Tanto tuonò che piovve! L’ottava appena conclusa si è caratterizzata per i downgrades da parte dell’ agenzia di rating S&P che hanno investito i PIGS, eccezion fatta per l’ Irlanda, che hanno determinato un vero e proprio sell off sulle borse del vecchio Continente. Oltreoceano, invece, sul finire di settimana ci ha pensato la Sec che con l’annuncio dell’avvio dell’inchiesta penale sul colosso bancario Goldman Sachs ha affossato i listini americani. Nonostante le buone trimestrali pubblicate sia in Europa che negli States e i confortanti dati macro (non ultimo l’indice di Chicago e la pubblicazione del Pil Usa che è stato in linea con le attese degli operatori) le borse mondiali sono state affossate dai timori legati alla vicenda greca e al suo possibile default, che a mio modo di pensare vedo del tutto improbabile perché pregiudicherebbe l’operato dell’ intera Eurolandia. Se anche le borse americane entreranno (come mi è parso di vedere venerdì sera con lo S&P500 a -1,66%, una vera sorpresa per me) in una fase correttiva più ampia, è possibile davvero che l’Europa possa vivere una lunga stagione difficile e complessa.
Passando ai numeri, Parigi con il suo Cac40 ha chiuso in territorio negativo (-3,90%), seguito dall’ indice inglese Ftse100 (-2,98%) ed infine Francoforte con il suo Dax30 (-1,98% sostenuta dal braccio ferro intrapreso dal suo primo ministero sig.ra Angela Merkel, colonnello di lungo corso). A livello settoriale non dobbiamo segnalare in denaro nessun settore mentre in lettera dobbiamo segnalare assicurativo (-5,39%), seguito dal settore bancario (-4,50%) ed infine il settore chimico (-4,10%). Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Siemens (+2,07% spinta al rialzo per l’innalzamento delle stime riguardante il fatturato 2010), Deutsche Borse (+2,02%) ed infine Aegon (+0,45%) mentre in rosso dobbiamo segnalare Credit Agricole (-11,75% per i timori legati al default greco che hanno affossato i maggiori titoli bancari europei), Axa (-8,37%) ed infine Basf (-7,90% per un taglio di rating da parte di Barclays).
Piazza Affari chiude la settimana con un forte ribasso del nostro indice, complice la cinque giorni negativa che ha affossato anche il nostro listino per i downgrade che hanno colpito nell’ordine Grecia, Portogallo e Spagna e per l’esposizione che lo stesso ha nei confronti del settore bancario. La settimana borsistica si è chiusa con un ribasso dello Ftse/Mib (-5,12%), terminando le contrattazioni a 21562 punti. Questa settimana il nostro indice ha violato il supporto posto a 21700, sprofondando fino ai 21500 punti nell’intraday. Oramai, il quadro di breve periodo si è deteriorato e soltanto il ritorno sopra quota 22000 punti prima e poi la riconquista dei 22500 potrebbe far ritornare il sereno sul nostro listino e far riprendere l’operatività long. Sarà importante verificare ed attenuare in maniera consona i livelli di supporto e di resistenza prima di aprire o incrementare eventuali posizioni long o short. Di contro, la rottura del supporto statico posto a 20700 punti, aprirebbe spazi per una correzione ampia e spingerebbe il ns listino nel baratro dei 20500 punti. Fra i titoli maggiori non dobbiamo segnalare in denaro nessun titolo mentre in lettera, invece, Bulgari (-9,35% titolo spinto al ribasso dalle prese di beneficio dopo il massiccio rialzo della settimana precedente ma a me non piace la forte volatilità che sta interessando questo titolo….qui gatta ci cova!!!), Banca Mps (-8,64% titolo spinto al ribasso inspiegabilmente dopo aver ottenuto risultati trimestrali superiori alle attese e promozioni da parte di Kbw….strano ma vero) ed infine Unicredit (-7,58% spinto al ribasso per le difficoltà che ha colpito l’intero settore per riflesso allo scandalo Goldman Sachs e ai timori legati allo stato greco e cosi doveva essere per la banca più internazionale del nostro listino che è ritornata a quotare sotto 2 euro).
