titolo continuerà a soffrire mentre il consensus aggiusterà le stime al ribasso, nonostante la robusta generazione di cassa". Non ultimo, l’umore negativo sul titolo va ricondotto anche all’incertezza sull’esito del Lodo Mondadori, la cui sentenza di secondo grado è attesa tra un mese circa o, già il 16 giugno).
 
AZIONI USA. Per quanto riguarda il mercato azionario americano in settimana ha prodotto un movimento di natura ribassista in un frangente in cui le temperature del rischio sistemico si sono innalzate, seppure non corrisposte da un incremento del VIX (indice di volatilità) nel complesso ancora relativamente contenuto a 17,9% rispetto alla posta in gioco. Il quadro del mercato azionario nelle ultime ottave si sta evolvendo così da avvalorare l’ipotesi di un deterioramento del tradeoff di tipo risk-reward insito nelle quotazioni azionarie. 
 
A parità di performance i rischi degli equity-holders risultano maggiori. I rendimenti offerti dal mercato azionario sarebbero allo stato attuale anche allettanti, stando alla traiettoria disegnata negli ultimi trimestri dagli EPS e dalle sales societarie . Tuttavia diverse variabili concorrerebbero a ravvisare un aumento della rischiosità a Wall Street. L’S&P500 che strenuamente aveva provato a muoversi in modo composto continuando nella sua tenuta sulla parte alta, complici l’abbassamento dei tassi e la debolezza del dollaro, non ce l’ha fatta, arrendendosi di fronte al sell-off che lo ha attraversato a vasto raggio nella parte finale dell’ottava. 
 
L’S&P500 si è mosso sul downside, scivolando da un massimo intra -week di 1.345 punti a 1.300 punti. Sono state violate al ribasso la media -mobile a 50 giorni a 1.331 punti e quella a 100- giorni a 1.317 punti, livelli che ora fungono da resistenze. In basso i supporti passano invece a 1.248-1.249 punti, zona in cui si è portata la media-mobile a 200-giorni. La perseveranza anche sorprendente dell’S&P500 di muoversi in modo propositivo , anche al cospetto di una stringa di dati macro che da quasi 4 settimane sta deludendo, aveva finora tratto la sua ragion d’essere dalla forza del commodity-market di avanzare a riflesso del fenomeno di “debasing” del biglietto verde in corso sulla base di quanto testimonierebbe il Broad Dollar Index su scala planetaria, e dalla capacità del comparto tecnologico di creare market-capitalization, per il tramite dei suoi titoli più rappresentativi. 
 
Lungi dall’immaginare che l’attuale tenuta dell’S&P500, su livelli finora guadagnati giustamente per il tramite di un virtuoso recupero dei fondamentali micro-macro, sia giustificata dai dati sottostanti, la Corporate -America spera di guadagnare campo competitivo dalla svalutazione del dollaro e da un boost delle valutazioni dettato da un abbassamento dei fattori di sconto piuttosto che da un rally della crescita prospettica.

La rassegna macroeconomica americana in “slow-down” (rallentamento), per quanto la Corporate- America che conta rifletta l’andamento del global-trade alla luce delle dimensioni globali dei grossi business americani, dovrebbe in teoria avere qualche pur minimo impatto sui titoli delle società quotate sta tunitensi. 

 
Al momento i valori di borsa delle società a Wall Street non appaiono troppo intaccati e ciò rende relativamente rischioso l’equity-market agli attuali livelli. I credit-default-swaps sulla carta governativa americana hanno avanzato, anche se su basi meramente statistiche, creando un environment sistemico non favorevole all’equity-market. Wall Street procede, ma gli effetti dell’anestetizzazione dei rischi sistemici per il tramite di una politica fiscale espansiva appaiono in svanimento, lasciando il fianco scoperto ad eventuali sell-off improvvisi, ingenerabili emotivamente da dati macro che a fasi alterne appaiono invitare la comunità finanziaria ad una maggiore cautela.
 
OBBLIGAZIONI EURO. Per quanto riguarda il mercato obbligazionario europeo, è proprio di venerdi la notizia secondo cui sarebbe stata raggiunta un’intesa di principio sul nuovo piano triennale di sostegno alla Grecia fino a metà 2014 (un anno in più della precedente data di metà 2013). L’accordo preso in seno al Comitato economico e finanziario esigerebbe il placet politico dei ministri delle Finanze dell’Eurozona. Il prestito bis, probabilmente dell’ordine di grandezza di 65-70 Bln €, dovrebbe intervenire per sostituire il mancato ritorno sul mercato del Tesoro di Atene a causa dei tassi proibitivi per non dimenticare poi i titoli in scadenza nel 2012-2014. 
 
