In un mercato sempre più volatile con l’approssimarsi delle ferie, le Borse europee hanno messo a segno una settimana in chiaro rialzo nonostante i forti venti contrari derivanti dalla crisi del debito sovrano che ha permesso all’indice DJ Eurostoxx50 di azzerare le perdite accumulate dal fallimento di Lehman Brothers del 2008, come l’indice S&P500 a NY.
SITUAZIONE MACRO: Nella parte finale della settimana il governo di Dublino ha annunciato di prepararsi ad aumentare la propria quota nell’istituto Allied Irish Bank salendo al 92%, con un’iniezione di capitali da 3,7 Bln €. La banca irlandese, che già lo scorso anno aveva ricevuto 3,5 Bln € di ricapitalizzazione finanziata da fondi pubblici, diviene così la quarta grande banca irlandese ad essere nazionalizzata. La crisi del debito Ue è rimasta sempre sullo sfondo delle ultime giornate pre – natalizie sul mercato azionario e non solo. A sostenere i listini europei sono state le rassicurazioni della Cina, detentrice di molti titoli in euro, che si è detta pronta a intervenire se necessario sui mercati per attenuare la crisi dei debiti sovrani. A tal proposito anche questa settimana le agenzie di rating internazionali sono state particolarmente attive influenzando non poco con le loro decisioni la direzionalità degli indici. Ha fatto salire un po’ la tensione a Lisbona la mossa annunciata da Moody’s, che ha messo sotto osservazione il paese lusitano minacciando una nuova svalutazione, entro tre mesi, del rating portoghese, dopo che nella precedente ottava aveva ridotto di ben cinque livelli il merito di credito dell’Irlanda. L’agenzia americana non esclude un downgrade di due gradini, da “A1” a “A3”, dopo che in luglio, già, sulla scia della crisi greca, il rating portoghese era già passato da “Aa2” a “A1”. A rischio di un calo del rating da parte della stessa Moody’s è anche la Spagna, avvertita la settimana scorsa dall’agenzia di rating, che nel corso della settimana ha anche abbassato il rating a 30 banche minori del paese. C’è da dire però che la Spagna, a differenza del Portogallo, non dovrebbe avere problemi di rifinanziamento il prossimo anno potendo contare su una certa solidità del sistema finanziario, confermata per altro dagli stress test resi pubblici nei mesi scorsi. Cattive notizie in parallelo sono arrivate anche per la Grecia. L’altra grande agenzia di rating, Fitch, ha minacciato di tagliare il rating del debito ellenico al livello “junk”, dopo aver messo sotto osservazione con implicazioni negative il merito di credito di Atene, e nella giornata di giovedì 23 dicembre, a mercati chiusi, ha deciso di tagliare il rating del Portogallo da “AA-“ a “A+” con outlook negativo.
BORSE EUROPEE: Passando ai numeri, i listini europei hanno chiuso tutti in territorio positivo la settimana anche se come 7 giorni fa il listino tedesco sembra aver tirato un po il freno a mano dopo aver corso per l’intero anno; infatti troviamo Londra che con il suo Ftse100 ha guadagnato il 2,34% mentre Parigi (+0,85%) ed infine Francoforte con il suo Dax30 ha chiuso in frazionale rialzo (+0,47%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore utility (+2,75%) seguito da quello automotive (+2,25%) ed infine da quello oil&gas (+2,24%) mentre in lettera dobbiamo segnalare solamente il settore retail (-0,70%). Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Iberdrola (+7,54% rialzo dovuto alla promozione da parte di Gs che ha alzato il rating da neutral a buy), Nokia (+4,73% spinta al rialzo per le richieste monetarie che la stessa società potrebbe avere da Apple per una somma pari a 1 mld di dollari) e LVMH (+3,90% spinta al rialzo per aver aumentato la sua quota in Hermes), mentre in rosso dobbiamo segnalare Carrefour (-3.72% ribasso dovuto al probabile prossimo taglio di Moody’s dopo aver tagliato le stime per il 2011), Credit Agricole (-3,07% ribasso dovuto per i timori legati ai debiti sovrani) ed infine ArcelorMittal (-2,00% ribasso dovuto alle prese di beneficio dopo essersi messa in mostra la scorsa settimana).
