I mercati internazionali hanno avuto andamenti contrastanti nell’ultima settimana, in una alternanza di sedute positive e negative (con scambi ridotti complice anche l’avvicinarsi del periodo delle ferie) con performance diverse per gli indici.
LA SETTIMANA. In generale Milano e Madrid hanno chiuso il periodo piu’ deboli, al contrario di Francoforte e New York, dove nonostante alcuni dati negativi e un calo nella seduta di fine settimana, dal punto di vista grafico, il Dow Jones ha un quadro positivo. Dopo i dati incoraggianti sul mercato del lavoro arrivati dall’agenzia privata Adp giovedi’ 7 luglio, le indicazioni ufficiali delle autorita’ statunitensi hanno deluso le attese.
Nel mese di giugno sono stati creati soli 18mila nuovi posti di lavoro, contro le previsioni che stimavano una crescita di 125mila unita’ e un tasso di disoccupazione salito al 9,2% dal 9,1% di maggio. Inoltre, e’ stato ritoccato al ribasso il dato del mese di maggio, facendo accrescere i timori che il rallentamento dell’economia Usa possa essere piu’ lungo e piu’ duro di quanto previsto.
A livello internazionale l’attenzione e’ ancora molto alta nei confronti della Grecia, per il timore di rischio contagio ad altre economie del Vecchio Continente, a cui si unisce la decisione di Moody’s di tagliare il rating portoghese di quattro notch a Ba2, portandolo al livello "non investment grade". Tuttavia, anche se sui mercati c’e’ una avversione al rischio diffusa, si nota anche un atteggiamento molto selettivo e cauto degli operatori. Si assiste a una ricerca della qualita’, che sta premiando maggiormente Paesi benchmark (Germania e Stati Uniti su tutti), anche se all’interno di questi non si rifugge l’investimento a rischio.
Inoltre, c’è da mettere in evidenza che sembra esserci in atto un vero e proprio attacco speculativo al Belpaese; la perfida speculazione internazionale che s’è accanita sull’Italia e sulle sue istituzioni finanziarie: il cinismo di Moody’s e delle altre agenzie di rating, l’avidità delle Goldman Sachs, JP Morgan e delle altre grandi banche d’affari che, avendo fiutato il sangue, si sono gettate sulla preda più grande, l’opportunismo degli hedge fund che si ritrovano una nuova grande occasione per far soldi al ribasso con la crisi dei debiti sovrani, i fondi pensione americani che, per paura e pregiudizio, stanno svendendo Btp, titoli bancari di Piazza Affari e comprando Credit default Swap (Cds).
Così le agenzie di rating, che fanno il loro mestiere, le banche d’affari, gli hedge fund e gli investitori, che pur speculando fanno il loro mestiere, hanno scoperto che il nostro Paese ha il ventre molle e che la soluzione più facile per aggredirlo passa attraverso le sue banche e le sue assicurazioni. In una nazione che non cresce e con i tassi d’interesse diventati di fatto più cari degli altri Paesi europei di almeno due punti percentuali, le banche rappresentano proprio l’anello debole.
Si può sospettare che quanto s’è visto nelle ultime settimane, e che ancora venerdi s’è riproposto crudamente, sia eccessivo e che non si possa martoriare ulteriormente società che sono valutate come se dovessero fallire. Ma si sa che il troppo non è un concetto che i mercati hanno presente e che una discreta dose di irrazionalità fa parte del gioco. E, purtroppo, questo gioco al ribasso, con gli spread di rendimento che si ampliano creando costi aggiuntivi alle finanze dello Stato, è un meccanismo che si autoalimenta.
Perché l’Italia e non la Spagna, per esempio? Probabilmente perché il mercato dei titoli di Stato è assai più grande e più liquido da noi, perché nonostante le trattazioni convulse, come anche ieri si sono viste sui titoli UniCredit, anche Piazza Affari è più liquida di Madrid. Gli istituti italiani si approvvigionano di denaro (sull’interbancario o emettendo bond) a costi più alti di almeno il 2% rispetto ai concorrenti europei e a quelli esteri su piazza, sicché il loro margine nell’intermediazione del denaro è diventato quasi nullo.
Per guadagnare devono fare compravendita di titoli a reddito fisso e assumersi dei rischi. Se comprano Btp, rischiano anche di perderci, visto come vanno le cose. Le nostre banche sembrano tutte sottovalutate, persino se le si confronta con quelle spagnole il cui sistema è assai meno solido del nostro.
AZIONI EURO. Passando ai numeri, i listini europei hanno chiuso in territorio contrastato la settimana; infatti troviamo Londra che con il suo Ftse100 ha guadagnato lo 0,01% mentre Parigi con il suo Cac40 ha
chiuso in negativo (-2,34%) mentre Francoforte con il suo Dax30 ha chiuso in frazionale ribasso (-0,23%).
