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Investimenti e mercati

REPORT SETTIMANALE SUI MERCATI FINANZIARI

E il tandem UE/Fmi ha già perso forza e slancio! Il massiccio piano di sostegno dell’eurozona da oltre 700 miliardi di euro varato dai Paesi dell’Unione nella notte di domenica 10 maggio (con il contributo cruciale del Fmi) aveva permesso di allontanare per il momento quell’atmosfera di panico che sembrava essersi nuovamente impadronita dei mercati in una preoccupante replica del settembre 2008. Questa volta, tuttavia, il pronto intervento dei leader europei ha evitato che si verificasse una nuova debacle alla Lehman Brothers a livello di Stati sovrani, che avrebbe avuto conseguenze sistemiche gravissime. L’andamento altalenante delle ultime sedute, dopo il maxirimbalzo di lunedì grazie soprattutto alla decisione della Bce di utilizzare "l’arma nucleare", cioe’ acquistare direttamente obbligazioni pubbliche e private emesse nell’eurozona indica tuttavia che non tutti i dubbi sono stati fugati. E nonostante i vigorosi piani di austerità annunciati da Spagna e Portogallo, la pressione su questi Paesi e’ tornata ad aumentare così come sulla Grecia, che non sara’ in grado di ripagare i prestiti per 110 miliardi in tre anni che riceverà dalla Ue e dal Fmi. I mercati restano dunque in una situazione di grande incertezza e seguono con grande attenzione tutti gli sviluppi legati alla crisi del credito e all’andamento degli spread sui bond degli Stati e sui cds. Restano ovviamente in primo piano anche gli indicatori sullo stato di salute dell’economia che sembra aver ormai consolidato la ripresa anche se inizia a serpeggiare il timore che la crisi del credito e le conseguenti misure di austerità possano avere un impatto sull’economia europea e su quella globale più in generale. Preoccupa inoltre anche la velocità con cui l’euro sta affrontando un processo di svalutazione che lo ha portato su quotazioni che non si vedevano dal novembre 2008. Se da una parte questo favorisce le esportazioni dei prodotti europei, dall’altro si teme che la fuga dalla divisa comune (figlia in buona misura del fatto che dopo le nuove misure Bce i tassi promettono di rimanere all’1% ancora a lungo) possa tradursi in una minore esposizione dei capitali stranieri all’intera economia continentale. Gli sviluppi sul debito e sull’euro condizioneranno dunque anche la settimana entrante delle borse mondiali che tuttavia terranno sotto stretta osservazione anche i segnali in arrivo dal fronte macroeconomico.

Malauguratamente, ma senza alcun stupore, tutto è andato come paventavo da settimane in cui ho tentato in primis di “seminare prudenza”. Gli interventi, soprattutto quelli dei week-end, a mercati chiusi (come quello della scorsa domenica), null’altro hanno fatto che “dopare e drogare” il mercato, fuorviandolo e facendogli percorrere dunque una strada non sua. Quando poi questi se ne rende conto, il “ritorno” sulla vecchia strada è sempre impetuoso e foriero di nuova volatilità. Ma le preoccupazioni, per la settimana che va ad aprirsi, arrivano proprio dall’indice tedesco, sul quale si è disegnata una ben poco rassicurante evening star d’inversione, inversione di breve, dunque, quale esaurimento definitivo del rimbalzo. E se anche il mercato tedesco entrerà in crisi (confermando la configurazione), le cose potrebbero ancora peggiorare ed accelerare il ribasso delle borse più deboli, tra le quali sicuramente annoveriamo proprio Piazza Affari.

