Fra poco a difendere la Fed rimarrà solo Obama. Alle critiche mosse dai ministri delle Finanze di Cina, Brasile e anche Germania alla decisione di Ben Bernanke di acquistare Treasuries americani per 600 miliardi di dollari nei prossimi sei mesi, hanno fatto eco quelle levatesi all’interno degli Usa.
LE PREOCCUPAZIONI: Contro Bernanke hanno tuonato Sarah Palin, leader del Tea Party ed ex candidata alla vicepresidenza americana con i repubblicani, ma anche esponenti dello stesso comitato monetario della Fed, come Kevin Warsh. Quest’ultimo, che pure ha votato a favore della decisione, ha espresso preoccupazione per il rapido aumento dei prezzi delle materie prime, e ha ripetuto che gli effetti della politica monetaria sono limitati per definizione e che serve anche un intervento politico, per poi sostenere che «le misure addizionali di politica monetaria sono, nel migliore dei casi, un modesto sostituto di politiche a sostegno della crescita». La Palin, come già evidenziato nell’articolo di ieri, che raramente era entrata in argomento, ha sottolineato il legame fra «un dollaro debole, frutto diretto delle decisioni della Fed di immettere liquidità nel mercato e l’aumento dei prezzi del petrolio e dei generi alimentari». «Non vogliamo che una crescita temporanea e artificiale aumenti l’inflazione in modo permanente erodendo il valore dei nostri redditi e dei nostri risparmi» ha aggiunto.
GLI EFFETTI DEL QE2: La controversa ex governatrice dell’Alaska, che evidentemente ha dato un’idea della «accoglienza» che la Camera a maggioranza repubblicana farà da gennaio al chairman della Fed, si è meritata un editoriale del Wall Street Journal assieme al presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick che ha invece sostenuto la necessità si considerare anche l’oro «come punto di riferimento internazionale per le aspettative del mercato in materia di inflazione, deflazione e prezzi futuri delle valute». Gli effetti del QE2 della Fed, la seconda ondata di quantitative easing, non hanno tardato a farsi sentire sul fronte delle materie prime e su quello valutario, a pochi giorni dall’apertura del vertice dei capi di stato del G-20 a Seul, dove alle valute sarà dedicata una parte importante delle discussioni. L’oro ha superato in mattinata i 1.422 dollari l’oncia, l’argento è ai massimi degli ultimi 30 anni, e quello del greggio gli 87,20 dollari al barile sul Nymex dopo la ripresa delle quotazioni del biglietto verde che nel corso della seduta ha spinto l’euro fino a 1,3865 nei suoi confronti rispetto all’1,42 dei giorni scorsi, ma anche per le stime dell’agenzia internazionale dell’energia che ha previsto prezzi fino a 110 dollari al barile nel 2015 e superiori a 200 nel 2035.
EFFETTI POTENZIALI: Il boom dei prezzi sulle materie prime, registrato da indici come il Reuters-Jefferies CRB, ieri ai massimi da 25 mesi, ha contagiato persino i corsi azionari, con l’indice Stoxx Europe 600 che ha toccato nel corso della seduta 274,23, livello che non vedeva dai giorni del crac Lehman, nel settembre del 2008. Le polemiche riguardano l’effetto potenziale della nuova manovra annunciata dalla Fed. Ieri Jose Vinals, che guida la divisione capital markets del Fondo monetario, ha dichiarato che le decisioni della banca centrale americana potranno avere un effetto positivo ma limitato, ma non possono essere un sostituto al fatto che le famiglie e le istituzioni finanziarie continuino a ridurre il loro indebitamento. Secondo Vinals «è chiaro che l’attuale sensibilità dei mercati emergenti ai flussi di capitale richiede che si rifletta ulteriormente su come si possa migliorare la collaborazione fra gli Stati per il bene dell’economia globale».
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