A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore alimentare (+1,28%), seguito da quello automotive (+1,19%) ed infine da quello chimico (+1,18%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore bancario(-9,40%), seguito da quello delle costruzioni (-4,21%) ed infine quello tlc (-3,80%). Fra i principali titoli dobbiamo segnalare in nero Deutsche Boerse (+3,84%), Bayer (+3,09%) e Sap (+2,87%), mentre in rosso dobbiamo segnalare Credit Agricole (-12,26%), Bbva (-9,85%) ed infine Societe Generale (-9,22%).
AZIONI ITALIA. Piazza Affari chiude la settimana con un deciso ribasso del nostro indice, trainato nella lettera dal comparto bancario e come detto in apertura dall’attacco speculativo indirizzato al nostro Paese. La settimana si è chiusa con un forte ribasso dello Ftse/Mib (¬-7,15%), terminando le contrattazioni a 19050 punti. Da un punto di vista tecnico il quadro di breve periodo è fortemente negativo e fondamentale sarà il ritorno delle quotazione in area 19500 punti che offrirebbero lo spunto per poi attaccare la soglia psicologica dei 20000 punti; di contro la rottura al ribasso della soglia psicologica dei 19000 punti decreterebbe l’inversione anche nel medio termine e darebbe luogo ad una pericolosa ed ampia gamba ribassista con successivo supporto a 18000 punti riportando l’indice ai minimi degli ultimi due anni.
Operativamente in questa fase privilegio la liquidità. Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Tenaris (+1,65%), Campari (+1,06%) e Tod’s (+0,70%) mentre in lettera, invece, dobbiamo segnalare Fondiaria Sai (-25,91%), Unicredit (-19,84%) ed infine Intesa San Paolo (-13,54%).
AZIONI USA. Settimana “laterale” per l’indice S&P500 attestatosi a quota 1.343,80 punti (+0,31%), dopo essersi spinto all’insù fino a quota 1.356,48 punti, poco distante dall’area di massimo relativo di 1.363,61 punti aggiornata lo scorso 29 aprile. Il Nasdaq100 è invece salito dell’ 1 ,88% arrestando la sua ascesa a quota 2.405,89 punti. L’information tech (+3,3%), i consumer discretionals (+2,8%), i materiali di base (+2,2%) ed i petroliferi (+1,9%) sono stati i settori best-perfomers della settimana.
Diverse le motivazioni che hanno contribuito alla tenuta dell’azionario americano nonostante il rafforzamento del biglietto verde sul mercato valutario e i venti contrari della crisi del debito nella Zona Euro. La positività di alcuni dati macroeconomici in agenda ha finito per avvalorare l’ipotesi tracciata dalla Federal Reserve nel suo ultimo FOMC secondo cui l’attuale rallentamento della crescita sarebbe “temporaneo” avendo ipotizzato una sua accelerazione nella seconda parte del 2011. Ai fattori “temporanei” spesi dalla Fed nel giustificare il rallentamento dell’economia a stelle e strisce andrebbero aggiunti gli effetti distruttivi del terremoto/tsunami che in data 11 marzo ha letteralmente messo in ginocchio il Giappone.
Nell’ambito del report della produzione industriale giapponese, pubblicato la scorsa settimana, è emerso un deciso rimbalzo del settore automobilistico, come a voler evidenziare che alcuni dei colli di bottiglia generati dall’incidente presso la centrale nucleare di Fukushima e che gravano sull’intero comparto possano essere stati rimossi. Quella americana potrebbe beneficiare a giugno anch’essa di un balzo del settore auto. Si tratta comunque di supposizioni in un contesto in cui comunque il rischio legato ai dati macro è aumentato rispetto al passato. Il dato di giugno dei non-farm payrolls non ha dato una mano al mercato deludendo le attese degli analisti.
L’economia americana ha creato 18 mila nuovi posti di lavoro contro i 105 mila stimati ma la revisione dei due precedenti mesi è risultata “negativa” per complessivi 44 mila posti. Il tasso di disoccupazione è salito di un decimale, dal 9,1% al 9,2%, ai massimi da dicembre 2010. Da quando si è insidiato Barack Obama i posti di lavoro andati persi sono pari a 1,820 milioni di unità. La nuova impasse sull’accordo, ancora una volta sulle tasse che Obama vuole alzare per i più ricchi scontrandosi con i repubblicani, apre due settimane di fuoco, entro le quali un accordo è necessario.
Il mercato azionario da lunedì prossimo si confronterà anche con la nuova stagione delle trimestrali con la big dell’alluminio Alcoa a fare da “apripista”. Finora non è stato possibile valutare l’impatto della rassegna macroeconomica sul fronte CORPORATE, e l’earning season rappresenta la giusta occasione. Gli analisti si attendono mediamente nel Q2’11 un incremento degli EPS su base annua di +12,9% y/y (ex-financial +13,1%). Finora l ’evoluzione degli utili e del fatturato del CORPORATE America è stata rialzista al punto tale da imprimere un rally strutturale da marzo del 2009 finto ai tempi d’oggi.
La Bce ha deciso di alzare di un quarto di punto il tasso di riferimento principale in Eurolandia, portandolo dall’1,25% all’1,50%. E’ la seconda stretta monetaria varata quest’anno dal Consiglio direttivo dopo quella decisa ad aprile scorso ed era ampiamente prevista dal mercato. La Bce ha anche aumentato il tasso marginale, dal 2% al 2,25% e quello sui depositi dallo 0,50% allo 0,75%. L’intervento restrittivo deciso dalla Bce è stato reso necessario dai rischi in aumento per la stabilità dei prezzi.
