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Investimenti e mercati

Report settimanale sui mercati finanziari

E l’ atleta si ferma inaspettatamente per la mancata alimentazione!!! Nell’ottava appena conclusa abbiamo assistito ad una settimana di ribassi complice la notizia diffusa lunedì da Ing che dovrà effettuare un aumento di capitale da 7,5 miliardi e sicuramente sarà seguita a ruota dalle due banche britanniche Rbs e Llyods e  il dato negativo pubblicato venerdi negli States che ha visto la spesa per consumi nel mese di settembre crollare dello 0,5% (dato peggiore dal dicembre 2008, complice il venir meno degli aiuti statali e l’aumento del tasso di disoccupazione). A niente è valso l’ inaspettata crescita del Pil (+3,5%) a mio avviso drogato dagli aiuti fiscali e monetari stanziati dal governo Obama. Resto sempre dell’idea che nel lungo periodo il trend resta rialzista mentre l’inversione di tendenza cominciata lunedì deve essere attribuita alla speculazione e in particolar modo a questi tre fattori: 1) tanti investitori hanno cominciato a vendere e a rimborsare i debiti in dollari; 2) gli investitori si sono resi conto che la borsa è salita troppo e stanno chiudendo le posizioni per chiudere i bilanci di fine anno in attivo; 3) il probabile fallimento che sarà annunciato lunedi da parte di Cit e un report su Citigroup secondo cui l’ investment bank potrebbe effettuare svalutazioni per 10 mld di dollari.  A livello europeo la piazza peggiore è stata Francoforte con il DAX30 che è regredito del 5,67%, seguita dall’ indice francese, il CAC40 che ha registrato un ribasso del 5,27% cosi come l’ indice inglese, il FTSE100 in ribasso del 3,78%. A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro solo  il settore alimentare (+1,15%) e quello dell’ healt care (+0,71%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore auto (-8,24% trainato al ribasso dai dati negativi della francese Renault e sulle perplessità di Fiat sul piano Chrysler che sarà svelato il 4 Novembre) seguito dal settore delle risorse di base (-7,65% che si conferma in assoluto il settore più volatile). Fra i principali titoli protagonisti assoluti Tesco (+4,54%), Audi (+4,25%) e Pernod Ricard (+1,92%) mentre in lettera segnaliamo Alcatel Lucent (-16,12% che ha annunciato nel terzo trimestre una perdita superiore alle attese), British Airways (-13,30%) e Renault (-12,68% affossata da un report di Morgan Stanley).
Piazza Affari chiude la settimana con il secondo ribasso consecutivo dello Ftse/Mib (-5,80%), e un mese altrettanto negativo (-6,02%). Da quando, a marzo, è iniziato il rally delle Borse, solo il mese di giugno si era chiuso con un ribasso, peraltro di minori proporzioni. Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro solo Parmalat (+0,86% trainata dall’ intero comparto a livello europeo) e Geox (+0,39% dove si prevedono risultati superiori alle attese degli analisti) mentre in lettera, invece, troviamo Exor (-5,42% trascinata al ribasso dalla controllata Fiat per le perplessità derivante da Fiat derivante dal piano Chrslyer), Fondaria Sai (-5,19% per i timori legati all’ intero comparto assicurativo) e Banco Popolare (-5,04% per i timori legati all’ inero comparto bancario vedi l’ aumento di capitale annunciato da Ing e il probabile fallimento della banca americana Cit).
Il mercato azionario americano, pur soffrendo in settimana con la volatilità in ascesa, ha tentato il recupero all’uscita del dato trimestrale sul PIL USA a +3,5%, valore questo superiore allo stimato. Tuttavia la notizia relativa al Chapter-11 pilotato del CIT Group ha finito con l’appesantire le quotazioni. L’S&P500, dopo essere scattati alcuni stop loss ha chiuso l’ottava a 1.036 punti, avendo violato con una chiusura settimanale la media -mobile a 50-giorni ora a 1.052 punti. L’aumento del tasso di disoccupazione riflette per ora una maggiore redditività della corporate-America, avendo però messo sotto pressione i fatturati, che si spera possano tornare a crescere, un po’ per la maggiore spesa pubblica ed un po’ per un minor pessimismo dei consumatori, che restano ancora molto abbottonati in materia di consumer-spending, secondo quanto testimoniano i dimessi indicatori di fiducia. Il newsflow del Chapter-11 di CIT Group, la quinta bancarotta più grande per assets degli Stati Uniti, dovrà essere digerito e metabolizzato dal mercato, monitorando la relazione tra credit-market ed equity-market, in attesa della FED in data 4 novembre.
Questa settimana è stata all’ insegna della lettera per il Nikkei225 (-2,41%) che si riavvicina prepotentemente alla soglia della resistenza dei 10000 punti (10034,74), che sicuramente sfonderà al ribasso lunedi mattina dato che la chiusura delle borse europee e mondiali è stata negativa,trainata al ribasso dai titoli finanziari ed industriali.
La corsa febbrile all’acquisto sul mercato azionario e su quello delle materie prime si è arrestata permettendo ai principali indici di rientrare da una zona d’ipecomprato tecnico a una zona neutrale. Poche sono state le materie prime capaci di difendersi dal flusso in vendita. I protagonisti in assoluto della settimana sono stati il gas naturale (+7,44%), i suini da macello (+7,07%) e il succo d’arancia (+1,36%). In territorio negativo si sono attestate tutte le altre
restanti materie prime. Nelle ultime posizioni hanno finito per collocarsi quelle agricole, i bovini vivi, la benzina e l’argento. Al Comex l’oro ha archiviato gli scambi a quota 1.038,90 dollari l’oncia, in calo di circa 17 dollari, confermando così la rottura verso il basso di una trend-line ascendente formatasi nell’ultimo anno. Gran parte del trend deriva principalmente dalla debolezza del biglietto verde sul mercato valutario e dalla crisi economico-finanziaria a livello mondiale.
 

