E che dolori provocano questi….PIGS! Persistono le tensioni sui mercati internazionali. Dopo il varo del piano di sostegno all’Irlanda da 85 miliardi di euro, non si sono placati i timori per un effetto domino che possa andare a colpire altri Paesi periferici dell’area euro (in primis Spagna e Portogallo).
SITUAZIONE MACROECONOMICA: Questa situazione di incertezza si e’ andata a riflettere non solo sulle piazze europee ma anche Oltreoceano, da dove arrivano segnali contrastanti dall’economia reale. Mentre il Beige Book pubblicato dalla Federal Reserve ha mostrato un generale tono di ottimismo, nonostante le difficolta’ di questa fase, venerdi’ a sorpresa il tasso di disoccupazione Usa e’ stato rilevato in aumento dal 9,6% al 9,8%, il livello piu’ alto dallo scorso mese di aprile, che equivale a dire che 15 milioni di persone non hanno lavoro. Secondo i dati diffusi dal dipartimento del Commercio statunitense, a novembre sono stati creati 39mila posti di lavoro, una cifra di gran lunga inferiore a quella attesa dagli economisti, che si aspettavano la creazione di almeno 144mila impieghi. "Un tasso di disoccupazione al 9,8% e’ alto in misura inaccettabile e abbiamo bisogno di realizzare una robusta crescita dell’occupazione, al fine di recuperare le perdite di posti di lavoro che sono iniziate oltre due anni fa", e’ stato il commento della Casa Bianca, affidato al consigliere economico Austan Goolsblee. Passando ai numeri, i listini europei hanno chiuso comunque in territorio positivo la settimana dove la piazza di Francoforte che con il suo Dax ha chiuso la settimana borsistica in rialzo (+1,44%), seguito da Londra con il suo ftse100 (+1,35%) ed infine Parigi che con il suo Cac40 (+0,59%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore automotive (+5,12%), seguito dal settore delle risorse di base (+4,71%) ed infine da quello bancario (+3,81%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore utilities (-1,08%), seguito dal settore salute (-0,98%) ed infine da quello tlc (-0,33%). Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Antofagasta (+8,38%), Infinenon (+8,04%) e Bmw (+7,94%).
BORSA ITALIANA: Piazza Affari chiude la settimana con un marcato rialzo del nostro indice, che sembra riportare un po di sereno dopo le settimane nere a causa dei timori per il domino dei debiti sovrani. La settimana si è chiusa con un rialzo dello Ftse/Mib (+1,39%), terminando le contrattazioni a 20121 punti. Il quadro di breve periodo resta precario anche se nelle ultime sedute il nostro indice ha quanto meno dimostrato una pronta capacità di reazione riportandosi sopra la soglia dei 20000 punti. La situazione resta ribassista e soltanto la rottura della resistenza posta a 20500 punti potrebbe far ritornare il sereno sui mercati. Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Stm (+6,64% spinta al rialzo dalla promozione di Natixis), Unicredit (+6% spinta al rialzo dal sereno che è ritornato sul comparto bancario) e Buzzi Unicem (+5,44%) mentre in lettera, invece, dobbiamo segnalare Terna (-3,58% ribasso dovuto al taglio di rating da parte di Jp Morgan), Fondiaria Sai (-3,12% ribasso dovuto per la notizia ufficiale dell’aumento di capitale ) ed infine Azimut (-2,58%).