BORSA ITALIANA: Piazza Affari chiude la settimana con un deciso rialzo del nostro indice, sospinto al rialzo dalla galassia Fiat. La settimana si è chiusa con un rialzo dello Ftse/Mib (+2,00%), terminando le contrattazioni a 20774 punti. Da un punto di vista tecnico il quadro si è nuovamente rafforzato e sembra davvero essere costruttivo ma fondamentale sarà la riconquista dei 20800 punti anche se il vero punto di svolta lo avremo con la riconquista dei 21000 punti prima e poi con l’approdo dei 21500 che determinerebbe lo slancio verso i 21700 che decreterebbe l’inversione di trend nel breve termine; di contro al ribasso si è ora delineato un primo supporto utile attorno a 20.750-20.730 punti, che dovrebbe contribuire a sostenere il movimento positivo della scorsa ottava: sotto questo livello si conferma poi la base d’appoggio a quota 20.400, seguita dal supporto psicologico a 20.000 punti. Solo il cedimento di quest’ultimo livello potrà mettere in discussione il quadro tecnico del nostro listino. Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Fondiaria Sai (+7,42% rialzo dovuto al perfezionamento della cessione di Cascina Veneria che ha portato nelle casse del gruppo Ligresti svariati milioni), Fiat (+7,18% spinta al rialzo dalle previsioni di un miglior trimestre rispetto a quello prefissato, grazie all’accordo storico siglato a Mirafiori ma anche grazie all’upgrade di Ubs che ha portato il rating da neutral a buy e il tp da 10,5 a 17 euro nella speranza che il titolo Fiat possa sorprendere ancora in positivo) ed Exor (+7,11% rialzo dovuto all’upgrade di Ubs, cosi come per la capogruppo) mentre in lettera, invece, dobbiamo segnalare Intesa San Paolo (-0,70% ribasso dovuto agli strascichi del timore legato ai debiti dei paesi sovrani), Snam Rg (-0,66%) ed infine Diasorin (-0,48% ribasso dovuto all’imminente entrata nel paniere principale dopo aver corso per un anno intero). A questo proposito voglio comunicare che a partire da Lunedi 20 dicembre nel paniere principale sono entrati Diasorin, Enel Green Power e Tod’s che hanno sostituito Cir, Geox ed Unipol.
BORSE USA: Per quanto riguarda il mercato azionario americano, l’S&P500 entra nella setmana finale del 2010 muovendosi in modo rialzista, intento ad aggiornare ripetutamente i massimi degli ultimi 2 anni. In settimana i top relativi sono stati aggiornati a 1.259 punti, che diviene ovviamente il punto di riferimento sulla parte alta del grafico, dove la fascia passante a 1.300-1.313 punti riveste un primo significato in alto per uno spazio grafico apertosi fino a 1.361 punti. La volatilità intanto si è abbassata in modo significativo, complice la distensione che il rally dei titoli azionari a Wall Street ha comportato: il VIX si muove nella fascia di 15%-20%, al di sotto dei suoi valori medi storici. Mettendo da parte gli aspetti tecnico – grafici le quotazioni dell’equity-market continuano ad avanzare, mentre la crescita pervade molti dei pilastri macroeconomici americani, pur in presenza di relativa sterilità del labor-market USA e pur con un housingmarket la cui “recovery” è ancora tutta da dimostrare. Nell’ambito del mercato immobiliare spicca però la preziosa contrazione virtuosa delle famigerate “foreclosures” (pignoramenti immobiliari) considerato che la crisi era partita dai “mutui-subprime”. Nel mese di novembre i pignoramenti, che tanto hanno segnato in negativo l’incedere dell’housing-market americano nel corso degli ultimi 4 anni, hanno riportato una caduta decisa, lanciando un segnale di possibile miglioramento prospettico sul battuto mercato immobiliare a stelle e strisce. Lungi dal lasciarsi andare a facili ottimismi, la volatilità di tutti i dati riferiti al mercato immobiliare negli ultimi mesi del 2010 potrebbe essere stata elevata per via della moratoria sugli immobili oggetto di contesa con le banche che ha avuto luogo a cavallo