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Terzo trimestre: calano crescita economica e inflazione, l’UE rialza i tassi

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L’andamento dell’economia globale nel primo semestre dell’anno è risultato leggermente superiore alle previsioni, nonostante la performance economica meno brillante della Cina. Tuttavia, le prospettive per la crescita economica e il commercio internazionale rimangono sostanzialmente stabili rispetto ai dati primaverili. Bisogna però tener conto che, l’economia dell’Unione Europea non potrà fare affidamento su un significativo impulso dalla domanda estera.

L’economia UE e italiana rallentano

L’economia dell’Unione Europea prosegue nella sua espansione, sebbene con un ritmo più contenuto. Le recenti previsioni estive hanno rivisto al ribasso la proiezione di crescita per l’UE rispetto a quanto anticipato in primavera, passando dall’1% all’0,8% per il 2023 e dall’1,7% all’1,4% per il 2024. Nel caso della zona euro, le previsioni si sono ulteriormente corrette al ribasso, scendendo dall’1,1% all’0,8% per il 2023 e dall’1,6% all’1,3% per il 2024.

Complessivamente, si prevede che il rallentamento della crescita nell’UE si protragga fino al 2024, con l’effetto della politica monetaria restrittiva che continuerà a limitare l’attività economica. Tuttavia, è prevista una modesta ripresa nel prossimo anno, sostenuta da un’inflazione in diminuzione, un mercato del lavoro ancora robusto e redditi reali in graduale ripresa.

La crescita economica italiana nel secondo trimestre è stata al di sotto delle aspettative, registrando una contrazione dell’0,4% dovuta principalmente al calo della domanda interna. Nonostante si preveda un modesto recupero nel secondo semestre dell’anno e nel 2024, le proiezioni annuali sono state riviste al ribasso a partire dalla primavera, con una previsione di crescita del PIL italiano dello 0,9% nel 2023 e dell’0,8% nel 2024. Il Commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, ha sottolineato l’importanza dell’attuazione efficace dei piani nazionali di ripresa e resilienza, politiche fiscali prudenti e il supporto agli investimenti, in linea con gli sforzi delle banche centrali per controllare l’inflazione. Gentiloni ha anche evidenziato che il rallentamento della crescita coinvolge diversi paesi, ma ha espresso fiducia nella capacità dell’economia italiana di reagire positivamente, attribuendo il rallentamento alla diminuzione della domanda interna e alle sfide dell’industria, oltre all’effetto della stretta monetaria, particolarmente rilevante in Italia a causa della sua dipendenza dal finanziamento bancario per gli investimenti economici, più che in altri paesi europei.

Continuano le politiche restrittive UE

In un contesto di decelerazione congiunturale dell’economia nell’area dell’euro, il Consiglio direttivo della BCE ha deliberato un aumento di 25 punti base nei tre tassi di riferimento. A partire dal 20 settembre prossimo, i tassi di interesse sulle principali operazioni di rifinanziamento, le operazioni di rifinanziamento marginali e i tassi sui depositi presso la banca centrale si attesteranno rispettivamente al 4,50%, 4,75% e 4,00%. La BCE mantiene il suo impegno per raggiungere un obiettivo d’inflazione del 2% nel medio periodo, riconoscendo che occorre tempo affinché gli impatti degli incrementi passati dei tassi si diffondano nell’economia.

Il Consiglio ha inviato un segnale deciso ai mercati, poiché le prospettive d’inflazione, sebbene in calo, sono meno negative delle previsioni precedenti: 5,6% nel 2022, 3,2% nel 2023 e 2,1% nel 2025 secondo le stime di settembre della BCE. Pertanto, è stato necessario un ulteriore aumento dei tassi di riferimento per stringere ulteriormente le condizioni di finanziamento. La pressione inflazionistica legata ai prezzi dell’energia si sta attenuando, con previsioni d’inflazione core (escludendo energia e alimentari) leggermente riviste al ribasso: 5,1% nel 2023, 2,9% nel 2024 e 2,2% nel 2025. In questo contesto, si prevede un rallentamento della domanda interna e una contrazione del commercio globale, portando a revisioni al ribasso delle stime di crescita dell’area dell’euro a 0,7% nel 2023 e 1,0% nel 2024.

Inflazione in calo, dagli Usa all’Italia, i valori scendono

L’inflazione mostra segni di ritirata, soprattutto negli Stati Uniti, dove il mercato del lavoro è più flessibile, la concorrenza è più intensa, la tecnologia è più avanzata, e quindi i prezzi sono meno soggetti a manipolazioni da parte degli oligopoli, a differenza dell’Europa. Negli Stati Uniti, le recenti letture indicano che l’inflazione tendenziale è quasi a zero, anche se la misurazione su base annuale rimane ancora oltre il 3%.

In Europa, si prevede che l’inflazione continui a diminuire nel periodo oggetto delle previsioni. L’inflazione IPCA nell’UE dovrebbe essere del 6,5% nel 2023 (rispetto al 6,7% previsto in primavera) e del 3,2% nel 2024 (rispetto al 3,1%). Nella zona euro, l’inflazione dovrebbe attestarsi al 5,6% nel 2023 (rispetto al 5,8% previsto) e al 2,9% nel 2024 (rispetto al 2,8%).

Questo declino dell’inflazione è dovuto al calo dei prezzi dell’energia e alla riduzione della pressione inflazionistica nei settori alimentari e industriali. In particolare, nell’agosto 2023, l’inflazione nella zona euro si è stabilizzata al 5,3%, segnando un notevole ribasso rispetto al picco del 10,6% registrato nell’ottobre 2022.

In Italia, l’inflazione sta continuando a rallentare, registrando un tasso del 5,4% secondo i dati ISTAT di agosto. Questo rappresenta un lieve calo rispetto al 5,5% previsto e al +5,9% del mese precedente. Il calo dei prezzi dei beni energetici non regolamentati e di altri beni e servizi, come quelli ricreativi, culturali, per la cura della persona e dei trasporti, contribuisce a questa tendenza. Tuttavia, i beni alimentari e il carrello della spesa mantengono tassi di crescita elevati, attestandosi rispettivamente al +9,7% e +9,4% nel mese di agosto.

L’Italia stringe i consumi

Le incertezze e le sfide nell’ambiente economico si riflettono nella fragilità dei consumi. Ad agosto, l’Indicatore Consumi Confcommercio è sceso dello 0,2% su base annua, principalmente a causa della diminuzione della domanda di beni (-1,1%), sebbene compensata parzialmente dalla crescita dei servizi (+1,3%). In termini mensili, settori come l’automotive (+16,3%), i servizi ricreativi (+12,7%) e i trasporti aerei (+11,7%) stanno mostrando una ripresa, mentre l’abbigliamento e le calzature (-0,6%) e i consumi alimentari (-3%) rimangono in territorio negativo.

Secondo l’Ufficio Studi Confcommercio, le famiglie italiane hanno cercato di mantenere i consumi attingendo alla loro ricchezza finanziaria, subendo una perdita reale di potere d’acquisto di 17.600 euro in due anni. Nel 2022, parte di questa riduzione ha sostenuto i consumi, ma quest’anno c’è l’urgenza di ripristinare il livello di ricchezza finanziaria, il che potrebbe limitare la crescita dei consumi nell’anno in corso all’1% anziché all’1,5%.