MERCATI AZIONARI USA: Il mercato azionario americano durante l’ottava non ha deluso, muovendosi in alto in scia ai suoi fondamentali in tentativo di risalita pur con la disoccupazione a 9,8%, housing-market escluso, e snobbando i timori che l’accelerazione del sovereign-risk nella Euro-Zone ed il peg di dollaro-yuan contribuiscono a determinare nell’animo degli operatori. L’ottimismo ha prevalso sul pessimismo. I fund-managers hanno provato a raccogliere l’equity americano, mettendo da parte per un attimo la riluttanza tattica anche giustificabile derivante dall’altezza relativa delle quotazioni di Wall Street. Anche dopo il rally degli ultimi trimestri le quotazioni appaiono alte soltanto graficamente; diversa sarebbe la percezione in caso di relativizzazione delle quotazioni ai giri d’affari sottostanti, partendo dal presupposto che i rischi sistemici di bilancio siano stati anestetizzati a monte dalla Federal Reserve. La convinzione dei floor-traders è apparsa più forte delle altre volte, pur non consentendo essa all’S&P500 di violare le resistenze a 1.225-1.230 punti, il recente top, nonché il punto di Fibonacci cardine a 61,8% del range disegnato negli ultimi anni. Una violazione di quest’area preannuncerebbe come prossimo eventuale target sull’upside la fascia grafica passante a 1.361 punti. Tutto lascerebbe pensare che non solo vi sia stato un tentativo di “decoupling” (scollamento) dei flussi finanziari tra Euro-Zone e USA all’interno dei mercati azionari, Germania esclusa, ma anche un tentativo di forzare l’asset-allocation spostando le percentuali di equity/bonds dei portafogli in linea generale. Anche in precedenza l’S&P500 era riuscito a spingersi fino a 1.225-1.230 punti, ma in un contesto di tassi discendenti. Qualcosa potrebbe mutare, considerando il quadro complessivo.
MERCATO AZIONARIO GIAPPONESE: Questa settimana è stata ancora all’ insegna del denaro anche per il Nikkei225 (+1,38%) trainato al rialzo (10178,32) dal continuo deprezzamento della moneta nipponica. Nell’ultimo mese la borsa di Tokyo ha guadagnato circa il 12% grazie all’interesse mostrato dagli investitori stranieri per l’azionario nipponico.
In una settimana caratterizzata da un clima di avversione al rischio e da un mercato che ha dato l’impressione di “prezzare una crisi sistemica” nella prima metà e dall’iniezione di fiducia della Banca centrale europea data ai mercati stessi nella seconda parte le materie prime hanno proseguito il loro rally rialzista agevolate dall’arretramento del dollar index.
COMMODITIES: I principali protagonisti della settimana sono stati il grano (+15%), cotone (+14%), l’argento (+10%), il rame (+6,4%). Penalizzati sono stati il gas naturale e i suini da macello.
Il contratto future sul petrolio WTI con scadenza gennaio ‘11 si è mosso nell’intervallo di prezzo 83,55 $ – 89,64 $ per poi segnare una chiusura in area 89,5 $ al barile, in rialzo di oltre 5 dollari. Il contratto ha violato al rialzo i livelli di massimo di questo 2010 (88,63 $).
Per quanto riguarda il mercato dei preziosi, il primo contratto-future sull’oro in scadenza al Comex si è attestato a quota 1.414$/oz, in rialzo deciso, poco sopra la trendline ascendente di breve periodo con il massimo storico a 1.424,30 $/oz. Da inizio 2010 l’oro segna un rialzo del 29%.
MERCATO OBBLIGAZIONALE EUROPEO: Dopo giorni di altissima tensione che avevano portato a livelli record il rendimento dei titoli di stato dei Paesi “periferici” a rasserenare gli animi, nell’immediata vigilia della riunione in materia di politica monetaria della Bce, sono state alcune dichiarazioni del presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, secondo cui non va sottovalutata la determinazione dell’Europa di spegnere definitivamente l’incendio della crisi dei debiti sovrani che da mesi divampa nel Vecchio C ontinente. I mercati hanno intravisto nelle parole di Trichet la volontà dell’Eurotower d’estendere il programma di acquisto dei bond dei paesi periferici di Eurolandia attendendosi dalla consueta riunione mensile di Francoforte nessuna sorpresa in materie di tassi d’interesse ma l’annuncio di nuove misure. E così è stato. Il costo del denaro è stato difatti lasciato invariato all’1%, il programma di acquisto dei titoli di Stato europei, deciso a maggio e attualmente in corso, proseguirà commisurato alle condizioni dei mercati finanziari ed è stata annunciata una serie di aste a tasso fisso e liquidità illimitata per i primi mesi del 2011, un vero e proprio dietro-front della Bce in merito al capitolo “exit-strategy”. Gli economisti della Bce hanno confermato la stima media di crescita del Pil per il 2011 (+1,4%) e rilasciato