Dopo tre settimane nel segno del ribasso il mercato obbligazionario europeo ha invertito il trend confermando il ritorno da un mese a questa parte di quella che è stata storicamente la correlazione inversa con il mercato azionario. Con la convinzione che per molto altro tempo ancora i tassi d’interesse nella Zona Euro non saranno toccati e le cosiddette exit-strategy non saranno per il momento in alcun modo rimosse il mercato si è focalizzato sulla rassegna macro.
La curva dei rendimenti tedeschi ha finito per registrare un movimento di shifting verso il basso: il 2-anni (1,30%) è sceso di 8 bps, il 5-anni (2,42%) di 8 bps, il 10-anni (3,25%) di 10 bps e il 30-anni (3,99%) di 13 bps. Lo spread BTP/BUND si è ristretto di 1 punto base attestandosi passando da 84 punti base a 83 punti base. La discesa del tasso EURIBOR a 3-mesi ha incoraggiato negli ultimi tempi operazioni di carry trade. Finanziandosi a tassi d’interesse sempre più bassi, banche e investitori hanno acquistato qualunque titolo di Stato a media scadenza guadagnando automaticamente: indebitandosi a tassi bassi e investendo in titoli che hanno tassi più alti. Questo spiega il perché, nonostante i rendimenti siano ai limiti dell’anoressia, gli investitori abbiano continuato di recente a strapparsi i titoli di mano.
Oltreoceano, il mercato dei titoli di stato anche durante l’ottava è apparso in tenuta erratica in attesa di ulteriori sviluppi. Finora nell’ottica del macro trend il credit-crunch non ha fatto altro che spingere i tassi d’interesse sul money-market e a breve-termine a livelli di minimo storico, nell’ambito di una politica della Federal Reserve molto simile a quella già rodata della Bank of Japan. Teoricamente non ci sarebbe nulla da eccepire con gli indicatori d’inflazione in territorio negativo e con gli indicatori di crescita su base annua in contrazione. Il mercato dei titoli di stato americani, essendo però la curva inclinata positivamente, non sconterebbe al momento che la deflazione possa essere strutturale, ma soltanto temporanea. Qualora il mercato scontasse una deflazione strutturale allora la curva dovrebbe appiattirsi con la discesa dei tassi a lungo-termine verso il basso.

Nella settimana appena trascorsa tanti investitori hanno cominciato a smontare un giochetto che negli ultimi mesi è stato di gran moda: il cosiddetto carry trade. Questo per mesi, ha depresso il dollaro e contemporaneamente ha pompato le quotazioni in borsa e sulle materie prime. L’euro-dollaro dal canto suo ha rivisto il livello di 1,4719, senza mai violare al ribasso la trendline ascendente che da marzo ad oggi si caratterizza per la sua linearità rialzista. La congestione però che caratterizza tanto l’euro-sterlina quanto lo sterlina-dollaro non lascia intravedere molta direzionalità. Le sorti del pound dipendono dall’applicazione del piano di acquisto di assets tossici ora fermo a 175 miliardi di sterline. L’euro-sterlina si posiziona a 0,9000 circa, poco distante dall’importante supporto rappresentato a 0,8870, la cui violazione creerebbe una sensazione di maggiore lateralità. In materia di yen, la settimana è stata all’insegna del rafforzamento.

Per suggerimenti e chiarimenti potete scrivere a  enzopolimeno@alice.it