RUMORS. I rumors sul finire di settimana hanno visto ancora una volta la Germania ostacolare questa posizione, e per la conferma che e’ stata rilevata dalla Fed nell’ultimo Beige Book oltre che dallo stesso Ben Bernanke che intervenendo al Congresso ha ammesso che l’economia Usa ha perso slancio e velocità o meglio che la frenata in atto non fosse stata correttamente prevista. La domanda ora e’ se questo rallentamento possa essere di breve durata, legato soprattutto al drastico aumento dei prezzi delle commodities che tuttavia da qualche settimana hanno smesso di salire, o se invece sia frutto di ragioni strutturali.
In questa settimana devo segnalare un dato anomalo, accaduto nella giornata di giovedi, quando Trichet parlando di forte vigilanza sui prezzi e facendo intuire una prossima stretta monetaria nel mese di luglio, ha decretato la caduta dell’euro sul dollaro. E perché l’euro s’è preso una tale batosta? Perché era tutto scontato, e, come suole in questi casi, si sarebbe venduto sulla notizia. La spiegazione convince assai poco: primo, perché, dopo la correzione sui mercati delle materie prime, non era affatto vero che si desse per fatta un’ulteriore stretta monetaria; secondo, perché vi sono altre cause ad aver generato l’improvvisa debolezza dell’euro.
La più ovvia è la questione dei debiti sovrani e il tentativo di salvare ad ogni costo la Grecia. Ma forse c’è un altro e meno consumato motivo per prefigurare una ritrovata forza del dollaro, quanto meno nel breve e medio periodo. L’ha fornita il presidente della Fed, quando, martedì, ha fatto capire che non ci sarà un nuovo quantitative easing (QE), una volta esaurito l’attuale programma di acquisto di Treasury. Senza ulteriori iniezioni di liquidità, cala la pressione sulla valuta americana e diminuiscono le possibilità di carry trade.
Il problema è che nè la Fed e tanto meno il Tesoro Usa vogliono una valuta forte, nonostante la retorica delle loro affermazioni. Ma un terzo QE, non si può fare per ora, vista l’opposizione di quasi la metà dei membri della Fed. Ma quel che è buono per il dollaro, potrebbe non esserlo per Wall Street. I due effetti più significativi del presente QE sono stati la crescita di Wall Street e il ribasso del dollaro. Dal primo settembre, all’indomani del discorso di Bernanke a Jackson Hole, l’S&P è salito fino a un massimo del 30% e la valuta s’è deprezzata del 17% sull’euro. Se il dollaro dovesse davvero prendere la strada del rialzo, è anche piuttosto difficile immaginarsi ampi guadagni per Wall Street: tanto più che una significativa fetta dei ricavi e degli utili per le maggiori aziende americane è arrivata in questi mesi proprio dalla debolezza del cambio. Quanto soffrirà la borsa? Difficile da prevedere.
AZIONI EURO. Passando ai numeri, i listini europei hanno chiuso tutti in territorio negativo la settimana; infatti troviamo Parigi che con il suo Cac40 ha perso il 2,2% mentre Londra con il Ftse100 (-1,52%) ed infine Francoforte con il suo Dax30 (-0,55%). A livello settoriale non dobbiamo segnalare nessun settore in denaro mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore bancario(-3,95%), seguito da quello del commercio (-3,24%) ed infine quello tlc (-3,15%). Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Bmw (+3,40%), Basf (+2,56%) ed ArcelorMittal (+1,88%), mentre in rosso dobbiamo segnalare France Telecom (-6,49%), Bbva (-5,83%) ed infine Credit Agricole (-4,87%).
AZIONI ITALIA. Piazza Affari chiude la settimana con un deciso ribasso del nostro indice, trainato nella lettera dal comparto bancario. La settimana si è chiusa con un ribasso dello Ftse/Mib (¬-3,32%), terminando le contrattazioni a 20117 punti. Da un punto di vista tecnico il quadro di breve periodo è negativo e fondamentale sarà il ritorno delle quotazione in area 20600 punti che offrirebbero lo spunto per poi attaccare la resistenza statica dei 21200 punti passando per il target intermedio dei 20800 punti; di contro la rottura al ribasso della soglia psicologica dei 20000 punti decreterebbe l’inversione anche nel medio termine e darebbe luogo ad una pericolosa ed ampia gamba ribassista con successivo supporto a 19900 punti.
Di fondamentale importanza, comunque, saranno la tenuta del supporto in area 7.000 per il Dax tedesco e del fondamentale livello in area 1.250 per l’S&P500. Nella settimana che affrontiamo sicuramente ci sarà un tentativo di rimbalzo in virtù dell’ipervenduto accumulato dopo 6 settimane negative consecutive, e raccomando ai miei lettori di non voler cercare di anticipare il mercato. Operativamente in questa fase estremamente volatile privilegio la liquidità. Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Prysmian (+1,04% spinta al rialzo per i futuri investimenti in energia eolica che dovrebbe affrontare in Germania.