per la prima volta la previsione per il 2012 (+1,7% medio). Nell’arco della settimana i credit-default swap sul debito di Italia, Spagna, Portogallo, Belgio e Irlanda sono volati a livelli record, senza precedenti. Sugli schermi Bloomberg i “CDS”, non solo utilizzati come “assicurazione” ma anche come strumenti speculativi, si sono spinti al massimo storico di 268 punti per l’Italia, di 364 punti per la Spagna, di 543 punti per il Portogallo, di 205 punti per il Belgio e di 605 punti per l’Irlanda. I differenziali di rendimento dei titoli di stato decennali dei Paesi “periferici” contro Germania dopo aver raggiunto in alcuni casi nuovi livelli record (210 punti per l’Italia, 310 punti per la Spagna, 458 punti per il Portogallo), nella seconda metà della settimana hanno finito per restringersi, confermando sempre però su base settimanale un peggioramento della situazione. I Paesi “periferici” hanno continuato a raccogliere capitali sul mercato a costi di finanziamento sempre più in salita.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO USA: Durante la settimana i titoli di stato americani si sono mossi in arretramento, in un environment in cui gli addetti ai lavori hanno per una volta dato l’impressione di regolare le proprie scelte d’investimento non su considerazioni di carattere straordinario, bensì su valutazioni legate a dati macro endogeni agli USA apparsi in preda a migliore momentum, mentre i bond-strategists in via più globale non possono ignorare l’excursus del price-action espresso dai tassi d’interesse cinesi. La Federal Reserve è scesa in campo annunciando un’azione di “quantitative-easing-2” da 600 Bln $, con l’intento di stroncare le aspettative deflazionistiche e con la possibilità futura di adottare una politica impostata ad un “target-inflazionistico”, che le consentirebbe di implementare gli acquisti di treasuries se in presenza di caduta ulteriore dei valori di housing e di riflesso dei prezzi al consumo e alla produzione. La FED da qui a giugno quasi ogni giorno dovrebbe essere in acquisto di titoli del Tesoro americano. L’obiettivo dichiarato del QE2 sarebbe quello di contrastare la disinflazione americana, anche a costo di adottare un approccio “friedmaniano” alla politica monetaria. Friedman, monetarista, inventore della “Quantity Theory of Money”, riteneva che la “price-deflation” debba essere combattuta con la “monetary-inflation” e che viceversa la “price-inflation” debba essere contrastata con la “monetary-deflation”.
MERCATO FOREX: L’FX-market ha vissuto una settimana iniziata all’insegna del dollarismo e terminata in modo anti-dollarista. Il price-action dei cross valutari principali è stato influenzato non poco dalle oscillazione dei tassi d’interesse governativi dei paesi periferici europei, cogliendo una relazione direttamente proporzionale tra dollarismo e tassi periferici. Questa constatazione nasce dall’idea che il magma valutario si muova in preda a necessità ed esigenze di molteplice e contrastante natura in seno alle differenti banche centrali. Come avevano tenuto a precisare Bernanke, il presidente della Federal Reserve e Timothy Geithner, ministro del Tesoro USA , in più di qualche occasione, il mercato valutario presenterebbe grossi squilibri al momento, evocando la necessità di liberalizzarlo a vasto raggio. Secondo indiscrezioni non confermabili le banche tedesche già da tempo sarebbero allineate sul mercato valutario in vendita di euro ed in acquisto di dollari, ponendosi chiaramente al fianco delle autorità cinesi, anch’esse intente a sposare una view di vendita di euro e di acquisto di dollari, volta a far cadere i prezzi delle materie prime e a controllare l’inflazione della propria economia provocando una deflazione delle economie occidentali. La fluttuazione dei mercati finanziari della settimana è forse servita a ricordare alle autorità tedesche che una discesa esasperata dell’euro-dollaro in un contesto di prezzi delle commodities in ascesa crea prospettive stagflattive per le economie aventi deficit di trade e di current-account, arricchendo invece quelle nazioni che girano a surplus commerciale e di partite correnti (la Germania).
Quanto all’euro-dollaro esso ha oscillato disegnando un minimo a 1,2967, per violare solo momentaneamente la media mobile a 200-giorni a 1,3122, recuperandola in alto e chiudendo a 1,3350 circa. La zona toccata in basso durante l’ottava costituisce un’area nevralgica la cui tenuta è fondamentale per gli anti-dollaristi. Sulla parte alta si valuta la media-moblie a 50-giorni a 1,3715, prima della quale bisogna verificare la linea di resistenza del canale discendente formatosi a novembre.