Durante la settimana Wall Street ha dato la sensazione di essere quasi costretta ad arretrare, per allinearsi alle altre borse europee, colpite dai downgrades di Portogallo, Grecia e Spagna ad opera di Standard & Poor’s , pur dovendo valutare durante la settimana entrante gli impatti del piano di salvataggio fiscale da 110 mld €, messo in piedi dal governo greco con il supporto di Fmi ed Ue. Tuttavia durante l’ottava Wall Street ha mostrato in chiave globale agli occhi degli investitori internazionali, di essere capace di confermare l’outperformance prodotta in questo 2010, già presente nei precedenti mesi e rafforzatasi durante le ultime 5 sedute. L’S&P500 in settimana, dopo aver aggiornato il top del rally in corso a 1.219,8 punti, ha rintracciato, spingendosi fino a 1.181,6 punti, per chiudere l’ottava a 1.187 punti. Il quadro tecnico-grafico resta costruttivo inerpicandosi il grafico lungo la trendline rialzista per il momento. Premesso che la tematica di rischio di credito legato ai debiti governativi riguardi anche gli Stati Uniti, pensare che il rating di tipo AAA possa essere perso dagli USA appare al momento improbabile. L’unica casa di rating internazionale che ha provato finora a fare luce sui meccanismi sottostanti ai downgrades dei debiti sovrani è stata Moody’s Investors Service che qualche settimana addietro aveva dichiarato che il ratio da considerare, oltre agli altri, è quello dato dalla spesa per interessi sul debito pubblico e il gettito fiscale. D’altro canto la FED non ha potuto negare che il labor-market sta “cominciando a migliorare” e che anche il consumer-spending si sta muovendo in modo costruttivo, con maggior ottimismo relativo rispetto ai passati comunicati in materia di housing-market. I dollari spesi dall’amministrazione-Obama oltre che colmare i buchi creati dal deleverage sistemico stanno provando anche soltanto ad entrare in parte nella rassegna macro USA, spostando il GDP nominale su nuovi livelli di record storico. Si tratta di una constatazione da valutare, in un frangente in cui il labor-market potrebbe confermare di essere in ripresa. Potrebbe essere proprio il labor-market durante la settimana entrante a contrastare la risk-adversion da sovereign-risk. Con gli EPS attesi in tonica crescita nei prossimi tre quarti quella di 1.200 punti di S&P500, che agli occhi dei graficisti potrebbe apparire una zona grafica considerevolmente alta, agli occhi dei fondamentalisti potrebbe essere non percepita come tale.
Questa settimana è stata all’ insegna del denaro per il Nikkei225 (+0,99%) trainato al rialzo (11057) per il deprezzamento della moneta unica e per il conseguente apprezzamento legato ai titoli export. Fondamentale è stata la riconquista dei 11000 punti, per proseguire il rialzo messo in atto nelle ultime settimane. Di contro, pericoloso sarà la rottura del supporto posto a 10500 punti che potrebbe avere ripercussioni negative per l’intero listino giapponese.
Complice la difficile situazione di alcune economie europee e la ritrovata forza del dollaro la settimana per il mercato delle materie prime si è rivelata cedente. Esattamente la metà delle materie prime facenti parte del CRB è stata interessata da un flusso in vendita al contrario del mais (+3,75%), del caffè (+2,58%), dei suini da macello (+2,43%), dell’oro (+2,39%) e dell’argento (+2,30%). Le più ampie variazioni negative sono state registrate invece dal nickel (-2,77%), dall’alluminio (-3,48%), dallo zucchero (- 3,90%), dal rame (-4,96%) e dal gas naturale (-7,92%). Il primo contratto-future in scadenza (giugno ’10) sul petrolio WTI si è mosso nell’intervallo di prezzo 81,29 $ – 86,50 $ per poi attestarsi nel finale poco sopra la soglia degli 86 dollari, a 86,15 $ al barile, in rialzo di oltre un dollaro.
Per quanto riguarda l’oro quotato al Comex, ha finito per guadagnare terreno beneficiando delle tante incertezze presenti sul mercato registrando così una chiusura in area 1.180,70 $/oz, in rialzo di ventotto dollari.
