Categorie
Investimenti e mercati

Dall’oro al bond, lo slalom
tra le tensioni del 2020

I trend del 2020: la cavalcata aurea, lontani dal petrolio, le Borse cercano record

Il decennio che verrà

Con la Brexit in avvicinamento e le primarie americane per le presidenziali in arrivo, c’era da scommetterci sul fatto che il 2020 non sarebbe stato un anno banale. Ora che ne abbiamo la certezza, anche “grazie” al nuovo focolaio bellico sviluppatosi in Medio Oriente per mano americana. Per chi investe, è il momento di allacciare le cinture e prepararsi a uno slalom gigante per scansare le tensioni in atto a livello globale. Cogliendo le occasioni di un nuovo decennio ancora agli albori.

Un sunto sui trend principali

Oro sì, obbligazioni societarie e sui debiti statali da valutare, petrolio no perché il prezzo non regge nemmeno quando spirano i venti di guerra. Le Borse restano un’incognita perché ai massimi, ma sono l’unico terreno dove si possono ottenere rendimenti di qualche soddisfazione, specie puntando ai dividendi. Poi c’è l’immobiliare che conviene solo se si compra una casa per viverci, non per affittarla. In tempi di crisi internazionali, compresa la partita non risolta dei dazi commerciali, non è facile pensare agli investimenti del 2020. Ma qualche trend si può evidenziare.

L’età dell’oro

Anche nei giorni concitati dopo l’eliminazione del generale iraniano Soleimani, il metallo prezioso è stata la star indiscussa dei mercati. Dal 3 gennaio ha guadagnato ‘solo’ l’1,8% e ha chiuso la prima settimana dell’anno a quota 1.548 dollari l’oncia dopo aver raggiunto anche quota 1.580. Ma è da tenere presente che continua a battere i record degli ultimi sette anni e gli analisti pensano che la sua corsa possa proseguire. Attenzione però anche alle modalità di investimento: la sua rivendibilità c’è ma si paga sempre il ‘capital gain’ del 26% sulla plusvalenza, sia che si abbia fattura per documentarne l’acquisto sia che manchi: in questo secondo caso l’imposta si paga forfettariamente su un quarto dell’incasso.

Petrolio, no way

Altro protagonista dei giorni di forte tensione internazionale, quando si ipotizzava che la ritorsione iraniana potesse coinvolgere il passaggio del greggio dall’area del Golfo persico. Ma la fiammata è stata di breve durata, con il prezzo che a New York ha chiuso la settimana sotto la quota psicologica dei 60 dollari al barile, addirittura in calo del 3,5% rispetto ai giorni precedenti l’attacco statunitense. Secondo gli operatori è segno che la scarsa vitalità dell’economia mondiale e la produzione in eccedenza non permettono alle quotazioni di ‘tenere’, con cali vistosi solo pochi giorni dopo i rialzi, che sono quindi stati più che altro emotivi.

L’impennata dei bond

Nel 2019 il mercato dei bond ha riservato buone soddisfazioni, sia per i prodotti ‘governativi’ sia societari, in particolare se si è puntato sugli Stati emergenti, grazie al raggiungimento di una prima intesa tra Washington e Pechino sui dazi e alle elezioni inglesi che hanno riportato attenzione sui prodotti del Regno Unito. L’anno è iniziato allo stesso modo, con un boom inatteso nei giorni di forte tensione Usa-Iran: le sole banche d’investimento nella giornata del 7 gennaio hanno collocato un controvalore di 27 miliardi di euro, per salire a 31 il giorno successivo. Se si guarda all’Italia, lo spread con la Germania tiene e il Btp decennale viaggia tra un rendimento dell’1,3% e l’1,4%, lontano dai picchi di agosto corrispondenti alla crisi del governo Lega-M5S.

Borse ai massimi

Anzi, le Borse. Perché generalizzare non serve: secondo gli analisti bisogna individuare quelle con maggiori margini di crescita in un momento nel quale proseguono a ‘pompare’, chiaramente scollate dall’andamento dell’economia reale. Wall street continua a sfornare record storici e quelle europee la seguono. Con la domanda che è la stessa ogni giorno: durerà? La riposta degli operatori, soprattutto dopo che i listini hanno superato indenni la settimana del possibile scontro armato a Teheran e dintorni, in genere è positiva. Per l’investitore italiano l’attenzione può essere incentrata su Piazza Affari, con l’indice Ftse Mib che venerdì è tornato oltre la soglia dei 24mila punti. Ora inizia l’attacco a quota 24.500, quella che, una volta sfondata, potrebbe portare ad aumenti consolidati. È successo molto brevemente un anno e mezzo fa, ricordando che prima della crisi si era anche oltre i 40mila.

Il flop immobiliare

I calcoli degli ultimi dieci anni sono chiari: investire in una casa conviene solo se ci si vive e quindi si può risparmiare l’affitto, altrimenti no. Anzi, tra spese e tasse, si rischia di non recuperare nemmeno l’inflazione. Con una sorpresa: secondo Nomisma, non è la sola e solita Milano a ‘tirare’. In dieci anni, senza considerare le spese di mutuo eccessivamente variabili, una casa di residenza a Milano ha reso il 18% in più dell’inflazione, ma Napoli e Roma non sono lontane (+16%), seguite da Torino che segna un guadagno del 12%.