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Investimenti e mercati

Report settimanale sui mercati finanziari del 10 gennaio

E che il buon inizio del 2011 sia di buon auspicio? Speriamo!
SITUAZIONE MACROECONOMICA: La prima settimana che ci lasciamo alla spalle è stata caratterizzata da un’ottava positiva sui mercati finanziari internazionali e le prime sedute di Borsa del nuovo anno sono sempre tenute sotto stretta osservazione, se non altro perché un buon inizio è spesso considerato di buon auspicio. E sul mercato, si sa, anche la scaramanzia gioca la sua parte. Stando ai numeri, il 2011 sembra cominciato sotto una buona stella. Dall’altra parte però ci sono comunque e di sicuro,  numerosi nodi da sciogliere: l’elevata disoccupazione nei paesi sviluppati, la ripresa lenta, la situazione finanziaria delicata di alcuni stati europei, solo per menzionarne alcuni. La stessa Federal Reserve, almeno secondo quanto emerso dalle ultime minute, non esclude nuove ricadute per la crisi in Europa. E il numero uno della banca centrale Usa, Ben Bernanke, pur asserendo che l’economia del 2011 dovrebbe essere «moderatamente più solida», ha ammesso che la ripresa «procede a un ritmo insufficiente per ridurre in modo significativo il tasso di disoccupazione». Tasso che è migliorato a dicembre al 9,4% dal 9,8%, per il ventesimo mese consecutivo è però rimasto oltre la soglia del 9%, come non era più successo dalla seconda guerra mondiale. Guardando il bicchiere mezzo pieno, come hanno fatto i mercati nella prima ottava del 2011, è altresì evidente che i segnali di miglioramento nelle principali economie stanno divenendo frequenti. Nei giorni scorsi, ad esempio, è stato annunciato che a dicembre l’indice Usa Ism manifatturiero è salito a 57 punti e quello ai servizi a quota 57,1 punti, il livello più alto dall’inizio della recessione. In Europa la fiducia è migliorata ancora, con l’indice rilevato da Eurostat che a dicembre ha guadagnato 1 punto nell’intera Ue e 1,1 punti nell’Eurozona. Anche l’emissione del bond europeo per finanziare una prima "tranche" di 5 miliardi del prestito Ue all’Irlanda è stata un successo: il collocamento si è chiuso in meno di un’ora, con una domanda pari a tre volte l’offerta. Un risultato incoraggiante per le prossime emissioni. 
SETTORE TECNOLOGICO: Se la situazione economica  paralizza alcuni settori, il mondo delle innovazioni e tecnologie continua a sorprendere. Goldman Sachs ha investito 450 milioni di dollari in Facebook, valutando il social network più famoso al mondo ben 50 miliardi di dollari. Livello quasi raddoppiato rispetto a quello che circolava qualche mese fa. Oltreoceano numerosi titoli della tecnologia si sono messi in evidenza, anche nell’attesa di novità dal salone dell’elettronica che si tiene in questi giorni a Las Vegas.
BORSE EUROPEE: Passando ai numeri, i listini europei hanno chiuso tutti in territorio positivo la prima settimana dell’anno; infatti troviamo Parigi che con il suo Cac40 ha guadagnato il 1,60% mentre Francoforte (+0,49%) ed infine Londra con il suo Ftse100 ha chiuso in territorio leggermente positivo (+0,22%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore viaggi e tempo libero (+3,04%) seguito da quello automotive (+2,01%) ed infine assicurativo (+1,18%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore costruzioni (-4,22%) seguito da quello delle risorse di base (-3,27%) ed infine da quello real estate (-3,15%). Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Daimler (+5,45%), Nokia (+5,15%) e Deutsche bank (+3,67%), mentre in rosso dobbiamo segnalare Crh (-7,74%), Arcelormittal (-6,14%) ed infine Bbva (-5,84%).