Passando ai numeri, nella settimana del maxi rimbalzo (solo nella giornata di lunedì abbiamo assistito a chiusure positive da doppia cifra) tutti i listini europei hanno chiuso in territorio positivo dove Francoforte con il suo Dax30 ha chiuso in territorio positivo (+5,98%), seguito dall’ indice francese il Cac40 (+4,95%) ed infine Londra con il suo Ftse100 (+2,73%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore assicurativo (+9,62%) seguito da quello automotive (+8,55%) ed infine quello bancario (+7,78%) mentre in lettera non dobbiamo segnalare nessun settore.
Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Ing (+22,21%), Daimler (+13,18%) ed Axa (+10,79%), tutti titoli trainati al rialzo dal rimbalzo registrato lunedi mentre in rosso dobbiamo segnalare Nokia (-7,83%), Telefonica (-3,16%) ed infine ArcelorMittal (-1,04%).

Piazza Affari chiude la settimana con un forte rialzo del nostro indice, complice la cinque giorni positiva dovuta al rimbalzo a doppiacifra che ha interessato il nostro listino nella giornata di lunedì e nonostante il brutto tonfo accusato venerdi dal nostro listino per il ritorno dei timori legati al debito sovrano greco e al rischio contagio degli altri paesi PIIGS, dove oramai sembra essere rientrata anche la nostra nazione. La settimana borsistica si è chiusa con un rialzo dello Ftse/Mib (+4,96%), terminando le contrattazioni a 19871 punti. Come dicevo nella scorsa settimana il quadro resta fragile: sarà difficile per l’indice ripartire anche se ora i principali indicatori sono carichi e c’è da aspettarsi il cosiddetto rimbalzo del gatto morto ma che a mio avviso per la sessione odierna non ci sarà! Da un punto di vista tecnico fondamentale sarà il ritorno sopra i 20000 punti nel breve termine per poi cercare di ritornare al traget importante dei 20700 punti. Di contro, ora determinante sarà la tenuta del supporto posto a 18500 punti, rotto il quale veramente ci sarà da preoccuparsi. Fra i titoli maggiori  dobbiamo segnalare in denaro Unicredit (+11,05% rialzo dovuto al maxi rimbalzo di lunedì dove il titolo ha ottenuto una performance di venti percentuali, e dove tutti poi credevano di rivedere subito i 2 euro ma la seduta di venerdi ha determinato un nuovo tonfo per il titolo molto esposto verso la Grecia), Pirelli (+9,68% spinta al rialzo dalla notizia dello spin off e al momento secondo il mio giudizio resta uno dei miglior titoli nel listino italiano) e Campari (+9,63% spinta al rialzo dall’inizio dell’operazione dell’aumento di capitale, dove le azioni hanno dimezzato il loro valore e il mercato sembra aver molto apprezzato tale operazione) mentre in lettera, invece, Ubi banca (-3,42% titolo spinto al ribasso dai timori legati al rischio contagio della Grecia e dalla pessima trimestrale pubblicata nella scorsa settimana), Geox (-2,47% titolo spinto al ribasso per la pessima trimestrale e per il tonfo accusato nell’ultima sessione di borsa dove il titolo è arrivato a perdere dieci percentuali) ed infine Prysmian (-1,86% titolo spinto al ribasso per la vendita del titolo da parte dei coreani e per la crisi che sta colpendo l’intero settore).