del terzo e del quarto quarto. Dovendo inglobare suddetta volatilità bisognerebbe poi considerare che un solo dato non cancella l’eccesso di offerta sul mercato immobiliare pur mostrando esso un cambio di passo rispetto alle sue tendenze che fino a questa settimana apparivano di natura cronica da ben 4 anni a questa parte. Tuttavia l’incedere rialzista di Wall Street appare legato alla possibilità che il labor-market produca una ripresa di buona fattura, che vada ad alimentare il volano degli utili secondo una prospettiva fatta di maggiore distensione e dall’ampio respiro temporale che non riguardi il singolo trimestre bensì un outlook tra il biennale ed il quinquennale, fermo restando che il calo della volatilità potrebbe consentire ai listini di Wall Street di approfittare di un’eventuale “multiple -expansion” (espansione dei multipli) che il mercato tende a regalare quando gli animi sono molto distesi sotto il profilo psicologico. Il tutto andrebbe associato alla possibilità che sull’equity-market si inizino ad insinuare gli stop-loss di coloro che hanno finora approcciato mentalmente il mercato in maniera ribassista, essendo costretti ad allungarsi come nel tentativo di agganciarsi ad un eventuale treno rialzista, per non perderlo del tutto. Ci si trova in una zona di fluttuazione alta soprattutto in un’ottica di breve -termine e ciò non agevola il compito di chi vorrebbe provare a comprare a questi livelli. Tuttavia il quadro in cui si innesca il price-action dell’equity americano appare a tutto tondo migliore rispetto al passato soprattutto sul fronte inflattivo/deflattivo, grazie all’accelerazione rialzista delle materie prime.
BORSA GIAPPONESE: Questa settimana è stata ancora una volta all’insegna del denaro anche per il Nikkei225 (+0,51%) trainato ancora una volta al rialzo (10356,45) per il forte deprezzamento della moneta unica e per l’accelerazione dell’indice borsistico legato ai titoli export.
COMMODITIES: Per la seconda settimana consecutiva il mercato delle materie prime ha finito per registrare un andamento rialzista beneficiando del tentativo di “de-basing” del dollaro voluto dalla Federal Reserve per contrastare la disinflazione americana e per cercare di spezzare il peg di dollaro-yuan. I principali protagonisti della settimana sono stati il succo d’arancia (+7,98%), la benzina (+5,38%), il caffè (+4,73%), lo zucchero (+4,55%) e l’alluminio (+4,19%). Le vendite hanno interessato solo ed esclusivamente il mercato del cotone (-1,33%) e del nichel (-5,62%). Nella settimana dell’operazione tecnica di rollover del primo contratto future in scadenza il mercato del petrolio a NY si è mosso nell’intervallo di prezzo 87,26 $ – 91,63 $ per poi registrare una chiusura a quota 91,51 dollari al barile, in rialzo di 3,5 dollari, per un +15,3% da inizio 2010. Il prezzo del petrolio non raggiungeva questi livelli dal lontano 8 ottobre 2008. Quanto al mercato dell’oro, la settimana si è rivelata positiva con l’ultimo scambio a quota 1.380$/oz, in rialzo di circa 1,5 dollari. In questo caso il massimo storico di 1.431,10 $/oz rappresenta la prima resistenza, la media mobile a 50-giorni (1.371,26 $/oz) il primo supporto. Da inizio anno le quotazioni dell’oro segnano un progresso del 25,9%. Il metallo prezioso per eccellenza continua a essere considerato dai grandi fondi d’investimento un bene rifugio per eccellenza di fronte all’incertezza che grava sull’economia europea e alla prospettiva di una nuova iniezione di liquidità sul sistema americano. Nel corso dell’ultima ottava diverse materie prime hanno aggiornato i propri massimi relativi e/o assoluti. Una citazione a parte la merita il mercato del cotone, volato nel corso della settimana letteralmente alle stelle. Le speculazioni sull’inadeguatezza delle scorte hanno spinto i prezzi a NY ai massimi dalla Guerra Civile americana del 1861-1865 a 1,5912 dollari per libbra. E la corsa non sembra destinata a fermarsi.