BORSA ITALIANA: Piazza Affari chiude la settimana con un deciso rialzo del nostro indice, sospinto al rialzo dall’ottima intonazione della galassia Fiat spinta al rialzo dall’operazione spin off del settore auto da quello di macchine agricole, camion e macchine terra. La settimana si è chiusa con un rialzo dello Ftse/Mib (+1,83%), terminando le contrattazioni a 20542 punti. Da un punto di vista tecnico il quadro è impostato sempre in una fase laterale e solamente  la riconquista dei 20850 porterà respiro al nostro indice anche se il vero punto di svolta lo avremo con la riconquista dei 21050 punti prima e poi con l’approdo dei 21300 che determinerebbe lo slancio verso i 21500 e poi verso i 21700 che decreterebbe l’inversione di trend nel breve termine; di contro il mancato breakout di questo livello, invece, riporterà l’indice verso il supporto in area 20200 punti. Continuo a navigare vista senza farmi influenzare dagli ultimi segnali positivi del nostro indice. Fra i principali titoli in denaro dobbiamo segnalare Prysmian (+11,47% spinta al rialzo dalla  lieta notizia del giorno della Befana della rinuncia dei cinesi di Xinmao Investment Corp nella contesa per Draka. La strada per la creazione del primo gruppo al mondo nel settore dei cavi è a questo punto in discesa, anche se sarà necessario attendere fino al 3 febbraio, giorno del termine dell’opa sulla società olandese) seguita da Diasorin (+9,35% spinta al rialzo dalla promozione di Ubs) ed infine Fiat Industrial (+6,67% spinta al rialzo dall’operazione di spin off che ancora una volta vede vincente il ceo Marchionne); in lettera, invece, Bulgari (-5,94% appesantita dall’intero comparto), seguita da Buzzi (-5,33%) ed infine Unicredit (-3,41%).
BORSE USA: L’equity-market americano ha intrapreso il 2011 alla stessa stregua di come aveva terminato il 2010, ovverosia muovendosi in preda ad un trend di natura ascendente. Mai come nel finale del quarto quarto dalla lontana crisi sfociata nel Chapter-11 di Lehman Brothers, però, la rassegna micro-macro a stelle e strisce in modo così diffusivo si era dimostrata così capace nello sfornare dati di caratura su più fronti per ovvie e disparate ragioni giustificando ex-post il rally di borsa fin qui ottenuto. Ed il tutto ha finito col tradursi con un rinnovato sforzo di bull-market da parte di Wall Street, anche agli attuali livelli che quantomeno al cospetto dei graficisti possano sembrare graficamente relativamente elevati. Mancava all’appello la convinzione che ci si potesse trovare di fronte ad un movimento ciclico strutturale, molto più che di fronte a quella che da molti, soprattutto i più scettici, poteva essere etichettata come una “jobless-recovery” (ripresa senza occupazione). Non che il mercato occupazionale non avesse già dato nel recente passato segnal i di risveglio. Tuttavia l’impulso offerto in settimana dal labor-market USA in chiave espansiva (384mila sarebbero i posti di lavoro creati nel Q4 2010) ha indotto molti addetti ai lavori impegnati sul playground azionario a rompere gli indugi ed a confermare le intenzioni, apparse finora sfocate, di andare a seguire i movimenti ciclici sui mercati finanziari andando a modificare anche soltanto in parte l’asset -allocation di portafoglio. Al di là di immaginare il materializzarsi dei soliti movimenti tattici, e partendo dal presupposto cardine in quanto politico che la Federal Reserve abbia deciso a monte di anestetizzare il rischio sistemico americano mediante scelte di politica monetaria di natura “friedmaniana” tali da ricondurre le fluttuazioni dei mercati azionari in panorami tradizionali e non depressivi, i movimenti delle asset-classes negli ultimi tempi potrebbero aver riflesso scelte di tipo strategico più che tattico. L’ipotesi che siano stati in diversi addetti ai lavori a mutare la propria asset-allocation al cospetto di un tentativo di turnaround del labor-market USA è più che plausibile a questo stadio del divenire ciclico mediante processi decisionali dalla valenza di medio-lungo termine. Non sembra si possa essere trattato insomma di movimenti di mercato di carattere contingente o di natura temporanea, anche perché ad essere premiato in settimana sui mercati finanziari non è stato soltanto l’equity -market americano ma anche il dollaro. La prestazione degli indici borsistici USA, a parità di livelli calcati ne esce ancora una volta più corroborata di quanto non sia numericamente, anche perché l’S&P500 è riuscito a conquistare nuovi massimi in presenza di un Dollar Index più elevato, constatazione questa che ne impreziosisce la performance. L’S&P500 ha finito dunque con l’imporsi su nuovi massimi, arrivando a quotare anche fino a 1.278,17 punti. La linea di trend di utili e giri d’affari di tipo corporate è impostata al rialzo e di questo passo potrebbe non volerci molto prima che suddetti indicatori aggiornino nuovi livelli di record storico se i ritmi ascensionali dovessero rimanere quelli ravvisati di recente.
