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Investimenti e mercati

REPORT SETTIMANALE SUI MERCATI FINANZIARI

E la ripresa va! L’ottava appena conclusa si è caratterizzata per gli acquisti sui listini mondiali complice gli ottimi dati macroeconomici provenienti dagli States. Dopo settimane di assestamento e di cautela per consolidare i guadagni messi a segno in quasi nove mesi di rally dal marzo 2009 a inizio 2010, i mercati sembrano ora nuovamente pronti ad imboccare con decisione la strada dei rialzi. Nella settimana appena trascorsa, sono giunte nuove indicazioni sulla ripresa che prosegue e anzi appare in grado di accentuare leggermente il passo di marcia. Ha sorpreso, in particolare negli States, la performance dell’Ism manifatturiero, balzato a sorpresa a quota a 59,6 punti in marzo da 56,5 in febbraio. Bene anche gli ordini alle fabbriche saliti, in febbraio, dello 0,6%, il doppio delle attese. Certo permangono ancora numerosi elementi di debolezza come lo stato di salute del comparto edilizio. Il dipartimento del Commercio ha annunciato ieri che le spese per le costruzioni sono calate per il quarto mese consecutivo in febbraio (-1,3%), scendendo ai livelli piu’ bassi dal novembre del 2002. Sul fronte dell’occupazione, nel mese di marzo i posti di lavoro negli Stati Uniti sono aumentati di 162mila unita’, mentre il tasso di disoccupazione resta invariato al 9,7%. L’incremento dei posti e’ inferiore rispetto alle previsioni di +200mila, ma segna comunque la maggiore crescita da marzo 2007.

Rivisto, inoltre, da -36mila a -14mila posti il dato di febbraio. Il lungo weekend per le feste di Pasqua ha rappresentato un’ottima occasione per metabolizzare i dati delle ultime sedute e prepararsi per proseguire il passo di marcia che ha permesso al Dow Jones di tornare a quota 11mila punti. Passando ai numeri, Francoforte con il suo Dax30 ha chiuso in territorio positivo (+1,67%), seguito dall’ indice francese il Cac40 (+0,84%) ed infine Londra con il suo Ftse100 (+0,30%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore delle risorse di base (+5,04% complice la forza della ripresa economica in atto), quello dei media (+2,60% complice la ripresa della raccolta pubblicitaria) ed infine il settore assicurativo (+2,01%) mentre in lettera dobbiamo segnalare solo il settore health care (-1,40%). Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Danone (+4,47% spinta al rialzo dalle nuove voci per l’acquisizione di Parmalat), Ing Group (+3,90% spinto al rialzo per il piano di riduzione del personale) ed infine Unilever (+3,82% spinta al rialzo grazie all’upgrade di BofA Merril Lynch da neutral a buy) mentre in rosso dobbiamo segnalare Sanofi (-2,08%), Alstom (-1,93%) ed infine Bnp Paribas (-1,53%).
Piazza Affari chiude la settimana con l’ennesimo rialzo, complice il sereno che è ritornato ad aleggiare sui mercati grazie alla forza della ripresa economica, chiudendo la settimana con un rialzo dello Ftse/Mib (+0,62%), terminando le contrattazioni a 23206 punti. Questa settimana determinante per il nostro listino sarà la rottura della resistenza a 23500 punti che aprirà la strada ai massimi dell’anno posti a 24000 punti. Di contro, solo il ritorno sotto i 22500 punti potrebbe provocare una piccola scossa per il nostro indice che potrebbe compromettere quanto di discreto costruito finora.

Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Saipem (+3,07% il rialzo è dovuto all’aggiudicazione di un contratto off shore per 700 mln di euro oltre all’aumento del prezzo del petrolio), Bulgari (+2,83% trascinata al rialzo grazie ai rumors che volevano Swatch interessata al comparto degli orologi anche se a mio avviso questa società continua a non piacermi) ed Ansaldo (+2,65% spinta al rialzo dalle piogge di commesse che continuano ad arrivare e per la presenza di elevato cash flow) mentre in lettera, invece, Campari (-4,82% titolo spinto al ribasso dai risultati del 2009 e dal taglio di tp di numerose società d’investimento), Banca Mps (-2,81% titolo spinto al ribasso per la delusione relativa alla pubblicazione dei conti e all’irrisorio dividendo distribuito solo alle risparmio) ed infine Pirelli (-2,47% spinto al ribasso per le classiche prese di beneficio).
Il mercato azionario americano ha trascorso tutta la settimana consolidando al rialzo per poi rimanere bloccato sulla parte alta a causa del Venerdi Santo, con i mercati azionari chiusi nel finale d’ottava, proprio allorquando l’equity-market avrebbe dovuto comunque festeggiare i dati occupazionali brillanti, possibilmente indicanti una benché minima probabilità di potersi trovare agli albori di una eventuale “job-recovery” (ripresa occupazionale). L’S&P500 ha chiuso la settimana a 1.178 punti, intravedendo la prima soglia target dei 1.200 punti. Il dato relativo ai non-farm-payrolls ha cambiato volto con l’avvento del Census Day (1-aprile-2010). Seppure in termini keynesiani, il labor-market ha dunque lanciato un segnale di turnaround numerico, come mai era accaduto prima dal lontano marzo 2007. La pesantissima recessione del mercato del lavoro americano vissuta a cavallo del 2008 e del 2009 sembra ora terminata, con la macchina macro USA che avrebbe ripreso a marciare grazie al supporto dell’amministrazione-Obama. Le sorti dell’S&P500 passerebbero però attraverso la sostenibilità temporale della ripresa occupazionale. Il mercato azionario nel suo rally da marzo 2009 ad oggi ha tratto energie preziose dalla svalutazione del dollaro e dai tassi d’interesse bassi, eventi questi che in caso di ripresa occupazionale di ampio respiro potrebbero svanire.
L’S&P500 avente come primo obiettivo il superamento dei 1.200 punti, sulla parte bassa non avrebbe riferimenti grafici degni di nota. Spiegare il movimento rialzista di Wall Street in chiave bottom-up risulterebbe relativamente poco importante. Logiche di top-down invece sarebbero da  preferire visto che buona parte dei rally degli indicatori micro -macro risulta il frutto di un processo di globalizzazione che appare non avere barriere internazionali, che finisce col riflettersi in dati industriali di grosso spessore come testimoniano in settimana i valori assunti dall’ISM -manufacturing, dal Chicago PMI e dagli ordini di fabbrica, tutti molto robusti all’atto dell’ultima loro rilevazione. Il tallone di Achille della rassegna macro USA resta il settore immobiliare.

Questa settimana è stata all’ insegna del denaro per il Nikkei225 (+2,63%) spinto al rialzo per la rottura della resistenza posta a 11000 punti (11286,86). A trainare al rialzo l’indice nipponico ci hanno pensato la debolezza della moneta nipponica dove secondo il mio parere è ritornata ad essere la regina del carry trade e grazie alla spinta dei titoli legati all’export.
Nonostante il recupero messo a segno nel finale del mese il principale indice delle materie prime ha archiviato marzo in flessione dello 0,52%. Nell’ultima settimana solo le materie prime agricole, il succo d’arancia e lo zucchero sono stati interessati da un flusso in vendita. Gli acquisti hanno premiato in particolar modo il gasolio per riscaldamento domestico, i suini da macello, il petrolio, il nickel e l’argento. I principali protagonisti del mese di marzo sono stati i metalli di base (nickel +18,28%, alluminio +9,06% e rame +8,49%), la benzina (+11,12%) e i bovini vivi (+6,92%). I peggiori a marzo sono stati il succo d’arancia (-5,81%), il mais (-8,73%), il grano (-11,06%), il gas naturale (-19,61%) e lo zucchero (-31,25%).
Il greggio al Nymex di NY si è mosso nel corso della settimana nell’intervallo di prezzo 80,18 $ – 85,37 $ per poi chiudere poco sotto la soglia degli 85 dollari, a quota 84,87 $ al barile, in rialzo di circa cinque dollari, gli stessi guadagnati nel mese di marzo. Non si registrava un livello di prezzo così elevato dal lontano 9 ottobre del 2008.
Quanto al comparto dei preziosi, l’oro ha archiviato la settimana a quota 1.125,10 $/oz, in rialzo di circa ventuno dollari. Il mese di marzo è andato in archivio con un calo dello 0,50% mentre il primo trimestre del 2010 si è concluso con un rialzo dell’1,6%. Nel 2009 le quotazioni si sono apprezzate del 24% dopo che le banche centrali hanno mantenuto bassi i tassi d’interesse e i governi hanno speso trilioni di dollari per stimolare l’economia.