Durante la settimana Wall Street ha prodotto un movimento di recupero, dopo la caduta registrata nell’ottava precedente all’ultima, reagendo positivamente alla manovra voluta dalla UE e dal Fondo Monetario Internazionale, in attesa di toccare con mano una sua eventuale sterilizzazione mediante operazioni di mercato aperto. Tuttavia il price-action dei mercati azionari americani, intaccati da grafici sporcati dai flussi in vendita del 6 maggio su cui aleggiano molte ombre ha assunto più connotazioni di lateralizzazione che di tipo ascensionale. L’S&P500 resta pur sempre in outperformance, ma ampiamente redditizio soltanto per i fund managers che finora hanno operato a cambi scoperti. L’S&P500, ha intrapreso l’ottava partendo da 1.110 punti, per apprezzarsi fino a 1.173 punti, per poi chiudere le cinque sedute a 1.135 punti. Le sue resistenze passano a 1.174 punti dove si annida la media-mobile a 50-giorni e poi a 1.219-1.229 punti, zona in cui è stato tracciato il massimo relativo del recente lungo rally e dove giace il punto di Fibonacci. Sulla parte bassa il grafico è stato sporcato più volte con diversi falsi segnali tecnico-grafici. Tuttavia si potrebbe finire col valutare la media-mobile a 200-giorni, mai bucata negli ultimi 12 mesi mediante una conferma di chiusura settimanale. Essa lentamente è in fase ascendente avendo raggiunto la soglia dei 1.100 punti. Una sua violazione ribassista da parte dell’S&P500 potrebbe spezzare l’attuale vigente quadro rialzista ed innescare il bear-market a Wall Street. Al momento il quadro grafico resta intatto, con i fondamentali micro-macro di tipo costruttivo ma con la spada di Damocle del debito sovrano che pende costantemente sul mercato. Il credit-crunch ha indotto l’amministrazione Obama ad intervenire in modo keynesiano a sostegno dell’economia, traslando la ricchezza dal settore pubblico al sistema bancario-finanziario.  L’equity-market dal canto suo gode del processo di ripresa in corso, come testimoniato in settimana dal trade-deficit, dalla bilancia commerciale (con l’import/export in rialzo di oltre il 3% su base sequenziale), dalle scorte, dalla produzione industriale, dalle vendite relative al settore retail e dalla fiducia dei consumatori. La capacità di produrre un turnaround secco del ciclo macro americano però è tutta legata al divenire del mercato del lavoro ed a sua volta dell’housing-market USA, che langue in un trend più laterale sui bassifondi che rialzista. Un rally dei valori immobiliari residenziali/commerciali sarebbe la condizione necessaria per far svoltare la macro USA e per sbarrare la strada ai ribassisti. Per ora il processo di rivalutazione del dollaro troppo accelerato rischia di compromettere le sorti di Wall Street nel breve-termine nonostante il recupero mostrato dai fondamentali.

Questa settimana è stata all’ insegna della lettera anche per il Nikkei225 (-2,80%) trainato al ribasso (10236,72) per l’apprezzamento della moneta unica e per la contrazione legata ai titoli export ed infine risentendo dei timori legati al rischio sovrano del debito greco e relativo contagio per gli altri paesi dell’eurozona.
I dubbi sulla reale efficacia degli interventi per la salvare la Zona Euro hanno continuato a dominare i mercati. I timori circa l’impatto sulla crescita economica delle misure anti-deficit dei Paesi europei e un’ulteriore mossa restrittiva della Cina in risposta alle pressioni inflazionistiche hanno finito per complicare la situazione trascinando l’euro verso il basso e l’oro verso nuovi massimi storici. I principali protagonisti della settimana sono stati il succo d’arancia (+7,62%), il gas naturale (+7,40%), l’argento (+4,19%), lo zucchero (+2,76%) e l’alluminio (+1,69%). Nelle ultime posizioni, per di più in territorio negativo, si sono attestati i bovini vivi (-2,76%), il nickel (-4,48%), il petrolio (-4,66%), il cacao (-6,27%) e il grano (-7,35%).
Il primo contratto-future sul petrolio WTI in scadenza (giugno ’10) si è mosso nell’intervallo di prezzo 70,83 $ (minimo degli ultimi 3 mesi) – 78,51 $ per poi attestarsi nel finale a 71,61 $ al barile, in calo di 4,5 dollari.
I metalli preziosi hanno continuato a beneficiare dell’incertezza legata al piano salva-euro che domina i mercati. Il primo contratto-future, quotato al Comex, si è attestato a quota 1.227,80 $/oz, in rialzo di oltre diciassette dollari, dopo aver aggiornato a 1.249,70 $/oz il suo massimo storico.