Nonostante le turbolenze sui mercati finanziari degli ultimi giorni, nell’Eurozona i segnali di ripresa si stanno consolidando e le imprese sono diventate più che ottimiste. Dopo ventuno mesi per la prima volta l’indicatore che giunge dall’andamento del BCI (Business climate indicator) nel mese di aprile e reso noto da Eurostat è tornato in campo positivo (0,23) sebbene ci sia ancora tanta strada da fare prima di tornare ai livelli pre-crisi I timori per i deficit europei hanno continuato a tenere banco, esacerbati dal taglio da parte di Standard & Poor’s del rating sovrano della Grecia a “junk” (“spazzatura”), del Portogallo (da “A+” a “A -“) seppure ancora a un livello d’investimento e per ultimo in ordine cronologico quello della Spagna (da “AA+” a “AA”). Nel weekend è arrivata la notizia del raggiunto accordo fra il governo greco, il FMI e l’UE sull’aiuto finanziario alla Grecia in cambio di un netto inasprimento della cura di austerità del Paese ellenico. Nel finale dell’ottava i titoli di Stato greci a 2-anni sono rimbalzati e il rendimento è di conseguenza sceso al 12,72% dopo aver segnato nuovi massimi record poso sotto il tetto del 19%, quasi il doppio rispetto al titolo decennale. Il premio di rendimento di quest’ultimo rispetto al BUND tedesco, prima di attestarsi a 594 punti, è anch’esso schizzato verso livelli record, raggiungendo gli 821 punti base, trascinando nella volata i medesimi titoli di Irlanda, Portogallo e Spagna. Sull’ottovolante anche i contratti CDS a 5- anni con cui si scommette (e ci assicura) rispetto al rischio di fallimento del debito sovrano, volati intra-week verso livelli record in Grecia (856 punti), Portogallo (383 punti), Spagna (209 punti).
Durante l’ottava i titoli di stato americani hanno finito col muoversi con maggior volatilità riuscendo ad avanzare nel finale d’ottava. A tenere banco è stato il flusso di notizie proveniente dai fronti governativi periferici europei e l’operato della Federal Reserve, che ha lasciato invariato il Fed-Fund-Rate a 0,00%-0,25%. I tassi a 2 -anni americani hanno chiuso l’ottava a 0,96%, quelli a 10-anni a 3,66% e quelli a 30-anni a 4,52%. La Federal Reserve in occasione del FOMC, ha lasciato invariato il costo del denaro a 0,00%-0,25%, affermando che i tassi rimarranno “eccezionalmente bassi”, per un “periodo esteso” di tempo. Capire quanto esteso possa essere questo periodo è difficile, sebbene siano in diversi a valutarlo pari a 6 mesi circa. D’altro canto la FED non ha potuto negare che il labor-market sta “cominciando a migliorare”. L’orientamento (bias) della FED è anch’esso rimasto invariato, basato sul fatto che i rischi legati alla crescita restino superiori ai rischi connessi all’inflazione. La FED non ha potuto negare che anche il consumer-spending si sta muovendo in modo costruttivo, con maggior ottimismo relativo rispetto ai passati comunicati in materia di housing-market.
A tenere banco sul mercato dei cambi globale è stata l’oscillazione dei rischi di credito relativi ai debiti governativi di Grecia, Portogallo e Spagna che hanno messo sotto pressione la divisa europea. Sia i bonds della Grecia che quelli del Portogallo in prima battuta sono caduti allorquando hanno dovuto incassare i downgrades dei propri sovereign-rating da parte delle agenzie di rating.
L’euro-dollaro ha disegnato un minimo a 1,3115, nuovo punto di alert sulla parte bassa, avendo come fascia di supporto quella di 1,2960-1,3000. Sulla parte alta non vi sono punti di riferimento degni di nota se non quelli dati dalla trendline discendente e dal punto di Fibonacci a 1,3484. La forza del dollaro deriva dai problemi di fiscalità dei paesi periferici e soltanto in parte dalla capacità dell’economia USA di andare in “decoupling” (scollamento) rispetto a quella dell’ eurozona.
L’euro in settimana ha retto sia contro pound che contro yen. Dopo i tre downgrade di Standard & Poor’s rispettivamente su Grecia, Portogallo e Spagna, non è da escludere che sotto gli occhi dell’agenzia di rating internazionale ricadano anche lo UK o il Giappone, non di certo paesi virtuosi fiscalmente. Si tratta di paesi che segnano rispettivamente un deficit/GDP di – 11,5% e -7,8% ed aventi un ratio di debito pubblico/GDP rispettivo di 68% e di 227% (115% il ratio netto). A rischiare la perdita del rating AAA tra le quattro nazioni guida (USA, Germania, Francia e UK) sarebbe proprio il Regno Unito, secondo quanto speso anche di recente da Moody’s. Sullo UK vige però una tregua ideologica in attesa delle elezioni politiche del 6 maggio.
L’euro-sterlina ha come punti tecnici sul basso quello di 0,8602 e come resistenza la media-mobile a 200-giorni a 0,8889.
Quanto allo yen, esso si muove contro euro attorno a 124,10, avendo nell’ultimo mese prodotto una fluttuazione laterale nella fascia di 119,65-120,00 e 127,93. I traders sull’FX-market sembrano preferire le divise di quei paesi dai fondamentali virtuosi e dai minori rischi creditizi.
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