BORSA GIAPPONESE: Questa settimana è stata all’insegna del denaro anche per il Nikkei225 (+1,90%) trainato ancora una volta al rialzo (10541,45) per il forte deprezzamento della moneta unica e per l’acquisto di titoli legati all’export.

COMMODITIES: La crisi del debito in Europa ha nel corso del 2010 continuato ad alimentare la fuga dal rischio con gli acquisti che si sono concentrati su oro, argento e materie prime in generale, il petrolio in primis salito ai massimi da 27 mesi. Investimenti sicuri che possano mettere al riparo in un certo qual modo anche dagli scossoni sul valutario e dal rischio di surriscaldamento dell’inflazione nelle economie in via di sviluppo. Il CRB Index nonostante i guadagni messi a segno nel 2010 (+17%) e nel 2009 (+24%) non è riuscito ancora a recuperare le perdite accusate nel 2008 (-36%). Il livello di chiusura dell’anno 2007 è difatti pari a 358,71 punti. Il succo d’arancia (+9,43%), l’alluminio (+1,78%) e il gas naturale (+0,39%) sono state le uniche materie prime ad essere risparmiate dal flusso in vendita. Le prese di profitto hanno finito per interessare in particolar modo i metalli preziosi, il rame, il caffè, il mais e il cacao. Il mercato delle commodity quest’anno potrebbe continuare a beneficiare della più che positiva intonazione del ciclo economico dell’area Asia-Pacifico. L’investimento nel mercato delle materie prime dovrebbe avere anche il prossimo anno come principale alleato la scommessa su uno scenario di ripresa dell’attività economica a livello mondiale, magari sempre più meno sostenuta dalle misure eccezionali messe in campo dalle banche centrali e dai governi in tempi non sospetti per combattere la crisi. Il primo contratto future sul petrolio WTI ha scambiato nell’intervallo di prezzo 87,25 $ – 92,58 $ (livello massimo dal lontano ottobre 2008) per poi attestarsi a quota 88,03 $ al barile, in calo di oltre tre dollari.
METALLI PREZIOSI: Settimana nel segno del profit-taking per i metalli preziosi: il contratto-future sull’oro, dopo aver chiuso il 2010 con un rialzo del 30%, il più forte dal 2007, è risalito intraweek sopra 1.420 dollari l’oncia riavvicinandosi al record toccato il 7 dicembre a 1.431,10 dollari prima di ripiegare in area 1.368,90 $/oz, in flessione di oltre cinquanta dollari.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO EUREPEO: Il mercato obbligazionario europeo si è affacciato al nuovo anno ereditando dal 2010 un’economia interessata sì da una ripresa, seppur debole e non uniforme, ma seriamente ostacolata dalla crisi del debito sovrano di alcuni Paesi di Eurolandia. Il numero uno della Bce, Jean-Claude Trichet, ha più volte dichiarato che le misure di stimolo, varate per rilanciare l’economia di Eurolandia, saranno ritirate al momento opportuno e gradualmente. La produzione industriale, in crescita su base annua da dieci mesi, viaggia al ritmo del +6,9% y/y, le vendite al dettaglio dello 0,1% y/y con un credito al consumo ancora in territorio negativo e un tasso di disoccupazione (+10,1%) sui massimi dell’ultimo decennio. Secondo le stime di Eurostat sono complessivamente 23,2 milioni le persone senza lavoro nei 27 paesi dell’Unione europea, di cui 15,9 nei 17 paesi della moneta unica. In materia di prezzi lo spettro della deflazione nel corso del 2010 è stato totalmente cancellato dopo aver veleggiato per buona parte del 2009. A dicembre l’indice dei prezzi al consumo, secondo la stima flash di Eurostat, dovrebbe attestarsi al 2,2%, tornando a superare la soglia del 2% per la prima volta dal novembre del 2008. I prezzi alla produzione invece sono in territorio positivo già da sette mesi a questa parte avendo segnato a novembre un +4,5% y/y. Per come si è mosso nell’ultimo anno, il mercato