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO EUROPEO: Per quanto riguarda il mercato obbligazionario europeo, le tensioni circa la crisi del debito di alcuni Paesi della Zona Euro nell’ultima ottava anziché attenuarsi sono addirittura aumentate creando ancora una volta scompiglio sul mercato obbligazionario spingendo all’insù i differenziali di rendimento dei titoli di Stato dei Paesi “PIGS” contro Germania e i rispettivi credit default swap sul debito sovrano, i contratti derivati che segnalano il rischio di insolvenza percepito dai mercati sul debito dei Paesi periferici dell’area euro. Con il salvataggio dell’Irlanda attraverso la concessione di un prestito da 85 Bln € la speranza era quella che le temperature sul debito sovrano potessero abbassarsi, ma così non è stato. A far salire la tensione a Lisbona è stata poi la stessa agenzia di rating che ha deciso di mettere sotto osservazione il rating del debito a lungo termine del Portogallo, pari oggi a “A1”, per un possibile taglio del merito di credito di due punti, dopo che in luglio, sulla scia della crisi greca, era stato ridotto dal livello di “A a2” di un gradino. Quello che preoccupa non è la solvibilità del Paese ma la crescita molle annunciata dal governo, la debolezza della domanda interna, oltretutto colpita dalle misure di austerità anti-deficit che il governo del premier socialista Josè Socrates è stato costretto a prendere sotto pressione dei mercati. A rischio di un calo del rating da parte della stessa Moody’s è anche la Spagna, già avvertita la settimana scorsa, il cui debito pubblico ha toccato nel terzo trimestre del 2010 il tasso record dal 2000 del 57,7% del Pil, con in particolare un forte aumento della parte di responsabilità delle Comunità autonome (regioni). Parte delle speranze per una risoluzione della questione europea è riposta nelle dichiarazioni del governo di Pechino, che detenendo molti titoli di stato denominati in euro si è detto pronto a intervenire se necessario sui mercati per attenuare la crisi dei debiti sovrani. Nel frattempo come accaduto in precedenza gli investitori hanno preferito raccogliere il mercato obbligazionario tedesco mantenendosi a debita distanza da quello dei PIGS. La curva dei rendimenti in Germania è scivolata verso il basso di 6-14 bps con il 2-anni a 0,94%, il 5-anni a 1,90%, il 10-anni a 2,9 8%, il 30-anni a 3,43%. Anche nel corso di quest’ultima settimana i costi di finanziamento dei Paesi “periferici” hanno continuato a salire vertiginosamente. Il Tesoro spagnolo ha collocato 3,9 miliardi di euro di titoli di Stato a tre e sei mesi. Il rendimento medio dei titoli trimestrali è salito all’1,804% contro l’1,743% dello scorso 23 novembre, in rialzo anche quello sui titoli semestrali, al 2,597% dal 2,111% precedente.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO USA: Oltreoceano, invece, il mercato dei titoli di stato americani si è mosso in modo erratico, con fluttuazioni frizionali. Dopo la perdita significativa di valore subita dai treasuries nel periodo post-annuncio “QE2” nelle ultime 2 settimane i bonds governativi USA hanno provato a recuperare. Sul mercato la Federal Reserve, per via del QE2, sarà attiva in acquisto quasi ogni giorno fino a giugno del 2011. D’altro canto la maggiore vulnerabilità dei titoli di stato USA si spiegherebbe da un lato con l’accelerazione dell’inflazione nelle aree emergenti ad alta crescita e dall’altro con una rassegna macro per molti versi migliore che in passato a cui si è associato il massiccio rally dei prezzi delle materie prime, che in un modo o nell’altro contribuiscono a comporre gli indici inflattivi. L’azione della FED è volta a far allargare gli spreads di tasso China-USA, per costringere la People’s Bank of China a rivalutare lo yuan. La FED dovrebbe muoversi in politica