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UNICASIM e il futuro della Promozione Finanziaria

Leonardo Frigiolini, amministratore delegato di UNICASIM, tiene a fornire la sua opinione in merito ai risultati delle indagini del nostro Ufficio Studi sul futuro della Promozione Finanziaria (per il dettaglio clicca qui), ecco il suo contributo.

Nella nostra ultima indagine su come i Promotori vedono il futuro della loro attività emerge un’equa divisione fra coloro che ritengono che l’attività di promozione finanziaria virerà in modo significativo verso la Consulenza e coloro che sono convinti che l’attività rimarrà incentrata sull’attività del Collocamento. In questo panorama Unicasim come si pone?

La ringrazio della domanda che mi offre l’occasione per spostare il baricentro del problema dall’intermediario finanziario al cliente.
Le espongo in metafora una prima risposta…
Se un negoziante di mestiere vende pentole, e un cliente ha bisogno bicchieri, come potra’ essergli utile?
Se quello stesso commerciante espone "anche" i bicchieri ma "costruisce" pentole, in quale rapporto mettera’ i due beni tra loro?
Se un altro commerciante non produce nessuno dei due beni sopra citati, ma li commercializza, per quale motivo dovrebbe vendere pentole a chi ha bisogno bicchieri e viceversa?
E questo e’ l’apetto che ha a che vedere con il "collocamento" dei vari prodotti/strumenti finanziari.
Veniamo ora alla consulenza, che viaggia "alta" rispetto ai singoli prodotti che magari alla fine del percorso di pianificazione il cliente chiede di sottoscrivere. Per quale motivo certa critica ritiene che "collocare" post raccomandazione sia poco etico? E’ forse più’ etico pilatescamente fornire la relazione al cliente e lasciarlo spennare da un intermediario terzo al quale il cliente si e’ rivolto non avendo trovato il proprio consulente pronto a canalizzare gli "acquisti" desiderati?
Queste due piccole esposizioni ci fanno capire che cio’ che conta e’ il livello di commitment dell’intermediario verso il cliente, non la differenza commerciale tra consulenza e collocamento. Il rapporto col cliente e’ un bene troppo prezioso e impalpabile per essere codificato proceduralmente.
Quel che conta e’ l’approccio etico del consulente o del promotore all’effettiva soddisfazione del cliente. Certo che diviene sospetto se un intermediario e’ anche "produttore" di se’ dicenti soluzioni e il suo conto economico transita dall’effettivo collocamento dei propri prodotti…per concludere sul primo quesito direi che chi ne avra’ la possibilita’ e la preparazione tecnica virera’ sempre più’ sulla consulenza e considerera’ i prodotti succedanei e vassalli della stessa. Certo e’ che se riuscira’ a far accedere il cliente ai mercati a condizioni vantaggiose per lui, lo preservera’ da chi pensera’ di vivere sull’applicazione tout court di commissioni o sul collocamento dei propri prodotti.

Per quale motivo, secondo lei, i Promotori che hanno risposto si sono detti condividere le prospettive dell’azienda di appartenenza solo nel 48% dei casi? Cosa spinge il rimanente 52% a non essere soddisfatto della propria attuale posizione professionale?

Sul secondo quesito so di essere più’ "cattivo". Francamente non so se le percentuali che lei ha indicato siano veritiere (sicuramente vere statisticamente, ma non so se veritiere dal punto di vista della sincerita’ del dichiarante). Ammesso che lo siano, denotano il malessere verso una situazione che non ha vie d’uscita. Dire di essersi accorti che il prezzo di vendita del prosciutto lo determina il padrone della salumeria, non fa fare grandi passi avanti al commesso del salumiere. E’ poco più’ di un’ovvieta’.
Il problema vero e’ un altro. Se il commesso di salumeria fosse consapevole di essere bravo almeno quanto il padrone della salumeria, per quale motivo non si apre la propria salumeria? Cosi’ fissa il prezzo secondo la propria volonta’ e se e’ veramente cosi’ bravo sara’ il proprietario della miglior salumeria della citta’ con indubbi vantaggi sia in tema di ricambio generazionale, sia in termini di governance e di centralita’ effettiva del cliente.
Potra’ anche decidere di vendere un determinato prodotto su cui guadagna bene, salvo perdere i clienti dissenzienti, oppure analizzare i gusti dei propri clienti facendogli trovare ogni giorno nell’espositore il prodotto preferito…per concludere e’ chiaro che quanto più’ il pf gode della fiducia del cliente, tanto più’ si accorge di non possedere "leve" in autonomia. Il passaggio successivo e’ quello di capire che l’azionista porta la propria azienda dove ritiene più’ profittevole ed e’ qui che scatta (o non scatta) la consapevolezza che l’essere "banchiere" e’ meglio che essere "bancario" per lo meno con riferimento alle ambizioni di curare al meglio la propria clientela. Certo che fare la propria banca o la propria sim non e’ una cosa semplice, nemmeno per chi ha determinazione e vigore psicofisico. Figuriamoci per chi ha imbarazzo solo a pensarlo…
 

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