Secondo gli analisti, dunque, la decisione della cancelliera Angela Merkel nel lungo termine avrà un effetto positivo sull’andamento della quotazione. Gli investimenti stimati hanno un elevato valore, basti pensare che solo per i campi eolici del Mare del Nord si stima che verranno investiti circa cinque miliardi di euro. Il governo tedesco ha inoltre cancellato i piani che vedevano un ulteriore taglio agli incentivi per l’energia fotovoltaica), Bulgari (+0,16%) e Parmalat (+0,08%) mentre in lettera, invece, dobbiamo segnalare Ubi Banca (-10,43% ribasso dovuto per la questione legata all’inizio dell’aumento di capitale e perché gli analisti di Banca Leonardo hanno tagliato da 6,5 euro a 5,1 euro il target price sull’istituto e hanno confermato il giudizio “Underweight”), Bpm (-9,92% ribasso dovuto in quanto gli analisti di Intermonte hanno ridotto il tp da 2,17 euro a 2 euro il target price sull’istituto.
Gli esperti hanno confermato il giudizio “Underperform” e per i timori legati alle osservazioni della Banca d’Italia sul rischio creditizio dell’istituto, riportate oggi dai quotidiani. "Dall’ispezione di Bankitalia sarebbero emerse incongruenze sui crediti a rischio e questo pesa sull’andamento del titolo) ed infine Banco Popolare (-8,89% ribasso dovuto ai rumors che cominciano a circolare tra i diversi analisti i quali iniziano a dubitare anche dei fondamentali dell’istituto di credito, messi in dubbio dal mercato.
Pochi giorni fa Equita ha confermato un target price a 3 euro per il Banco Popolare, cioè quasi il doppio del prezzo attuale, confermando inoltre le stime per il 2012-13. Il Banco Popolare nel primo trimestre del 2011 ha fatto registrare un utile netto di 178 milioni contro la stima di 56 milioni, grazie ai capital gain sul portafoglio gestito, a conferma che il management può migliorare anche sugli asset).
OBBLIGAZIONI EURO. Ancora tensione sui mercati obbligazionari dell’area Euro: venerdì si è assistito a una nuova significativa discesa dei rendimenti core (con punte di -9 punti base per il quinquennale tedesco), che riflette la crescente appetibilità dei titoli low yield dell’area Euro per gli investitori maggiormente avversi al rischio, inclusi coloro che stanno riducendo l’esposizione ai debiti periferici. Ancora rialzi, invece, per i titoli greci (biennale +20 bp) e portoghesi (decennale +14 bp).
L’aumento molto marcato dei rendimenti irlandesi, inoltre, getta pesanti ombre sulla capacità di Dublino di rimborsare il prestito internazionale di novembre e di risollevarsi tramite una crescita exportled, visti anche i livelli attuali della valuta comunitaria. Sul fronte greco, una riunione di emergenza dell’Eurogruppo prevista per domani cercherà di sciogliere l’impasse attuale sull’erogazione del nuovo prestito internazionale al Tesoro di Atene, al fine di garantire la solvibilità dei titoli greci fino al 2014. Essa è legata principalmente all’apparente inconciliabilità tra la posizione tedesca e quella della BCE.
Il ministro delle finanze tedesco Schaeuble preme per il coinvolgimento diretto dei bondholders nel programma in fase di negoziazione, al fine di reperire almeno un 30% dei fondi complessivi da erogare. D’altro canto, la BCE esclude qualsiasi tipo di rollover (ovvero un modo di procrastinare il rimborso dei titoli in scadenza, emettendone di nuovi a scadenza superiore) per il debito greco, se non di natura puramente volontaria: una soluzione a dir poco utopistica, dal momento che difficilmente i detentori di bond ellenici deciderebbero spontaneamente di mantenere la propria intera esposizione a un emittente oramai in zona junk.
La posizione del governo tedesco è indubbiamente frutto del campanilismo: un coinvolgimento del settore privato ridurrebbe il peso del sostegno a carico dei governi europei, che tradizionalmente non è visto di buon occhio dagli elettori tedeschi e sta ponendo seri problemi di tenuta all’attuale maggioranza di governo. Tuttavia essa sembra la più ragionevole: ridurre gli oneri a carico del Tesoro greco nel breve periodo è l’unico modo per tentare di evitare un default disordinato nel medio periodo (magari alla scadenza del nuovo prestito, nel 2014).
L’unica cosa certa, al momento, è che in assenza di un accordo in tempi rapidi il FMI non sbloccherà la sua tranche di aiuti nel mese di giugno, con rischio di un default greco già nei prossimi mesi.