La Bce nel suo ultimo bollettino mensile di maggio afferma che la crisi finanziaria potrebbe frenare la crescita e sulla ripresa, tuttora in corso sia pure ad un ritmo moderato, peseranno il processo di risanamento dei bilanci in vari settori, la bassa utilizzazione della capacità produttiva e il mercato del lavoro debole. Sulla scia anche del sorprendente dato sulla produzione industriale di marzo il future sul decennale tedesco ha perso terreno con la curva dei rendimenti che ha ripreso a salire: il 2-anni (0,56%) ha guadagnato 2 bps, il 5-anni (1,65%) 1 bps, il 10-anni (2,86%) 6 bps e il 30-anni (3,64%) 12 bps. Di contro il varo del maxi-piano UE-FMI per l’euro per un importo massimo di 750 miliardi di euro, nonostante i tanti interrogativi a esso legati, e il nuovo giro di vite annunciato dalla Spagna e Portogallo, impegnatesi a ridurre il deficit pubblico entro il 2011 di un ulteriore 1,5% del Pil, ha spinto verso il basso i rendimenti del titoli di Stato dei cosiddetti Paesi “minori”, dettando un raffreddamento della speculazione sui titoli di Stato. La prudenza è d’obbligo anche perché il timore è che il piano possa non essere risolutivo per la crisi debitoria che affligge la regione e che con gli interventi varati si vada in realtà ad aggiungere altro debito.
Il mercato dei titoli di stato americani si è mosso prevalentemente reagendo all’annuncio del piano finanziario da 750 miliardi di dollari annunciato dalla Commissione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale, a sostegno dei paesi periferici europei in difficoltà fiscale. L’esecuzione del piano, che risulta molto articolato, ha indotto di fatto la Banca Centrale Europea a comprare i titoli di stato prevalentemente di Grecia e Portogallo, facendone risalire i valori di mercato. Quanto ai tassi a 10-30 anni essi nel complesso fluttuano in aree grafiche abbastanza consolidate negli ultimi mesi, rendendo rispettivamente a 3,43% e a 4,31%. Il flusso di dollari in acquisto trova destinazione ultima nel segmento dei treasuries a lungo-termine e anche sul mercato dell’oro.

Il mercato dei cambi ha vissuto un’ottava all’insegna dell’accelerazione della volatilità, dove la settimana era iniziata all’insegna di una volatile escursione anti-dollarista, ma si è poi conclusa con il biglietto verde in rafforzamento. In materia di euro-dollaro appare rotta al ribasso la trendline di lungotermine di tipo rialzista, quella che prende le mosse dal lontano 2000. Il quadro tecnico sulla parte alta è però di più facile lettura, con supporti cruciali nella fascia di 1,3056-1,3094. Il livello di 1,3056 costituisce il punto di Fibonacci cardine nella storia dell’eurodollaro, mentre il livello di 1,3094 è il massimo toccato dal cross nel rimbalzo all’annuncio del piano della UE e dell’IMF. Sulla parte bassa il cambio deve fronteggiare la fascia di supporti statici di un certo rilevante significato compresa nella forchetta di 1,2331- 1,2500, violata la quale si andrebbe a considerare la soglia psicologica di 1,2000. Essendo stati violati i supporti dinamici dati dalle trendline di lungo-termine ora l’euro-dollaro dovrà reagire alla presenza dei supporti statici.
In materia di sterlina le parole del governatore della BoE, hanno fatto luce sulla precarietà delle finanze pubbliche britanniche. Cameron e Clegg, i due nuovi leaders politici inglesi, hanno come primo target quello di ridurre il ratio di budget-deficit/GDP ora a -11,5%. In assenza di tagli alla spesa pubblica o di incremento di drenaggio fiscale, sulla carta lo UK sarebbe destinato a perdere il rating di tipo AAA. Si tratta di un’eventualità non per forza di cose materializzabile, ma comunque contornata da una certa probabilità. L’euro-sterlina ha chiuso l’ottava a 0,8595.
Quanto allo yen, esso è rimasto forte contro euro a 113,5 0, mentre contro dollaro ha chiuso la settimana a 92,20.