Nell’ultimo mese la rassegna macroeconomica ha confermato che la ripresa è in atto anche nella Zona Euro seppur a macchia di leopardo e che quasi certamente procederà lenta e in maniera non uniforme.
I timori sui livelli di debito governativi hanno continuato a condizionare i mercati. L’agenzia di rating Standard & Poor’s, pur lasciando invariato il rating tripla A sulla Gran Bretagna, ha allo stesso tempo mantenuto le prospettive negative sul merito del credito. Le difficoltà di Atene a finanziarsi nel primo test del mercato dopo il varo del piano di aiuti dell’UE con il concorso del FMI, hanno gettato delle ombre sugli altri Paesi dell’eurozona a rischio deficit. A pesare sono stati anche il ribasso delle previsioni di crescita della Germania da parte del FMI, il taglio del rating dell’Islanda da parte di Standard & Poor’s e le più fragili prospettive di Spagna, Italia e Portogallo alle prese con una ripresa moderata e con finanze in difficoltà. Nella Zona Euro la necessità di tagliare la spesa pubblica per risanare i bilanci statali potrebbe andare a discapito della crescita economica rendendo Eurolandia agli occhi del mercato un’area comunque a bassa crescita.
Il contratto-future sul decennale tedesco ha oscillato nell’intervallo di prezzo 122,62 – 123,52 per poi attestarsi nel finale a 123,44 punti, in prossimità della MAV a 50-giorni (123,41 punti), in rialzo di settanta centesimi. La curva dei rendimenti in Germania ha ripiegato verso il basso di 4-11 bps con il 10-anni attestatosi al 3,09% (-6 bps). I titoli di stato dei cosiddetti Paesi “minori” dell’Area Euro si sono mossi in maniera contrastata, acquistati quelli spagnoli, italiani e portoghesi, venduti quelli ellenici. Lo spread tra i rispettivi titoli decennali e quello tedesco si è ampliato come anche quello tra obbligazioni corporate e bond governativi a 5-anni di ciascun Pese “minore” sopra enunciato.

Il mercato obbligazionario americano ha trascorso l’ottava fluttuando in attesa dei dati occupazionali americani che erano previsti nel finale di settimana. Il dato dei non-farm-payrolls ha mostrato che la rassegna macro USA è stata capace a marzo di produrre nuovi posti di lavoro per un totale di 224mila unità, qualora si comprendessero le revisioni.
A prescindere dalle fluttuazioni del momento, i titoli di stato americani dovrebbero incorporare queste aspettative deprezzandosi maggiormente sulla parte a breve della curva, lì dove sono proprio i più alti graficamente. I tassi a breve-termine, per quanto la Federal Reserve possa rispondere con relativa lentezza, sulla carta rischiano di aumentare. La curva dei rendimenti per il momento resta molto ripida, come testimonia l’ampio spread 2-10 anni sui governativi americani. La reazione del mercato al dato dei non-farm-payrolls non si è fatta attendere con i tassi a 2- anni che si sono portati al di sopra del livello di 1,10%. Molto in tal senso potrebbe dipendere però dal
timing della Federal Reserve nell’alzare eventualmente i tassi d’interesse ufficiali. Per ora il mercato in media ritiene che il Fed Fund Rate sarà rialzato di 25 basis points soltanto nel terzo quarto del 2010, per chiudere l’anno a 0,75%. I tassi a breve-termine rischiano di essere messi sotto pressione, con i riflettori puntati sulle Minute della Federal Reserve in agenda il 6 aprile. La rassegna macro, fatta eccezione per il commercial-housing si sta mostrando robusta soprattutto in materia industriale ed in materia di retailsales, rischiando di creare aspettative inflazionistiche più alte sul mercato finanziario americano.

Il mercato dei cambi durante l’ottava ha visto il suo price-action congestionarsi graficamente ma con il dollaro sugli scudi.
Il biglietto verde resta tonico contro euro, sterlina e a questo giro anche contro yen. Sull’euro -dollaro, arenatosi attorno al punto di Fibonacci a 1,3484 non è successo molto durante la settimana con il price-action che ha dato la sensazione di incartarsi. Sull’euro pesa lo snodarsi della crisi fiscale che ha colpito i paesi periferici della Euro- Zone. La crisi riguarda prevalentemente la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda e a-latere anche la Spagna. Il valore dell’euro sui mercati valutari continua a spostarsi in base ai flussi di notizie relativi al tema della fiscalità. Tecnicamente sull’eurodollaro i supporti si collocano a 1,3267 e le resistenze giacciono a 1,3840-1,3860.
Quanto alla sterlina, essa se da un lato è apparsa in turnaround contro dollaro alla rottura rialzista del livello psicologico di 1,5000, dall’altro contro euro in settimana ha testato la media -mobile a 200-giorni a 0,8874, punto di supporto non violato a chiusura di settimana ma a ridosso del prezzo attuale dell’euro-sterlina. Sulla parte alta le resistenze passano a 0,9125-0,9150. Il pound durante la settimana è stato favorito dalla pazienza mostrata da Standard & Poor’s che ha voluto mantenere il sovereign-rating britannico di tipo Tripla-A, rimandando ogni decisione eventualmente estrema ai giorni successivi al 2-giugno, data in cui si terranno le elezioni in UK. Anche l’euro-yen ha violato al rialzo le prime resistenze a 125,00- 125,30, per chiudere l’ottava tonicamente a 126,50. Nel complesso non sarebbe errato pensare che la divisa nipponica possa apparire tuttora troppo forte relativamente alle altre asset -classes sulla base delle fluttuazioni tradizionali. La divisa nipponica dunque appare più vulnerabile che in passato. Molto bene la lira turca, rafforzatasi contro euro a 2,0310.

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