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Il caso della settimana

Tregua per i titoli di Stato italiani. E non solo.

 INFATTI, dopo l’ennesimo lunedi nero, i  BTp e i Bonos hanno recuperato in parte il terreno perduto, con rendimenti in lieve calo e prezzi al rialzo sostenuti da qualche timido lotto in acquisto di entità modesta. Il mercato anche ieri si è mostrato fragile: illiquido, scambi rarefatti, ampia volatilità e nessuna voglia di acquistare, esporsi e rischiare prima della riunione dei capi di Stato e di governo di domani. I BTp decennali sono tornati sotto la soglia psicologica del 6%, chiudendo al 5,74% con uno spread contro i Bund sceso a 307 punti base.

 
I BONOS a dieci anni hanno terminato al 6,12%, tenendosi sotto il picco massimo del 6,30%, con un differenziale contro i Bund sceso a 345 centesimi. Ancora ieri, tuttavia, sono state le scadenze più corte a tenere tirata la corda della tensione. Spagna e Grecia hanno messo a segno ammontari importanti tramite emissioni di Letras e T-bills: ma il costo della raccolta resta elevato. 
 
LA SPAGNA ha raccolto 4,4 miliardi (portandosi molto vicino alla soglia massima della forchetta fino a 4,5 miliardi) con titoli a 12 mesi (3,788 miliardi) e 18 mesi (660 milioni), collocati rispettivamente al 3,70% (contro il 2,695 dell’asta precedente) e al 3,912% (contro il 3,260 dell’asta di giungo). 
 
Per il Tesoro spagnolo, in un solo mese il costo del finanziamento è salito dell’1% sulla scadenza a un anno: nell’ultima asta dei BoT a dodici mesi, che ha avuto luogo in una giornata nerissima, il rendimento per l’Italia è salito dell’1,53% in un solo mese. 
 
LA GRECIA ieri ha raccolto 1,625 miliardi con T-bills a tre mesi collocati al 4,58% (in lieve calo rispetto al 4,62% di giugno). I rendimenti assoluti pagati da Spagna e Grecia mal si confrontano con i tassi delle ultime aste di Francia e Germania: i BTF francesi a 12 mesi sono stati venduti lunedì per 1,5 miliardi al tasso dell’1,184%, in calo di una trentina di centesimi rispetto all’emissione di giugno. 
 
LA GERMANIA. Infine oggi la Germania è attesa con un’asta di Bund trentennali, che ieri viaggiavano al rendimento del 3,40%: quasi un punto percentuale in meno rispetto a quanto l’Italia sarebbe costretta a pagare in questo momento per un titolo di stato a due anni. Lo spread tra i BTp a due e cinque anni, contro gli Schatz e i Bobl tedeschi, ieri è rimasto in area 309 e 342 centesimi.
 
La Spagna e la Grecia si sono finanziate raccogliendo gli importi previsti con le aste dei titoli a breve termine. Le tensioni non si placheranno fino a quando l’ultimo granello di incertezza sul futuro dell’euro e della Grecia non sia stato rimosso politicamente, economicamente e finanziariamente dal mercato. 
 
Se domani nessun dettaglio decisivo dovesse trapelare dalla riunione degli sherpa dei ministeri dell’Economia e delle Finanze europei, e se la dichiarazione politica dei capi di Stato e di governo dovesse suonare come un ennesimo rinvio, gli investitori istituzionali rimasti finora alla finestra avrebbero un ulteriore buon motivo per chiudere i libri e andarsene in vacanza "corti" di Europa, lasciando che i titoli di stato dell’eurozona periferica continuino ad essere perseguitati dagli spettri del default.