L’Eurotower ha affermato che monitorerà “molto da vicino” gli sviluppi inflazionistici spiegando che nonostante la decelerazione della crescita dell’area euro resta una spinta positiva sulle economie dei Paesi UE-17. Il Consiglio direttivo della Bce ha deciso di sospendere i requisiti di rating sui titoli portoghesi dalle banche a garanzia della liquidità. In precedenza la Bce aveva fatto lo stesso per la Grecia e l’Irlanda.
OBBLIGAZIONI EURO. Senza entrare nel merito dei singoli paesi il numero uno della Bce ha invitato i governi a impegnarsi per le riforme strutturali e a superare le eccessive rigidità presenti nelle rispettive economie. Per quel che riguarda la crisi del debito sovrano di alcuni Paesi dell’area euro il downgrade del rating del Portogallo a “junk” deciso da Moody’s ha comportato un innalzamento del rischio contagio. Il rendimento del BTP decennale ha superato la soglia del 5% per la prima volta dal 2008, arrampicandosi fino al 5,38% facendo allargare lo spread con il Bund a +246,7 bps, ai massimi dalla nascita dell’euro.
In tensione anche i titoli di Stato dei Paesi PIGS: in Spagna il rendimento del decennale è salito di 29 bps al 5,68% e lo spread con il Bund si è ampliato a +2 85 bps, in Grecia il decennale è salito di 53 bps al 16,86% e lo spread con il Bund si è ampliato a +1.403 bps, in Portogallo il decennale si è attestato al 12,93% (+199 bps) e lo spread con il Bund si è ampliato a +1.010 bps. Il rischio debito dei Paesi “PIGS” e dell’Italia misurato dallo spread sul mercato dei CDS a 5-anni si è allargato toccando per alcuni nuovi massimi: Lisbona (+279 bps a +1.023 bps dopo un massimo di +1.050 bps), Dublino (+171 bps a +900 bps dopo un massimo di +922 bps), Atene (+238 bps a +2.186 bps dopo un massimo di +2.230 bps). Madrid (+52 bps a +314 bps dopo un massimo di 368 bps), Italia (+59 bps a +241 bps dopo un massimo di +272 bps).
OBBLIGAZIONI USA. Nel corso dell’ultima settimana il mercato obbligazionario a stelle e strisce si è mosso sulla scia di alcuni dati macroeconomici in agenda di una certa rilevanza nella speranza di ricevere buone nuove dal Congresso in merito alla questione della revisione o meno al rialzo del tetto legale del debito pubblico statunitense. Tre di numero sono stati i dati congiunturali market-movers, in ordine cronologico quello degli ordini di fabbrica di maggio, dell’ISM servizi di giugno e dei nuovi posti di lavoro creati nello stesso mese. Quello a deludere maggiormente il mercato è stato il dato sul mercato del lavoro.
Gli USA nell’ultimo mese hanno creato 18 mila nuovi posti di lavoro contro i 105 mila stimati in media dagli analisti ma l’aspetto più negativo è stata la revisione al ribasso dei due mesi precedenti per un totale di 44 mila posti. Numeri questi che oltre a dettare gli acquisti sul mercato da parte degli investitori hanno riassunto in pillole le parole spese dalla Banca centrale statunitense in materia di outlook nei comunicati dell’ultimo FOMC e cioè di una ripresa economia che procede lenta, essendosi indebolita di recente e che rimarrà modesta, ostacolata dal mercato immobiliare e del lavoro e dalla crisi del debito europea, considerando il ruolo centrale che i titoli di Stato americani hanno sui mercati finanziari globali.
I tassi negli USA dovrebbero rimanere a livelli eccezionalmente bassi per un periodo prolungato, ovvero per almeno altri tre FOMC. Ricordiamo che la data del 30 giugno ha sancito la fine del “QE2”. Nel frattempo la fase di stallo del Congresso in merito alla questione della revisione al rialzo del tetto legale del debito pubblico posto a 14.300 miliardi di dollari non ha contribuito a lenire la tensione sui mercati. Un mancato aumento del tetto del debito entro il 2 agosto si concretizzerebbe difatti in un blocco delle attività che avrebbe ripercussioni sul livello di credito degli Stati Uniti. Da quella data in poi lo Stato non potrà più effettuare pagamenti.
Le conseguenze di un default americano sarebbero davvero significative e imprevedibili. Secondo l’agenzia di rating Fitch c’è una possibilità su tre che gli USA si vedano tagliare il proprio rating di tripla “A” nei prossimi anni. Per Standard & Poor’s la valutazione verrà immediatamente tagliata se un pagamento non verrà onorato.
Questo potrebbe avvenire il 4 agosto quando arriveranno a scadenza titoli per 30 miliardi di dollari, che in caso di mancato pagamento, avranno rating “D” con conseguenze anche su altri Treasury.
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