Il secondo piano di salvataggio per la Grecia che si aggiunge a quello già esistente deciso da Ue e Fmi da 110 Bln € lanciato lo scorso maggio, darebbe ad Atene un anno in più di preziosa copertura finanziaria. Nel finale della settimana i rappresentanti della “troika” (Commissione Europea, Bce e Fmi) hanno dato il via libera al pagamento della quinta tranche da 12 Bln € alla Grecia che sarà disponibile, verosimilmente, ai primi di luglio. 
 
Per spiegare nel dettaglio gli ulteriori tagli di austerità da 6,4 Bln € al bilancio e il programma di privatizzazioni il premier greco Papandreou si è diretto in Lussemburgo dal presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker divenuto il personaggio di raccordo dei due piani che si stanno intersecando. Intanto il governo di Atene ha dovuto prendere atto dell’ultimo ridimensionamento del suo rating sul debito sovrano da parte di Moody’s da “B1” a “Caa1”, ovvero in pieno territorio “junk bond” e a soli due gradini dal default
 
L’agenzia di rating, che ha assegnato un outlook negativo al merito creditizio del Paese, ha giustificato il taglio dichiarando che è cresciuto il rischio che la Grecia possa andare in default senza una ristrutturazione del debito. E’ stato inoltre abbassato il rating di deposito e debito senior di otto banche greche. Lo spread tra il bond decennale ellenico ed il bund tedesco si è attestato nel finale a 1.288 punti base. L’interesse da pagare ormai è del 15,94%, mentre quello sui titoli a due anni è pari al 22,84%. 
 
Qualche timida tensione si è registrata sul mercato italiano all’indomani della pubblicazione dei risultati elettorali in città importanti come Milano e Napoli. “La crescita economica dell’Italia è fiacca ma i rischi di una crisi finanziaria restano minimi”. E’ quanto sostiene Goldman Sachs in uno studio, secondo cui sarà il debito sovrano dell’Italia a determinare se la crisi nell’Eurozona potrà rimanere gestibile oppure no. Secondo la banca statunitense, quattro sono i fattori significativi da tener presente per l’Italia in questo momento della congiuntura. 
 
Da un lato una crescita economica deludente e la mancanza di segnali da parte della classe politica di voler riavviare il processo di riforme strutturali, dall’altro un consolidamento fiscale, dovuto soprattutto alle riforme del passato, che permette all’Italia di ritrovarsi in una posizione migliore per i prossimi 50 anni rispetto ai suoi vicini e infine la solidità del suo sistema bancario.
 
OBBLIGAZIONI USA. Il mercato dei titoli di stato americani in settimana ha proposto un movimento di consolidamento rialzista, senza però subire escursioni degne di nota. I treasuries erano partiti ad inizio ottava con gli RSI a 14-giorni pronti ad evidenziare una situazione di iper-comprato tecnico. Tuttavia la rassegna macroeconomica sviluppatasi all’insegna della delusione e dello slow-down ha contribuito a sostenere la classe. Non è cambiato poi molto in termini di livelli. I tassi a 2-anni sono rimasti a 0,43% mentre quelli a 10-30 anni si sono attestati a 3,00% e a 4,24%. 
 
Tra i dati macro di maggiore rilievo gli investitori hanno valutato quello dell’S&P/CaseShiller Home Price Index che nel mese di marzo 2011 si è mosso passando da 139,23 a 138,16 punti, violando al ribasso il minimo toccato ad aprile 2009 a 139,26 punti. Poco cambia numericamente da un punto di vista quantitativo, sebbene da un punto di vista qualitativo l’idea che i prezzi immobiliari si siano portati al di sotto dei minimi scandagliati nel 2009 possa far emergere alcune preoccupazioni in materia di housing-market. 
 
“Il report di questo mese è marchiato dalla conferma di un double -dip dei prezzi delle case in quasi tutta la nazione”, ha detto David Blitzer, chairman del Case-Shiller Index Commiteee a S&P nel suo statement ufficiale. L’housing-market appare correlabile al bond-market in modo abbastanza diretto. La sua debolezza endemica avvallerebbe l’ipotesi che in uno scenario macro -finanziario convenzionale i tassi d’interesse possano rimanere sulla parte bassa grossomodo. 
 
La Moody’s Investors Service ha già fatto sapere che procederebbe a tagliare il sovereign-rating degli USA qualora il parlamento americano non dovesse sbrogliare la diatriba politica in materia di “debt-ceiling”. Il treasury-market procede in modo rafforzativo, supportato dallo slow-down della crescita macroeconomica, sebbene il rischio di credito associabile ai titoli di stato americani statisticamente avanza sotto il profilo numerico, secondo quanto farebbe credere la dinamica dei CDS USA.