monetaria mettendosi a ruota della PBOC, per decidere di alzare i tassi con lag temporali molto ampi rispetto alla PBOC. Molto sul fronte della politica monetaria classica dipenderà ovviamente dalla capacità del labor-market USA di produrre nuovi occupati a sufficienza così da rilanciare il battuto residential-housing-market. I tassi a breve-termine americani appaiono correlati al trend del labor-market. Soltanto un rialzo corposo dei payrolls potrebbe essere associabile ad un rally deciso dei tassi di money-market. Sulla parte a lungo-termine lo yield-pickup continua ad essere mediamente ricco, ma in ottica pragmatica il processo rialzista delle commodities lo rende più rischioso che in passato. La risalita dei tassi nel mezzo del terzo quarto ha consentito ai TIPS a 5-anni di riportarsi sulla soglia dello zero, dopo aver girato in negativo per diverse ottave, indicando aspettative inflazionistiche più alte, poi materializzatesi in rendimenti più alti con la recente caduta dei treasuries. I TIPS al momento indicano che i livelli di tasso e quelli inflattivi attesi sono più bilanciati, con tutti i riflettori puntati sul price-action delle commodities.
FOREX: Il mercato dei cambi entra nell’ultima settimana del 2010 in modo erratico sul fronte del dollaro in un environment che si sta rivelando copernicano per i mercati finanziari in una fase rivelatasi molto a-convenzionale. L’attuale panorama valutario si contraddistingue per la maggiore sinteticità dei significati attribuibili alle divise, in un contesto in cui i tassi di money-market delle valute internazionalmente riconosciute appaiono in concorso asintotici allo zero ed in un frangente in cui l’utilizzo serrato di politiche monetarie di carattere a-convenzionale penalizza, da un lato, l’FX-market sotto il profilo concettuale, impreziosendo, dall’altro, in contemporanea i significati attribuibili al price-action delle commodities. I processi di globalizzazione tendono a spogliare i significati dei cambi per via del fatto che i sistemi economici essendo interrelati tra loro sono portati a mostrare trend analoghi delle variabili macro sottostanti che dovrebbero poi spostare le divise ma che in realtà non le spostano per motivi di uniformità. Ciò è vero per i cross dei paesi ad elevata maturazione economica che per problematiche e per virtù si assomigliano sempre più col passare del tempo. Come avevano rilevato più volte la FED e le autorità americane il mercato dei cambi è al momento “squilibrato”. Il riferimento a chi fa uso di pegs è ovvio, considerando che il gioco competitivo è falsato e la sua manipolazione emerge se analizzando contemporaneamente la dinamica delle FX-reserves sul GDP di pari passo con lo spostamento del Real-Effective-Exchange-Rate di una nazione. Quando ad un’accelerazione delle FX-reserves non corrisponde un rialzo del Real-Effective-Exchange-Rate il mercato dei cambi è in disequilibrio ed il gioco-competitivo falsato. Simili discorsi andrebbero associati anche all’area europea dove la Germania, pur non accumulando FX-reserves si avvale del peg di euro marco a 1,95583 che sulla carta non consente ai paesi periferici di chiudere il gap di performance economica, amplificando il gap competitivo a vantaggio dei più forti (la Germania) e a svantaggio dei paesi più vulnerabili. Premesso che la valutazione sull’euro dipenda da opportunità politiche esulando da valutazioni economiche, dovesse lo stato dei pegs continuare a rimanere tale nel corso di tutto il 2011, la scelta della detenzione di una divisa rispetto ad un’altra apparirebbe poco importante in relazione ai cross maturi. Sul fronte delle divise emergenti suddetta scelta invece passerebbe per il tramite di un’analisi dei current-accounts e degli indebitamenti sistemici dei singoli paesi che le rappresentano.
Auguro a tutti i miei lettori un sereno e prosperoso 2011! AUGURI A TUTTI!