obbligazionario europeo ha dato l’impressione di voler tracciare una linea spartiacque tra i Paesi PIGS e i restanti con la Germania riconosciuta sempre più dagli investitori come il vero leader. La curva dei rendimenti tedesca nella prima settimana del 2011 ha registrato un movimento di flettening: il 2-anni (0,87%) è rimasto invariato, il 5- anni (1,80%) ha perso 4 bps, il 10-anni (2,87%) 9 bps, il 30-anni (3,38%) 4 bps. Il decennale tedesco continua ad avere come prima resistenza il livello massimo di chiusura del mese di dicembre (3,06%) e come primo supporto la media mobile a 50-giorni (2,79%). Di contro i rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi “periferici” sono letteralmente schizzati verso l’alto. Così facendo lo spread di rendimento di ciascun decennale contro il pari durata tedesco si è allargato: Grecia +23 bps a 974, Spagna +15 bps a 264, Portogallo +60 bps a 424, Irlanda +10 bps a 620, Italia +7 bps a 193. In allargamento anche i credit-default-swap sul debito sovrano, i contratti derivati che segnalano il rischio d’insolvenza percepito dai mercati sul debito dei Paesi periferici dell’area euro. Nel frattempo all’interno dei PIGS i collocamenti dei titoli di Stato continuano a riscuotere successo anche se i costi di finanziamento proseguono il loro trend rialzista. Ad esempio nell’asta del 5 gennaio Lisbona ha piazzato bond per 500 milioni di euro con scadenza luglio con un rendimento del 3,69%, in rialzo dal 2,04% offerto nell’asta dello scorso 1 settembre. Solo l’anno scorso Lisbona sugli stessi titoli a sei mesi pagava appena lo 0,59% d’interesse.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO USA: Il mercato dei titoli di stato americani ha dovuto confrontarsi col newsflow occupazionale, che si è riversato sui desks dei macroeconomisti, reiterando la necessità di affrontare considerazioni e valutazioni di medio-lungo termine in materia di asset-allocation. Al di là dei “default-risks” impliciti nelle masse debitorie, (come quella del debito pubblico USA, mentre si discute l’aumento del tetto legale di government-debt americano), molto ampie ed in crescita consistente, anestetizzati dall’approccio di natura “friedmaniana” alla politica monetaria voluto dalla Federal Reserve, l’idea potenziale di un’eventuale risalita strutturale dal labor-market pone in discussione la fluttuazione dei treasuries, prospettandone un quadro meno roccioso rispetto al passato e maggiormente vulnerabile quantomeno sotto il profilo teorico. Dalle Minute della Federal Reserve è emerso in settimana che l’attività economica americana incede a ritmo moderato, ma che il tasso di disoccupazione resta elevato. Il consumer-spending ha registrato un pick-up tra ottobre e
novembre, mentre le esportazioni sono cresciute rapidamente ed il business-spending ha continuato a muoversi in ripresa. D’altro canto l’attività di costruzioni residenziale e commerciale è rimasta ancora depressa. I titoli di stato a 2-anni americani ed i tassi swap a breve termine, ai dati occupazionali hanno reagito provando a muoversi al rialzo. Appare abbastanza significativa la relazione che sussiste tra i tassi a breve-termine della curva americana e la dinamica occ upazionale. I temi a 2-anni rendono 0,60%, mentre i tassi swap a 2-anni USA rendono 0,84%. Soltanto dati occupazionali molto convincenti potrebbero riuscire a spostare con una certa consistenza e maggiore forza strutturale i tassi di money-markets USA. La curva americana è ancora molto ripida, mentre i tassi a 10-anni rendono il 3,32% e quelli a 30-anni il 4,49%. Sui tassi decennali i primi supporti passano a 3,25% per poi andare a valutare la zona di 3,03-3,05%. Sulla parte alta la resistenza giace nell’area di 3,50%-3,56%.